Non finiscono le polemiche sulla mostra di Marina Abramović a Firenze. Accuse a Palazzo Strozzi sulle condizioni dei lavoratori


Non si placano le polemiche attorno alla mostra di Marina Abramović a Firenze. La Cgil accusa Palazzo Strozzi di violare legge e norme contrattuali sul lavoro dei performer.

La settimana scorsa, il quotidiano Linkiesta aveva denunciato la situazione di trentacinque artisti (in realtà trentaquattro) che lavoreranno alla grande retrospettiva di Palazzo Strozzi a Firenze dedicata a Marina Abramović (The cleaner, dal 21 settembre 2018 al 20 gennaio 2019): in particolare gli artisti, che lavorano per ricreare a Palazzo Strozzi le storiche performance dell’artista serba, hanno raccontato di ricevere paghe misere, al di sotto delle tariffe minime del contratto nazionale dello spettacolo, senza che vengano previsti rimborsi spesa, diaria, indennità. Il tutto con contratti poco chiari. Gli artisti hanno poi tentato di aprire un dialogo con la Fondazione Palazzo Strozzi, ma gli esiti, a detta dei performer, non sono stati soddisfacenti: “l’opportunità di ricevere come patrimonio l’esperienza di Marina Abramović”, hanno dichiarato, “è incommensurabile, per questo abbiamo chiesto anche solo la paga minima. Ma siamo tutti professionisti, questo è il nostro lavoro e va rispettato. Di certo non è il clima che si saremmo aspettati per un’esperienza del genere, considerata la portata internazionale del progetto e il coinvolgimento di una fondazione che dichiara come sua mission quella di diffondere l’arte e la cultura. A quanto pare sulla pelle di chi la fa”.

Il direttore della Fondazione Palazzo Strozzi, Arturo Galansino, si è detto dispiaciuto per quanto accaduto, e ha assicurato che verranno rispettati ritmi di lavoro adeguati e ha comunicato che la Fondazione ha rispettato gli impegni presi con gli artisti e ha proposto paghe congrue. Questo però non è bastato al Sindacato Lavoratori Comunicazione Cgil, che ha inviato una dura lettera a Galansino, dove si legge che la Slc ritiene modalità e regole sottoposte ai lavoratori “ritiene in violazione di legge e di norme contrattuali, per le modalità di reclutamento, per il contratto di lavoro applicato e per le liberatorie chieste agli attori”. Ancora, Emanuela Bizi, segretaria nazionale Slc Cgil, afferma che “si obbligano i professionisti che parteciperanno allo spettacolo a sottoscrivere, oltre al contratto di lavoro, una liberatoria in cui si comunica la volontà di partecipazione ad un workshop non retribuito, di produrre insolite certificazioni mediche che dovrebbero, secondo gli organizzatori, scaricare la fondazione da eventuali responsabilità riguardo infortuni e/o incidenti fisici legati all’attività lavorativa e si prospetta l’assunzione applicando il contratto del terziario in luogo del contratto di settore, sottoscritto ad aprile e che prevede tutte le soluzioni idonee e soprattutto legali per la contrattualizzazione dei professionisti necessari allo spettacolo”. Il sindacato dunque diffida la Fondazione “dal pretendere dai lavoratori la firma della liberatoria prevista che obbliga sostanzialmente il professionista a chiedere di lavorare gratis (workshop); produrre una certificazione medica sulla sua idoneità fisica e mentale e la sua capacità di sostenere gli sforzi previsti sollevando il datore di lavoro dalle responsabilità di eventuali danni psico-fisico (violazione della normativa su salute e sicurezza); cedere a titolo gratuito le proprie immagini; dare una disponibilità di risposta alla chiamata senza che il contratto preveda la relativa indennità”.

La Fondazione Palazzo Strozzi ha dichiarato di prendere in seria considerazione la lettera di Slc Cgil, ma ha anche ribadito di non aver altro da aggiungere e di confermare la propria posizione: secondo il direttore, tutte le procedure sono in regola. Oggi, il capitolo più recente è un appello che Slc Cgil ha lanciato a Marina Abramović e a Palazzo Strozzi, nel cui testo si legge quanto segue: “Non vince chi resta vivo, la posta in gioco è un’altra. Non è la credibilità di un artista, di un museo o di un soggetto di rappresentanza. La posta in gioco è la dignità dell’uomo, il valore dell’arte e del lavoro. Che un gruppo di artisti decida di assumersi la responsabilità della propria salute fisica in scena e di non essere adeguatamente pagato, non assolve la Fondazione Strozzi, l’artista Marina Abramovic o il Sindacato dalle proprie responsabilità. Affermare la dignità nel lavoro e nell’arte vuol dire non chiedere a nessuno, pur di avere una grande opportunità, di mortificare la propria professionalità e di rischiare di farsi male. È troppo facile chiedere ai lavoratori di essere gli unici responsabili di quello che gli succede, sia che vadano a lavorare in fabbrica sia che si esibiscano in una performance. La Cgil non è contro Marina Abramovic, anzi sostiene tutte le espressioni artistiche perché è convinta che l’arte abbia il grande potere di restituire valore alla vita, un potente antidoto contro le barbarie. Chi ama l’arte e ha il privilegio di lavorare in istituzioni che la promuovono ha il dovere di riconoscere il valore e la dignità degli artisti lavoratori. Non abbiamo tra le mani una pistola con un proiettile mancante, siamo tutti responsabili, noi Sindacato, l’artista Marina Abramovic e la Fondazione Strozzi di ciò che succede ai lavoratori impegnati nella realizzazione dell’attesa performance The Cleaner. Tutti noi insieme facciamo in modo che questo sia veramente un grande evento perché sancisce, attraverso l’arte e il rispetto dei diritti, la dignità dell’uomo”.

Nella foto: Marina Abramović

Non finiscono le polemiche sulla mostra di Marina Abramović a Firenze. Accuse a Palazzo Strozzi sulle condizioni dei lavoratori
Non finiscono le polemiche sulla mostra di Marina Abramović a Firenze. Accuse a Palazzo Strozzi sulle condizioni dei lavoratori


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