Marmi del Partenone, il comitato pro restituzione: “il British Museum fa Photoshop alla storia”


Si riaccende il dibattito attorno ai marmi Elgin del British Museum. Secondo il comitato pro restituzione, il museo inglese ’fa Photoshop alla storia’.

Non sono state accolte molto bene in Grecia le parole di Hartwig Fischer, il direttore del British Museum, che in un’intervista al quotidiano greco Ta Nea (su Finestre sull’Arte abbiamo riassunto i contenuti e riportato alcune dichiarazioni) ha ribadito che l’istituto di Londra non restituirà alla Grecia i marmi Elgin, quelli che, all’inizio dell’Ottocento, Thomas Bruce, conte di Elgin, asportò dal Partenone e inviò in Inghilterra. In particolare, ha fatto molto discutere la giustificazione avanzata da Fischer: “anche la rimozione dei marmi fu un atto creativo”, ha infatti dichiarato Fischer durante la sua intervista.

Ad Atene, le risposte di Fischer sono state considerate provocatorie, in primis da George Vardas, segretario dell’Associazione Internazionale per la Riunificazione delle Sculture del Partenone, che da tempo chiede a gran voce al British Museum la restituzione delle opere. “Seriamente, cosa c’è di tanto creativo nella distruzione di un tempio e nella spoliazione dei simboli della storia antica di una nazione?”, ha twittato Vardas, che in un suo articolo scritto per il giornale Neos Kosmos ha sostenuto che le dichiarazioni di Fischer “per molti sono la dimostrazione di un’arroganza che è ancora radicata in un atteggiamento mentale imperialista”, che “il British Museum fa semplicemente ‘Photoshop’ alla storia”, e che “Atene è la sede naturale dell’intera collezione di sculture del Partenone”. La Grecia non vede di buon occhio neppure la denominazione che gli inglesi hanno dato alle sculture del partenone: chiamandole “marmi Elgin”, gli inglesi “non solo dimostrano di vedersi come i giusti eredi del patrimonio culturale e delle glorie degli antichi greci”, ha affermato Vardas, “ma arrivano a cancellare le origini ateniesi di queste sculture”. Infine, Vardas ha auspicato che la Grecia si attivi con più impegno a livello internazionale per chiedere il ritorno delle sculture.

Non si è fatta attendere neppure la reazione del governo greco. Il ministro della cultura, Myrsini Zorba, ha dichiarato che che “la Grecia è il luogo d’origine dei marmi del Partenone, Atene la loro città, l’Acropoli e il suo museo la loro sede naturale”. Quanto alle dichiarazioni di Fischer, “spiace sentire ciò”, ha aggiunto Zorba, “dal direttore del British Museum, che è anche un noto storico dell’arte. Le sue affermazioni degradano il patrimonio culturale facendolo passare da bene d’inestimabile valore universale a semplice merce di scambio. Simili vedute sono diametralmente opposte al sentimento prevalente nel campo internazionale della cultura”. Ma non si tratterebbe solo di un problema culturale: “sono reminiscenti del colonialismo”, ha dichiarato il ministro greco della cultura, “e ignorano il dibattito internazionale e le dichiarazioni dell’Unesco, soprattutto quelle che riguardano i monumenti mutilati, che meritano di essere riuniti e restaurati secondo il principio fondamentale dell’integrità, come richiesto dalla Convenzione Unesco del 1972”. Sulla questione si è espresso anche il direttore del Museo dell’Acropoli, Dimitrios Pandermalis, che ha dichiarato alla radio tedesca Deutschlandfunk che “il ritorno completo dei marmi del Partenone è l’unica soluzione. Tutto ciò che è indissolubilmente legato al monumento deve essere riunito”.

Anche in Inghilterra si è tuttavia accesa un’intensa discussione attorno al destino dei marmi Elgin. Jonathan Jones, il critico d’arte del Guardian, ha spiegato che l’intervista di Fischer ha rotto il tradizionale silenzio del British sull’argomento (e peraltro lo ha fatto con dichiarazioni “disinibite”), dando così il via a un profluvio di reazioni negative. Inoltre, ha aggiunto che le dichiarazioni del direttore del British Museum potrebbero sembrare provocatorie, ma al contempo ha scritto che l’“atto creativo” è stato dar vita a un museo, il British, che con la sua generosità ha permesso di “espandere i nostri orizzonti”. Per Jones, la restituzione dei marmi sarebbe un errore per due motivi: il primo consiste nel fatto che le conquiste degli antichi greci non sarebbero un patrimonio nazionale della Grecia odierna, ma di tutto il mondo, e il secondo è che in realtà aver portato i marmi a Londra sarebbe stato un atto di reverenza nei confronti della Grecia (vi furono condotti in piena epoca di neoclassicismo, quando “la civiltà dell’antica Grecia era vista come la fonte di tutta la saggezza, la bellezza e la verità”). Dalle colonne dello stesso giornale, l’attore e drammaturgo Alexi Kaye Campbell ha definito “paternalistico” l’atteggiamento di Jones e ha affermato che i greci hanno tutte le carte in regola per riavere indietro i marmi Elgin, e che la Grecia, in quanto Stato relativamente giovane, ha il bisogno di costruire la propria identità (specialmente dopo secoli di occupazione) anche con i simboli della sua storia antica.

Foto: uno dei marmi del Partenone al British Museum. Ph. Credit Yair Haklai

Marmi del Partenone, il comitato pro restituzione: “il British Museum fa Photoshop alla storia”
Marmi del Partenone, il comitato pro restituzione: “il British Museum fa Photoshop alla storia”


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