Venduto in Svizzera il Trittico di Leonforte. Si cercava di farlo tornare in Sicilia


Il trittico di Leonforte, copia antica del Giudizio Universale del Beato Angelico, è stato venduto in Svizzera per oltre 700mila franchi, cifra altissima per una copia, congrua per un originale attribuibile all’artista. Si cercava di far tornare l’opera in Sicilia.

È stato venduto in Svizzera il Trittico di Leonforte, l’opera cinquecentesca, copia antica del Giudizio Universale del Beato Angelico, che tre anni fa tornò al centro dell’attenzione poiché in procinto di andare in asta, sempre in Svizzera. All’epoca fu anche attivata una raccolta fondi per far tornare l’opera in Sicilia, dal momento che il trittico è attestato storicamente per la prima volta nel 1624 tra i beni del nobile siciliano Fabrizio Branciforti. In un articolo su Finestre sull’Arte, Francesco Lo Gioco aveva ricostruito con precisione, nei dettagli, tutta la storia del trittico, ritenuto dagli esperti del Beato Angelico una copia tarda, di cui però non si conosce l’autore. Una recente proposta di Andrea De Marchi, pubblicata da Gerardo De Simone (uno dei massimi esegeti del Beato Angelico) propone di attribuirlo a Scipione Pulzone. Il trittico sarebbe stato regalato da papa Urbano VIII a Nicolò Placido Branciforti, fondatore di Leonforte.

L’asta del 2022 venne poi annullata. Il trittico, tuttavia, è rispuntato un mese fa, sempre nel Canton Ticino, in un’asta giudiziaria a Balerna a seguito di una procedura esecutiva dell’ufficio esecuzione di Mendrisio. Il trittico è stato battuto all’asta l’altro ieri al Punto Franco di Balerna. Come riporta il Corriere del Ticino, il trittico è stato battuto per la cifra di 702.445 franchi, circa 732mila euro: somma altissima, congrua qualora l’opera fosse ritenuta un originale attribuibile al Beato Angelico, ma al momento a pronunciarsi in favore dell’autografia non ci sono esperti di riferimento dell’artista. Ad aggiudicarsi l’opera è stata la Artè Gallery SA, ditta di Balerna che opera nel settore della compravendita e dell’affitto di opere d’arte. L’offerta dell’azienda era arrivata per iscritto e nessuno dei presenti all’asta, una sessantina di persone, ha rilanciato.

Il dipinto uscì dall’Italia nel 2016, quando era considerato una copia ottocentesca del Giudizio Universale del Beato Angelico conservato a Berlino. L’AGI, subito dopo la vendita, ha raggiunto il sindaco di Leonforte, Pietro Livolsi, che era presente in Svizzera nel tentativo di aggiudicarsi l’opera e, secondo quanto riporta l’agenzia di stampa, per cercare al contempo di convincere lo Stato italiano a bloccare l’asta. Secondo l’AGI, nella serata precedente la vendita, il Ministero della Cultura ha chiesto al tribunale di Mendrisio di sospendere la vendita per condurre accertamenti sull’eventuale uscita non autorizzata dell’opera: il punto infatti è che nel 2016 l’opera ottenne regolare autorizzazione all’uscita, ma l’anno successivo una relazione di restauro la indicò come un’opera più antica di quanto si ritenesse, e quindi un’opera preziosa.

Da Beato Angelico (Scipione Pulzone?), Giudizio universale (1570-1580 circa; collezione privata, già a Leonforte, chiesa dei Cappuccini)
Da Beato Angelico (Scipione Pulzone?), Giudizio universale (1570-1580 circa; collezione privata, già a Leonforte, chiesa dei Cappuccini)

Sempre secondo l’AGI, il sindaco Livolsi era disposto a mettere a disposizione 15mila euro per l’acquisto dell’opera, una cifra congrua rispetto al valore dichiarato quando l’opera venne autorizzata all’uscita (20mila euro), ma del tutto impotente di fronte all’offerta di oltre 700mila euro avanzata dall’acquirente, ben più alta rispetto anche alle stime. Ticinoline riferisce che il valore dell’opera, se risalente al Quattrocento, era stimato attorno ai 200mila franchi. L’avvocato Carlo Eligio Mazzetti, su The Journal of Cultural Heritage Crime, riporta che nel 2020 la casa d’aste Christie’s aveva stimato il valore dell’opera, a seguito di una richiesta, tra i 100 e i 150mila euro, in linea con una copia tardocinquecentesca di altissima qualità.

L’opera rimase a Leonforte, e in particolare nel convento dei padri cappuccini della cittadina siciliana, fino a inizio Novecento, quando gli eredi del conte Giovan Calogero Li Destri, che nel 1852 aveva acquistato i beni della famiglia Branciforti esistenti in Leonforte, lo portarono via dal convento, anche se la Sovrintendenza di Catania e Siracusa appose un vincolo sull’opera. Il vincolo venne poi revocato nel 1975 dalla soprintendenza di Palermo: all’epoca infatti l’opera venne derubricata a copia ottocentesca. Il dipinto venne quindi messo all’asta nel 1987 da Christie’s a Roma. L’asta venne poi bloccata per accertamenti: i cappuccini di Leonforte ne rivendicavano infatti la proprietà. L’opera venne infine venduta nel 1990 nell’ambito di una trattativa privata tra la famiglia Li Destri e un collezionista romano.

Adesso diventa più complicato far tornare l’opera in Italia, ma il sindaco Livolsi non demorde. “Noi potevamo offrire fino a 20’000 euro”, ha detto il primo cittadino a Ticionline. “Ora il Ministero della cultura italiano si sta interessando per l’acquisto e intendiamo fare ricorso sulla base della rilevanza culturale dell’opera per lo Stato italiano. Sottolineo inoltre che ieri [10 marzo, ndr] il Dipartimento per la tutela del patrimonio culturale ha inoltrato alla Pretura di Mendrisio una richiesta di sospensione dell’asta, che però non è stata accolta”.


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