Montagnana, tra mura medievali e fantasmi giorgioneschi


Un viaggio a Montagnana, borgo racchiuso tra le sue mura medievali, tra i migliori esempi in Europa.

C’è un pezzo di Montagnana che è finito a Rotterdam: è un disegno che raffigura il Castello di San Zeno, fortezza duecentesca costruita da Ezzelino III da Romano (il suo mastio, il mastio ezzeliniano, è ancora lì, alto quasi quaranta metri, a ricordare il fondatore), rimaneggiata nei secoli ma comunque dall’impianto e dalle apparenze che oggi non sono troppo dissimili da quelle che doveva avere all’epoca. Oggi è sede di istituti culturali: vi si trovano il Museo Civico “Antonio Giacomelli”, la Biblioteca Civica e il Centro Studi sui Castelli, ma agli inizi del Cinquecento svolgeva ancora pienamente le sue funzioni difensive. Il foglio è attribuito al Giorgione, che lo raffigurò proprio tra il 1501 e il 1502 (o almeno così si potrebbe pensare), e che è divenuto ultimamente una sorta di genius loci di questo borgo in provincia di Padova: molte ricerche (di insigni studiosi come Enrico Maria Dal Pozzolo, Augusto Gentili, Lionello Puppi e altri) hanno cercato di stabilire se e quanto il grande padre del tonalismo veneto abbia dipinto qui. In mezzo forse un prelato, Domenico Grimani, divenuto nel 1497 prete del Duomo di Montagnana, e collezionista del Giorgione.

Nel Duomo di Montagnana, in controfacciata, ci sono un David e una Giuditta scoperti nel 1930, nell’ambito di alcuni lavori di restauro delle pareti del Duomo: riemersero dall’intonaco che per chissà quanto tempo li aveva celati e per decenni attorno a queste straordinarie figure, di altissima qualità, è sorto un interessante dibattito attributivo che prosegue ancor oggi. Forse, potrebbero essere dello stesso Giorgione: ma non abbiamo prove per dirlo con certezza, anche perché l’unico “documento” (se così vogliamo chiamarlo) che possa attestare la presenza a Montagnana del pittore, è proprio quel foglio olandese. E non sappiamo perché non ci siano rimaste tracce scritte di un suo eventuale soggiorno nel borgo.

Le mura di Montagnana: sullo sfondo il campanile di San Francesco
Le mura di Montagnana: sullo sfondo il campanile di San Francesco



Giorgione (attribuito), Castel San Zeno a Montagnana (1501-1502; sanguigna su carta; Rotterdam, Museum Boijmans van Beuningen)
Giorgione (attribuito), Castel San Zeno a Montagnana (1501-1502; sanguigna su carta; Rotterdam, Museum Boijmans van Beuningen)



Uno dei due affreschi del Duomo attribuiti al Giorgione: il David
Uno dei due affreschi del Duomo attribuiti al Giorgione: il David



Montagnana, il Castello di San Zeno
Montagnana, il Castello di San Zeno

Vicende nascoste tra le pieghe della storia, ma che riaffiorano attraverso le immagini che il viaggiatore può trovare in questa cittadina fortificata, che appare quasi come una sorpresa tra le campagne venete, passata Legnago, mentre il paesaggio si prepara a cambiare quando si scorgono le prime propaggini dei Colli Euganei poco distanti. Le mura che la cingono si sono conservate nella loro interezza: è un caso piuttosto raro, sono pochissime le città con mura medievali che le abbiano serbate intatte dalla metà del Trecento, epoca nella quale i Carraresi di Padova si prodigarono per rafforzare questa città, importantissimo avamposto del loro territorio, al confine con le terre scaligere (Legnago era già sotto Verona). Il fatto che, con la rapida fine dei Carraresi, Montagnana abbia perso pressoché totalmente il suo ruolo strategico, contribuisce a spiegare perché le mura si siano così ben conservate, ancora con tutte le loro ventiquattro torri, un tempo rilevanti postazioni di controllo e difesa, e poi divenute granai e magazzini quando Montagnana non ricoprì più alcuna funzione militare. Ancora oggi, le mura costituiscono uno dei principali motivi per i quali ci si reca a visitare il borgo.

Si entra solitamente dalla Rocca degli Alberi, innalzata nel Trecento, anch’essa dai Carraresi: grandi porte a battenti, ponti levatoi, torri di guardia. Questo era il modo in cui Montagnana accoglieva chi arrivava. Oggi invece Montagnana è un po’ meno austera: passato il laterizio rosso della Rocca degli Alberi, s’entra subito in una cittadina opera, sotto le due ali di portici che scortano i viaggiatori fino alla centrale piazza Comunale. Oppure “piazza Maggiore”, o semplicemente “la piazza”, come dicono da queste parti: è il fulcro di tutto il borgo, pavimentata col listòn come si conviene a ogni città veneta. Non traggano in inganno le forme del possente Palazzo della Cassa di Risparmio, che potrebbero farci pensare a un’architettura gotica: è uno splendido edificio degli anni Venti del Novecento, di gusto medievaleggiante come andava ai primi del ventesimo secolo. Sul lato contiguo della piazza, ecco aprirsi, solitario, il Duomo di Santa Maria Assunta, che subito c’incuriosisce perché è senza campanile (le campane suonano dalle torrette sulla facciata). S’ammirano il suo esterno spoglio, la sua sobria facciata a capanna, il portale marmoreo che la tradizione assegna a Jacopo Sansovino, l’interno rinascimentale: è qui che si trovano i due affreschi attribuiti al Giorgione, ma c’è anche altro, a cominciare da una Trasfigurazione del Veronese e da alcune tavole del Marescalco, vero nome Giovanni Buonconsiglio, sottovalutato artista di Montecchio Maggiore che visse tra Quattro e Cinquecento, a contatto coi più grandi.

Montagnana, Rocca degli Alberi
Montagnana, Rocca degli Alberi



Duomo di Montagnana. Ph. Credit Alain Roullier
Duomo di Montagnana. Ph. Credit Alain Roullier



La Piazza di Montagnana
La Piazza di Montagnana



Il Palazzo della Cassa di Risparmio
Il Palazzo della Cassa di Risparmio



Villa Pisani. Ph. Credit Hans Rosbach
Villa Pisani. Ph. Credit Hans Rosbach

Ci si sorprenderà a vedere che a pochi passi di distanza c’è un edificio attribuito a Michele Sammicheli, l’architetto che ai primi del Cinquecento costruì mezza Verona, e che realizzò il Forte di Sant’Andrea a Venezia: è il Municipio della città, la cui costruzione cominciò a partire dal 1537 circa (anche se nel 1593, dopo un incendio devastante, fu ricostruito, benché in forme che ancora palesavano debiti nei confronti del Sammicheli). Imboccando via Scaligera, parallela della strada principale, ci s’imbatte nello svettante campanile della chiesa di San Francesco, la torre più alta della città, visibile anche a lunga distanza: la chiesa è trecentesca, ma forse precedente dato che vi si riscontrano anche elementi romanici, ed è un edificio imponente, ampliato nei secoli, annesso a un antico monastero. Palazzi nobiliari di tutte le epoche (si veda ad esempio l’elegante facciata di Palazzo Magnavin-Foratti) testimoniano come la città fu prospera per lunghe epoche.

Strade larghe e porticate che mantengono il loro impianto antico e sulle quali s’affacciano case di tutti i colori, un piccolo manuale di arte veneta del Quattro, Cinque e Seicento (ma non solo) con pagine da sfogliare nelle chiese e nel museo civico della città, l’impianto regolare delle mura, con le torri che, ordinate, lo scandiscono. Un anello magico che incanta chiunque se lo vede arrivare dopo aver attraversato le campagne: ma se si pensa che tutto sia finito dentro queste mura, si sbaglia. Appena fuori c’è Villa Pisani, equilibratissimo edificio rinascimentale progettato da un architetto che si chiamava Andrea Palladio. Perché Montagnana non voleva farsi mancare niente.


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