Un murale di Banksy è comparso sul palazzo delle Royal Courts of Justice di Londra, uno dei luoghi simbolo della giustizia britannica. L’opera raffigura un giudice in toga e con la tradizionale parrucca, intento a colpire con il martelletto processuale un manifestante steso a terra. La scelta del luogo, che ospita sia l’Alta corte sia la Corte d’appello, ha avuto un effetto immediato: come scritto dalla rivista Open, la polizia metropolitana ha avviato un’indagine per atti vandalici e l’amministrazione ha già predisposto la rimozione del murale.
Secondo quanto riportato dal Telegraph, l’indagine potrebbe mettere a rischio l’anonimato di Banksy, che da decenni è uno degli elementi centrali della sua identità artistica. Se si arrivasse a una vera e propria incriminazione, infatti, l’artista non potrebbe restare nell’ombra: il suo nome, finora mantenuto segreto, verrebbe reso pubblico per ragioni giudiziarie. Le indagini avviate dalla polizia di Londra puntano a verificare l’eventuale responsabilità diretta dell’artista e i danni causati all’edificio, di proprietà pubblica. La legge britannica prevede che per danni superiori alle 5.000 sterline la pena massima sia di dieci anni di reclusione. Se invece la cifra risultasse inferiore, la sanzione potrebbe limitarsi a una multa di 2.500 sterline o a un massimo di tre mesi di carcere. Per ora, il murale è stato coperto con teli di plastica e piantonato dalle autorità in attesa della rimozione definitiva.
Il significato dell’opera si lega alle proteste in corso contro la decisione del governo guidato dal laburista Keir Starmer di classificare come “organizzazione terroristica” Palestine Action. Due giorni prima della comparsa del murale, a Westminster erano stati arrestati 890 manifestanti durante una manifestazione contro il provvedimento. Tra i gruppi che sostengono Palestine Action figura anche Defend Our Juries, che ha interpretato l’intervento di Banksy come una denuncia visiva della repressione politica. Secondo Open, un portavoce del movimento ha definito l’opera un ritratto potente della brutalità scatenata, secondo la loro lettura, dalla decisione del governo e dalla posizione del ministro Yvette Cooper.
Il collegamento diretto con un tema di attualità politica accresce l’impatto del murale e, allo stesso tempo, il peso delle conseguenze legali. La collocazione su un edificio istituzionale come la Royal Courts of Justice amplifica il carattere provocatorio dell’opera, rendendola più difficile da considerare alla stregua di altri interventi dell’artista su muri privati o spazi urbani periferici. Al momento, né Banksy né persone a lui vicine hanno rilasciato dichiarazioni sul caso. Resta la questione più ampia, che va oltre la singola immagine raffigurata sulla parete londinese: fino a che punto la giustizia britannica intende spingersi nel trattare le opere di Banksy come semplici atti di vandalismo?
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