La Wallace Collection, una casa londinese custode di grandi capolavori


Nel cuore di Londra è aperta al pubblico una sontuosa residenza, la Wallace Collection: in passato proprietà dei marchesi di Hertford, oggi disponibile a tutti e abitata da importanti opere d’arte. 

Un viaggio a Londra prevede alcuni riti a cui non è possibile sottrarsi, fra questi senz’altro la visita ad alcuni dei musei più famosi del mondo come la National Gallery, il British Museum o la Tate Modern. Capita così che anche persone che non sono use frequentare musei siano chiamate a confrontarsi con queste gigantesche collezioni, magari preventivando dal principio di dedicare alla visita una mezza giornata. Risultato? Dopo una sequela di spallate e spinte ci si riesce a far largo nella calca per vedere un’infinità di opere, fotografare quelle che da reminiscenze scolastiche ci rammentiamo essere celebri oppure imitare i capannelli che già si sono formati. Per poi uscire, stremati e con i piedi doloranti, anestetizzati da una successione di capolavori che, in quanto tutti di altissima qualità, non siamo riusciti a contestualizzare, a gerarchizzare, a fare nostri. Non fraintendetemi: non sto demonizzando questi musei, sono incredibili e ad un appassionato d’arte sanno regalare emozioni uniche. Ma sono visite estenuanti, che piegano le ginocchia anche ai professionisti, sono pensati per esaurirsi in più visite, limitandosi ad osservare qualche pezzo e uscire, ma noi che siamo ora nella capitale inglese - chissà quando ci ricapita - sentiamo il dovere di stazionare davanti ad ogni singola opera. L’esito è devastante, migliaia di quadri e sculture fruiti in qualche ora non lasciano praticamente niente. Non nascondo il mio totale sconforto quando mi sono dovuto misurare con le dimensioni monumentali del British Museum.

I musei enciclopedici nascono per contenere tutto il meglio che l’umanità è riuscita a offrire nel corso di secoli o millenni: il risultato è che l’individuo al suo cospetto scompare, viene sopraffatto. Ecco perché mi sento di consigliare un museo dove potersi sentire a proprio agio, dove la visita diventa leggera e svagata come i vetri, porcellane e quadri che custodisce, pur senza sacrificare la visione di capolavori di indubbia qualità. Sto parlando della Wallace Collection, un museo nel centro di Londra, o meglio una casa museo. Per questo vi ritroviamo un certo grado di familiarità: tutti abbiamo esperienze del vivere la casa e, per quanto questa sia ricca e maestosa, tiene traccia di vite diverse, di frivolezze e quotidianità, con le quali ci dileggiamo continuamente e che sono certamente più affini a noi rispetto a una sfilata di capolavori in giganteschi templi.

L’istituzione che si trova in Manchester Square, a poche centinaia di metri dalla celebre Oxford Street, figura tra le più antiche case appartenute ad un collezionista ad essere state musealizzate e aperte al pubblico fin dal 1900. La collezione è il risultato stratigrafico dei primi quattro marchesi di Hertford e di Sir Richard Wallace, probabile figlio illegittimo del quarto marchese. Al primo e secondo marchese si devono alcuni episodici acquisti di opere importanti, tra cui dipinti del Canaletto, di Gainsborough e Reynolds, mentre va individuato nel terzo marchese un interesse organico per il collezionismo e l’arte in genere, il quale acquistò importanti dipinti olandesi del XVII secolo, mobilio francese e porcellane di Sèvres. Ma fu in particolare il figlio, il quarto marchese, a dare forma alla collezione e a imprimerle i caratteri che mostra ancora oggi. Richard Seymour-Conway fu un uomo dalla smisurata ricchezza ma non certo passato alla storia per il suo carattere benevolo, tanto che i fratelli Goncourt lo ricordavano come “un mostro completo, assoluto e sfacciato”, che una volta dichiarò con orgoglio: “Quando morirò avrò almeno la consolazione di sapere che non ho mai reso un servizio a nessuno”. Essendo cresciuto e vissuto a lungo a Parigi, sviluppò una passione per l’arte francese che si affiancò a quella per la pittura inglese, ma anche per le porcellane, la mobilia, le armi e le armature. Richard Wallace, che di Conway fu probabilmente il figlio illegittimo, pur distaccandosene per l’altruismo che lo fece segnalare come un filantropo, ereditò dal padre la collezione e l’amore per l’arte, ingrandendola. Fu poi la vedova di Wallace a decidere di donare la collezione allo Stato inglese.

La Wallace Collection di Londra
La Wallace Collection di Londra
La Wallace Collection di Londra
La Wallace Collection di Londra
La Wallace Collection di Londra
La Wallace Collection di Londra
La Wallace Collection di Londra
La Wallace Collection di Londra
La Wallace Collection di Londra
La Wallace Collection di Londra
La Wallace Collection di Londra
La Wallace Collection di Londra
La Wallace Collection di Londra
La Wallace Collection di Londra
La Wallace Collection di Londra
La Wallace Collection di Londra
Thomas Lawrence, Margaret, Contessa di Blessington (1822; olio su tela, 91 x 67 cm; Londra, Wallace Collection)
Thomas Lawrence, Margaret, Contessa di Blessington (1822; olio su tela, 91 x 67 cm; Londra, Wallace Collection)
Jean-Honoré Fragonard, L’altalena (1767; olio su tela, 8 1x 64,2 cm; Londra, Wallace Collection)
Jean-Honoré Fragonard, L’altalena (1767; olio su tela, 8 1x 64,2 cm; Londra, Wallace Collection)

La Wallace Collection trova la propria sede nella Hertford House, un tempo nota come Manchester House, che fu costruita nel 1776 per il quarto duca di Manchester, e si presentava come un edificio in stile georgiano, di cui restano le quattro colonne bianche che sorreggono il pronao d’ingresso. Fu poi Wallace che, riacquistato l’edificio da un lontano cugino, lo ripensò radicalmente aggiungendo delle ali alla facciata. Negli ultimi anni del XIX secolo la residenza fu adattata a museo dall’architetto John Taylor.

Oggi, la Wallace Collection offre gratuitamente una splendida visita a una sontuosa residenza con ariosi e lussuosi ambienti, e con una collezione variegata, che conta un nucleo importantissimo di arte francese del XVIII secolo, ma anche opere medievali, rinascimentali e barocche e una delle più belle collezioni di armi e armature della Gran Bretagna. Ad accogliere il visitatore nell’atrio si innalza un elegante scalone d’onore impreziosito da una balaustra in ferro battuto proveniente dalla Banque Royale di Luigi XIV a Parigi. Nello spazio si trovano diverse opere, tra cui meritano una menzione i due busti seicenteschi di un uomo e di una donna africani, realizzati in marmo nero e diaspri, provenienti da Roma. I due soggetti trattati con grande realismo non mostrano quei caratteri stereotipati che avevano i coevi ritratti di persone nere, generalmente caricaturali e venati di esotismo. Al piano terra si trovano inoltre le State Rooms, camere di rappresentanza che mostrano l’opulenza della residenza londinese, e che servivano per ricevere i visitatori più importanti. Questi ambienti sono tutti riccamente decorati dalle stoffe alle pareti, prestigiosi tendaggi e roboanti lampadari. Soave è il quadro di Thomas Lawrence che mostra la scrittrice e contessa Marguerite di Blessington, e che esposto alla Royal Academy fu acclamato da Lord Byron: “Fa impazzire tutta Londra”. Di grande qualità sono anche alcuni busti femminili di Jean-Antoine Houdon che si trovano nella sala da pranzo, tra cui quello di Madame de Sérilly, signora dell’alta società, famosa per la sua bellezza e per una vita costellata di sfortune: insieme al marito fu condannata a morte dal governo rivoluzionario, salvo scampare al tragico destino perché incinta; si risposò altre due volte, e i suoi congiunti morirono entrambi dopo poco, infine anche lei si spense per il vaiolo nero a soli 36 anni. Ma tantissimi altri tesori sono custoditi in queste stanze: ritratti di Reynolds, sculture, e una vastissima collezione di porcellane, orologi, carillon, calamai, cofanetti, serviti per lo più in stile rococò. Importanti opere sono conservate anche nella Galleria del XVI secolo, un ambiente curato personalmente da Richard Wallace. Qui, tra le altre, si trovano una pregevole miniatura attribuita a Hans Holbein il Giovane, una pala d’altare di Cima da Conegliano, proveniente da una chiesa di Mestre, raffigurante Santa Caterina e sormontata da una lunetta, oltre a raffinate opere di Bernardino Luini, tra cui alcuni frammenti di affreschi staccati da Villa La Pelucca, a Sesto San Giovanni. Di particolare rilievo è un lacerto di Vincenzo Foppa, che raffigura un giovane intento nella lettura di Cicerone: si tratta dell’unica testimonianza superstite dell’affresco realizzato dall’artista per il Palazzo del Banco Mediceo a Milano.

Numerosi sarebbero ancora i tesori da citare, da Beccafumi al Torrigiano e molti altri. Questa “incrostazione” di capolavori è un motivo ricorrente in tutte le stanze della collezione. La cosiddetta stanza da fumo oggi ospita una magnifica selezione di piatti in maiolica rinascimentale. Gli altri ambienti sono invece dedicati all’esposizione di armi e armature: una collezione sterminata che comprende pezzi di straordinario interesse storico e artistico. La raccolta fu avviata dal quarto marchese e successivamente ampliata da Wallace. Essa include non solo esemplari europei, ma anche reperti provenienti dall’Impero Ottomano, dall’Iran, dall’India, dalla Cina e dal Ghana. La vasta selezione di artefatti europei spazia dal X secolo in poi, e comprende alcune delle armi e armature medievali meglio conservate al mondo, i prestigiosi pezzi provengono dalle armerie di sovrani di grande rilievo come Massimiliano I, Carlo V ed Elisabetta I. In questa sezione, tra i numerosi cimeli degni di nota spiccano un cannone cerimoniale realizzato da Giovanni Mazzaroli, decorato a rilievo con scene mitologiche come una vera e propria scultura, un fucile da caccia appartenuto allo zar Nicola I, e una coppia di pistole create per Luigi XIV.

Al primo piano continua la visita, che non perde d’intensità, e nell’ambiente colonnato che sovrasta la scala si trovano sontuose opere di François Boucher, tra gli artisti più influenti del XVIII secolo, primo pittore di Luigi XV e preferito di Madame de Pompadour, l’amante del sovrano di cui si trova anche un dipinto nella stanza realizzato dal pittore francese. E nonostante le collezioni siano incredibilmente variegate, la matrice francese resta predominante, soprattutto nel raccontare l’evoluzione dell’arte rococò. Questo stile nasce con la fine del regno di Luigi XIV e l’inizio di quello di Luigi XV, un periodo in cui si allenta il rigido controllo della corte sulle questioni artistiche, aprendo la strada a una maggiore libertà espressiva. Il rococò raggiunge il suo apice proprio sotto Luigi XV, caratterizzandosi per la leggerezza, l’eleganza e il gusto per l’intimità, prima di cedere gradualmente il passo a una nuova sensibilità. La sua fine coincide con la seconda metà del XVIII secolo, durante il periodo di Maria Antonietta, quando si risveglia un profondo interesse per l’arte dell’antica Grecia e di Roma, dando impulso al neoclassicismo.

Philippe de Champaigne, L’adorazione dei pastori (1645 circa; olio su tela, 235 x 161 cm; Londra, Wallace Collection)
Philippe de Champaigne, L’adorazione dei pastori (1645 circa; olio su tela, 235 x 161 cm; Londra, Wallace Collection)
Frans Hals, Il cavaliere ridente (1624; olio su tela, 83 x 67 cm; Londra, Wallace Collection)
Frans Hals, Il cavaliere ridente (1624; olio su tela, 83 x 67 cm; Londra, Wallace Collection)
La Wallace Collection di Londra
La Wallace Collection di Londra
La Wallace Collection di Londra
La Wallace Collection di Londra
La Wallace Collection di Londra
La Wallace Collection di Londra
La Wallace Collection di Londra
La Wallace Collection di Londra
La Wallace Collection di Londra
La Wallace Collection di Londra
La Wallace Collection di Londra
La Wallace Collection di Londra
La Wallace Collection di Londra
La Wallace Collection di Londra
La Wallace Collection di Londra
La Wallace Collection di Londra
L’esterno della Hertford House, sede della Wallace Collection
L’esterno della Hertford House, sede della Wallace Collection
Lo Scalone d'Onore
Lo Scalone d’Onore
La Grande Galleria
La Grande Galleria, culmine della visita alla collezione
La Grande Galleria
La Grande Galleria

Le arti applicate tengono traccia di questi passaggi, e da mobili e porcellane gaie, si passa a linee più sobrie. Numerosi orologi, scrivanie, vasi furono commissionati da committenze reali e vengono dai più importanti palazzi di Parigi, come i tre splendidi vasi di manifattura di Sèvres, smaltati con scene tratte dalla Metamorfosi di Ovidio, così preziosi che la loro vendita equivaleva a venticinque anni di stipendio di un artista. Furono donati da Luigi XVI a Enrico, fratello di Federico il Grande di Prussia; finiti sul mercato antiquario furono pagati dal quarto marchese una cifra astronomica, tanto che la stampa dell’epoca etichettò l’operazione come una “follia”. Altri elementi furono realizzati per Maria Antonietta come il prezioso scrittoio con ante, creato da Jean-Henri Riesener per il Petit Trianon, il piccolo castello nella reggia di Versailles, che la regnante usava come proprio rifugio.

Notevoli dipinti completano la collezione, tra cui alcuni dei più importanti protagonisti dell’epoca come Antoine Watteau, che introdusse la Fête galante, pittura che mostra scene idealizzate di persone eleganti in campagna, e Jean-Honoré Nicolas Fragonard. Di quest’ ultimo si conserva il capolavoro più celebre, L’altalena, autentico manifesto del rococò, che promuove quei valori di frivolezza, spensieratezza ed eleganza che erano tipici della stagione. Nel dipinto è raffigurata una donna riccamente vestita col marito più anziano alle spalle, mentre un uomo più giovane rimane nascosto in un cespuglio sotto di lei. La scena viene rafforzata da alcune statue allegoriche e dalla scarpetta che staccatasi dal piede della fanciulla sta ricadendo verso l’uomo nascosto, sottintendendo un triangolo amoroso. Tutta l’opera è percorsa da pruriti erotici sottolineati dalla lussureggiante vegetazione.

Le altre sale realizzate in tempi successivi per essere adattate a gallerie sono ricolme di capolavori, tanto che è praticamente impossibile darne contezza. Sono generalmente divisi per nazionalità, nella Sala Ovest si trovano i ritratti degli artisti britannici del XVIII secolo, tra questi tre ritratti della Signora Robinson, celebre attrice della sua epoca, nonché fidanzata con il principe del Galles, futuro Giorgio IV, e qui dipinta da Thomas Gainsborough, Joshua Reynolds e George Romney. Di Reynolds si conserva anche lo stupefacente ritratto di Nelly O’Brien, nota cortigiana. Il dipinto mostra un grande naturalismo, e un uso sapiente delle modulazioni della luce e della restituzione dei valori materici. Il critico d’arte Jonathan Jones scrisse a proposito: “È un dipinto urbano, che non guarda dall’alto in basso Nelly né si lascia andare a un’eccitazione rococò nel dipingere una prostituta di alto rango. Il suo ambiguo status sociale libera Reynolds dal bisogno di parlare; non c’è alcuna pretesa di grandezza qui, ma piuttosto un’intima immediatezza”.

Successivamente una sala accoglie le pitture venete, in particolare del Canaletto e di Francesco Guardi, artisti amati dagli inglesi durante la stagione del Grand Tour, e tra le prime opere ad entrare in collezione. Nella galleria ovest sono invece conservate le opere dei pittori del romanticismo storico attivi nei primi decenni del XIX secolo, tra cui Hippolyte Delaroche ed Eugene Delacroix, di cui è esposto il quadro L’esecuzione del doge Faliero, ispirato a una poesia di Byron, e annoverato dall’artista tra i suoi lavori preferiti. Estremamente numerose sono anche le opere di artisti fiamminghi di vari secoli, splendido è il quadro con La merlettaia di Gaspare Netscher, che tradisce ispirazioni e atmosfere vicine a Vermeer; di Rembrandt citiamo l’Autoritratto con berretto nero e il Ritratto del figlio Tito. Nel salotto Est si trovano invece opere di artisti attivi ad Anversa e Bruxelles nel XVII secolo, tra cui Anthony van Dyck e Rubens. Di quest’ultimo si conservano tra gli altri tre modelli preparatori per il ciclo che l’autore realizzò per il Palais du Luxembourg a Parigi, illustranti la Vita di Enrico IV.

Ma senza dubbio i capolavori più sbalorditivi si trovano nella Grande Galleria, lo spazio costruito intorno al 1875, quando Wallace spostò una grande parte della sua collezione da Parigi a Londra. L’ambiente fu realizzato per assecondare questa funzione con ampie pareti ininterrotte e la luce naturale proveniente da grandi vetrate poste sulla volta, e in origine doveva essere il culmine della visita alla villa. Le opere qui esposte sono tutte di qualità altissima: di Philippe de Champaigne sono mostrate alcune splendide opere, come l’Adorazione dei Pastori (fortemente influenzato dalla pittura caravaggesca), l’Annunciazione e lo Sposalizio della Vergine, dipinti caratterizzati da cromie smaglianti, in particolare rossi e blu brillanti, e l’uso di una luce intensa che esalta la plasticità delle figure.

Tra gli artisti francesi si trovano anche opere di Nicolas Poussin e Claude Lorrain, eccellenti sono anche le opere di scuola spagnola, tra cui i dipinti di Murillo e La signora con ventaglio di Velázquez, uno dei capolavori indiscussi della ritrattistica, dalla grande intonazione psicologica e giocato su una gamma molto ristretta di colori in particolare i neri e i rossi. Di Rubens e Rembrandt compaiono in questa sala altri dipinti, così anche per Van Dyck presente qui con i ritratti di Philippe Le Roy e Marie de Raet, tra le manifestazioni più alte della sua arte. Da menzionare anche il capolavoro del 1624 di Frans Hals, Il cavaliere ridente, acquistato dal quarto marchese quando ancora l’autore non era stato riscoperto dal collezionismo internazionale, e mostra un’incredibile capacità ritrattistica.

Nella Grande Galleria anche la scuola italiana è rappresentata al meglio con una bella veduta del Bacino di San Marco del Canaletto, comprato probabilmente dal primo marchese direttamente nello studio dell’artista; del Domenichino si espone una Sibilla che fu precedentemente nella collezione del Reggente di Francia Filippo II; completano la selezione due sontuosi dipinti religiosi del Sassoferrato e la grande tela Perseo e Andromeda di Tiziano, che faceva parte della seria di sei dipinti mitologici realizzati per il re Filippo II di Spagna e successivamente acquistato dal pittore Anthony Van Dyck. E ancora molte altre opere potrà divorare con gli occhi il visitatore che in barba alla pressione sociale deciderà di lasciarsi alle spalle consolidate rotte turistiche per regalarsi un’avventura senza pari tra le mura della Wallace Collection.


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Jacopo Suggi

L'autore di questo articolo: Jacopo Suggi

Nato a Livorno nel 1989, dopo gli studi in storia dell'arte prima a Pisa e poi a Bologna ho avuto svariate esperienze in musei e mostre, dall'arte contemporanea alle grandi tele di Fattori, passando per le stampe giapponesi e toccando fossili e minerali, cercando sempre la maniera migliore di comunicare il nostro straordinario patrimonio. Cresciuto giornalisticamente dentro Finestre sull'Arte, nel 2025 ha vinto il Premio Margutta54 come miglior giornalista d'arte under 40 in Italia.



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