Andranno allo Stato i sette affreschi di Tiepolo. Ma c'è anche chi non è d'accordo


Lo Stato esercita il diritto di prelazione sui sette affreschi di Giandomenico Tiepolo destinati alla famiglia Benetton. Ma c’è anche chi non è d’accordo sull’operazione.

Diventeranno proprietà dello Stato gli importanti affreschi di Giandomenico Tiepolo (Venezia, 1727 - 1804), figlio di Giambattista, che un tempo erano conservati presso una residenza privata della famiglia Valmarana. Le opere erano un tempo conservate in una delle residenze della famiglia Valmarana di Vicenza, storici committenti di Tiepolo padre e figlio. Si tratta di opere che rischiarono di andare perdute durante la seconda guerra mondiale, sotto i bombardamenti: furono però salvati da Fausto Franco, antenato degli attuali proprietari (Camillo e Giovanni Franco), che convinse la Soprintendenza di Vicenza a strappare gli affreschi e a metterli in sicurezza.

Di recente gli affreschi trasportati su tela erano stati dati in comodato al Palladio Museum di Vicenza, che li espone ininterrottamente dal 2017: sono tornati d’attualità perché oggetto di una trattativa tra gli attuali proprietari e Alessandro Benetton, che avrebbe dovuto acquistare i sette affreschi strappati per la cifra di 1.850.000 euro. Il caso è stato però sollevato la settimana scorsa prima da una diffida del Codacons e poi da un articolo Il Fatto Quotidiano, e poche ore dopo lo Stato comunicava di aver deciso di esercitare il diritto di prelazione sull’opera (previsto dal Codice dei Beni Culturali per i beni di eccezionale interesse storico artistico, e in questo caso l’interesse era stato dichiarato con decreto del 3 luglio 1989), che prevede la possibilità da parte dello Stato di acquistare l’opera al prezzo stabilito dalle parti. La denuncia di alienazione, ci fa sapere l’ufficio stampa del MiC, è arrivata il 13 maggio, dopodiché sempre il Ministero della Cultura ha fatto sapere che la decisione di esercitare il diritto di prelazione è giunta dopo “un’attenta valutazione da parte della Soprintendenza di Rovigo, Verona e Vicenza, l’assenso della Direzione Generale Archeologia, Belle Arti e Paesaggio e il parere positivo espresso oggi dal Comitato Tecnico Scientifico per il patrimonio storico e artistico”. Non è dato però sapere se la decisione del MiC è stata in qualche modo accelerata dal clamore mediatico suscitato dalla vicenda (l’ufficio stampa del ministero, a cui abbiamo chiesto di illustrarci i passaggi della vicenda, non è stato in grado di fornirci risposte per ricostruire le tempistiche dell’operazione).

“In questo periodo”, ha dichiarato il ministro dei beni culturali Dario Franceschini, “stiamo cercando, dopo molti anni in cui non veniva più fatto, di acquisire più opere possibili allo Stato con le risorse disponibili. Si tratta di opere importanti, è giusto che restino di proprietà pubblica”. Grande soddisfazione, dunque, da parte di molti, perché i sette preziosi affreschi diventeranno patrimonio pubblico. Non tutti però sono concordi sulla bontà dell’operazione: per lo storico dell’arte Vittorio Sgarbi, che ha parlato della vicenda su Il Giornale, si tratta di uno spreco di soldi (così titola l’articolo). Per Sgarbi, la “narrazione statalista” che ha spinto sulla necessità d’impedire che la trattativa su privati andasse in porto ha imposto “un vero e proprio ricatto con narrazioni false”. Sgarbi adduce gli esempi di molti privati che rendono le loro opere accessibili al pubblico: anche la famiglia Benetton, sottolinea, si esprime a livello culturale con la Fondazione Benetton Studi e Ricerche. “Grave errore è, oggi”, conclude dunque lo storico dell’arte, “che il ministro Franceschini, male informato sulla vicenda degli affreschi Valmarana, provveda a una inutile prelazione, quando bastava il semplice vincolo alla città di Vicenza stabilito dalla Soprintendenza, con alcune servitù richieste alla famiglia o alla fondazione Benetton, che non vuole dire il male assoluto”.

Foto: Palladio Museum

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