Com'è viva l'arte contemporanea spagnola: il meglio di Apertura Madrid 2023


Arriva alla sua quattordicesima edizione l’ormai tradizionale fine settimana dell’arte contemporanea a Madrid, Apertura Madrid Gallery Weekend: 56 gallerie che propongono mostre, anteprime, speciali. Siamo andati in Spagna a dare un’occhiata. Ecco il meglio della manifestazione.

Ben 56 gallerie sparse per tutta Madrid, mostre di artisti di livello nazionale e internazionale, quattro giorni di anteprime, inaugurazioni, visite guidate e molto altro: la quattordicesima edizione di Apertura Madrid Gallery Weekend, il fine settimana dell’arte contemporanea delle gallerie della capitale di Spagna, è forse la più partecipata di sempre. Con l’obiettivo di portare l’arte contemporanea al più vasto pubblico possibile, Apertura propone un programma di attività gratuite come l’apertura congiunta di tutte le gallerie, un programma di eventi e visite guidate alle mostre. Inoltre, per quattro giorni le gallerie si uniscono per offrire un tour unico di mostre in diversi quartieri della città come Chamberí, Salesas, Lavapiés, Letras e Salamanca, oltre, ovviamente, a quelli situati nel centro.

Un’occasione, insomma, per avvicinare l’arte contemporanea al grande pubblico. Le gallerie madrilene aprono durante tutta questa quattro giorni con orario prolungato: giovedì dalle 12:00 alle 22:00, venerdì e sabato dalle 11:00 alle 20:00 e domenica dalle 11:00 alle 20:00.A ciò si aggiunge un programma di eventi negli spazi della Galleria e altre attività volte a valorizzare l’arte contemporanea. L’evento madrileno si completa con un programma di attività accessibili gratuitamente al pubblico e prevede visite guidate, nonché visite agli spazi pubblici dove scoprire le opere d’arte situate nelle strade, nelle piazze e negli edifici di Madrid. Abbiamo fatto un giro per le gallerie di Madrid: ne emerge una scena particolarmente vivace, giovane, aperta a una dimensione internazionale.

Inauguazione di Apertura
Inauguazione di Apertura
Inauguazione di Apertura
Inauguazione di Apertura
Inauguazione di Apertura
Inauguazione di Apertura

Il giro può cominciare da Maisterravalbuena e dalla personale Campos poéticos della svizzera Silvia Bächli (Baden, 1967). Venti opere a gouache su carta, di diversi formati e periodi, tra cui opere recenti che verranno esposte per la prima volta. L’allestimento della mostra, ideato dall’artista stessa, prende in prestito strategie espositive dall’installazione come genere artistico e costituisce una componente chiave dell’opera, attraverso la quale sottolinea l’importanza dell’esperienza fisica degli spettatori. Bächli realizza interventi bidimensionali sottili e non invasivi, creando le condizioni per l’incontro con l’opera d’arte come ambiente: nel rapporto tra disegni e architettura si evidenziano anche lacune visive, comunque cariche di informazioni, ovvero la memoria del movimento del corpo dell’artista quando dipinge, presente nell’invisibile continuità delle proporzioni armoniche e del ritmo dei tratti. Il lavoro di Bächli è ripetizione, rappresentazione e presenza del corpo, dove l’artista utilizza la linea e il piano come sintesi poetica delle basi espressive, e dove le dimensioni della carta trasmettono i limiti organici dei gesti fisici durante il processo creativo, da dall’atto performativo, alla progettazione e allestimento della mostra. Da Helga de Alvear espone il tedesco Jürgen Klauke (Kliding, 1943) con Kreuz & Queer: il lavoro dell’artista di Colonia solleva la questione della differenza di genere in maniera spesso anche radicale, e qui lo fa con disegni dove tutto è intrecciato e aggrovigliato, fondati su di una estetica del bianco e nero, dello spazio e del vuoto, forme inscritte in figurazioni, che si sovrappongono ad esse, le dividono e le collegano allo stesso tempo e sembrano avere una funzione “trasformativa”: ciò che sembra il bianco all’esterno è nero all’interno e viceversa. Svolgono dunque il ruolo paradossale di rivelare nascondendo. Visti nel loro insieme, i disegni rivelano un gioco complesso di polarità positive e negative, di corporeità concreta o frammentata, di motivi carichi di erotismo e di componenti deindividualizzate, dall’interno e dall’esterno.

Da Juan Silió ecco invece l’artista di casa Belén Rodríguez (Valladolid, 1981) con I danced myself out of the womb: opere che nascono dal contatto dell’artista con la natura. Molte delle sue opere sono composte da tessuti tinti con elementi naturali della foresta: quercia, eucalipto, castagno, betulla, noce, alloro... Attraverso i diari di ogni prova colore, a metà tra un erbario e un campionario tessile, e per mezzo delle opere in cui i tessuti intrecciano delicatamente la cornice, Rodríguez crea un ritratto della foresta e, allo stesso tempo, la sua opera raccoglie l’eredità della pittura e della scultura come arte, traducendola a quelle che a suo avviso sono le esigenze attuali, raccontando di una vita che deve rimanere selvaggia e libera. Ancora arte spagnola alla Galería Silvestre dove si visita Los cuerpos inesperados di Vicente Blanco (La Coruña, 1974), mostra in cui l’artista presenta il suo nuovo lavoro che continua ad esplorare questioni relative ai cambiamenti del territorio, del paesaggio e della natura del mondo rurale in cui vive. Nel suo lavoro, queste domande vengono sollevate anche da una prospettiva sulla costruzione dell’identità maschile che, al di là di una visione di dominio, la riesamina per creare altri immaginari con cui affrontare una resistenza nei confronti del suo ambiente. I suoi disegni presentano un mondo sensoriale interconnesso, dove il tratto della matita accoglie, come una pelle, gli esseri e i legami, ma anche la violenza che lo abita.

Silvia Bächli, Campos poéticos
Silvia Bächli, Campos poéticos
Silvia Bächli, Campos poéticos
Silvia Bächli, Campos poéticos
Jürgen Klauke, Kreuz & Queer
Jürgen Klauke, Kreuz & Queer
Belén Rodríguez, I danced myself out of the womb
Belén Rodríguez, I danced myself out of the womb
Vicente Blanco, Los cuerpos inesperados
Vicente Blanco, Los cuerpos inesperados

Singolare la mostra Mecanismos del humor di Pere Llobera (Barcellona 1970), presso F2 Galería: un’esposizione che è una “liberazione comica”, come la definisce l’artista, qualcosa di “molto simile a quelle battute inappropriate nelle ultime file dei funerali con cui sosteniamo la realtà nei momenti incasinati”. Secondo Llobera, un giorno senza umorismo è un giorno sprecato, come diceva Buñuel: la mostra esplora dunque le ragioni alla base dell’umorismo, cerca di capire perché è così importante, non solo per l’artista (“quando mio figlio ha riso per la prima volta ho potuto respirare facilmente”, dice), ma anche per tutti noi. Dalla Spagna si passa al sudamerica con l’artista cilena-peruviana (ma portoghese di nascita) Ivana de Vivanco (Lisbona, 1989), che si presenta con la personale La yegua de Santiago alla galleria The Ryder: la rassegna parte dal presupposto che narrazione storica è sempre stata alimentata dall’epopea di una classe guerriera e aristocratica (eroi che vincono battaglie a cavallo, re che combattono contro altri re e così via). A poco a poco, questa epopea di violenza e sopruso si è sedimentata nella nostra storia del passato, portandoci a pensare che questo modo di “fare la storia” fosse l’unico possibile. Con La Yegua de Santiago, Ivana de Vivanco ci invita a pensare che... forse ci sbagliavamo. E lo fa con dipinti che risentono del barocco latinoamericano, fondendo scene teatrali con atmosfere misteriose piene di metafore e riferimenti sociopolitici.

La Galería Marta Cervera presenta invece un artista del passato, l’americano Bob Smith (Robert B. Smith; Springfield, 1944 – Miami, 1990): con la mostra Días de oro y plata vengono esposte realizzate durante il lungo soggiorno di Bob Smith a Madrid, ovvero disegni, incisioni, oggetti e tele in cui si cristallizzano esperienze personali ed emozioni derivanti dai suoi viaggi attraverso l’Europa e il Medio Oriente. Smith, dopo aver viaggiato per l’Europa e aver trascorso un anno in Marocco dove imparò il mestiere del legno e l’intarsio d’argento, decise di stabilirsi e lavorare a Madrid. Il suo lavoro giunse così alla Galeria Vandrés, importante fulcro dell’avanguardia degli anni Settanta. Durante quel decennio l’artista esponeva regolarmente in Spagna, Francia, Germania e Italia ed è stato incluso nella Biennale di Parigi del 1973 al Musée d’Art Moderne. Ha ricevuto numerosi premi, tra cui la Pollock-Krasner Foundation Fellowship, e nel 2022, una retrospettiva del suo lavoro ha avuto luogo alla Martos Gallery di New York. È invece Inmaculada Salinas (Guadalcanal, 1967) la protagonista alla galleria 1 Mira Madrid con la mostra La voz a ti debida, che parla di temi cari all’artista, a cominciare da quello del lavoro. Salinas vuole infatti sollevare questioni fondamentali sull’emancipazione del lavoro e sulla violenza, facendo leva su elementi e immagini tratti dalla realtà e su disegni ed esercizi calligrafici che, ripetuti più e più volte, danno forma a una narrazione sui fattori che hanno portato a questa situazione e alle sue conseguenze. Questi lavori, che rappresentano una delle serie più estese e complesse della sua produzione complessiva, sono esercizi di memoria e autobiografia. Parlano del lavoro manuale come modo di pensare, della resistenza a qualsiasi logica di produzione di capitale, delle condizioni economiche ad esso associate, delle dinamiche dello studio fuori dallo studio e del tempo trascorso lavorando. E anche del diritto alla pigrizia e dello scarabocchio come capolavoro.

Pere Llobera, Mecanismos del humor
Pere Llobera, Mecanismos del humor
Ivana de Vivanco, La yegua de Santiago
Ivana de Vivanco, La yegua de Santiago
Ivana de Vivanco, La yegua de Santiago
Ivana de Vivanco, La yegua de Santiago
Bob Smith, Días de oro y plata
Bob Smith, Días de oro y plata
Bob Smith, Días de oro y plata
Bob Smith, Días de oro y plata
Inmaculada Salinas, La voz a ti debida
Inmaculada Salinas, La voz a ti debida
Inmaculada Salinas, La voz a ti debida
Inmaculada Salinas, La voz a ti debida

Rosa Santos presenta la mostra Y septiembre es claro y azul de nuevo della giovane María Tinaut (Valladolid, 1991): è seconda mostra personale di María Tinaut alla galleria Rosa Santos, la prima nella sede di Madrid. In questa occasione l’artista i suoi nuovi lavori che si collocano tra fotografia e pittura. In questo corpus di lavori, lo spostamento e l’offuscamento dei fondamenti della rappresentazione nei linguaggi fotografici e pittorici intende sollevare interrogativi sulla paternità. È invece il madrileno Santiago Giralda (Madrid, 1980) l’artista che espone da MPA Moisés Pérez de Albéniz con la mostra Los años luz. L’artista dipinge paesaggi partendo da immagini che scatta con la sua macchina fotografica o che raccoglie da internet. Le composizioni di Giralda evidenziano l’idea del paesaggio contemporaneo come costruzione culturale, dove la moltitudine di immagini, testi e riferimenti che lo definiscono sono più rilevanti della sua stessa natura. “Il progetto”, spiega l’artista stesso, “riflette sulla posizione che la natura occupa nel contesto contemporaneo, in cui spazi pre-progettati sostituiscono le condizioni naturali. Nell’ambiente urbano, il naturale diventa innaturale. A livello pittorico rappresento paesaggi per stabilire ipotesi su come questo cambiamento abbia influenzato la nostra percezione dell’ambiente e degli artefatti che lo attraversano. La pittura mi permette di collegare le mie immagini con la storia. Attraverso un intenso processo pittorico enfatizzo l’aspetto fisico e temporale della pittura, come materia modulata manualmente nel tempo. Pertanto, intendo provocare un’esperienza in cui lo spettatore trova un momento di contemplazione lontano dal rumore dei media”.

Il messicano Moris (Israel Meza Moreno; Città del Messico, 1978) espone da NF / Nieves Fernández con La cárcel a cielo abierto, la terza mostra personale di Moris in galleria. L’artista sfrutta le basi sociali del suo lavoro per evidenziare problemi come la migrazione, la povertà, l’impunità o la corruzione. Questi problemi, nonostante la loro gravità, sono stati normalizzati al punto da sembrare naturali, sfidando la nozione condivisa di libertà. Negli ultimi anni, la pratica di Moris si è spostata verso l’opposizione, cosa che ha permesso al suo lavoro di situarsi in un nuovo terreno di scioccante convergenza tra secoli di potere, povertà e società in processo di ricostruzione. La mostra presenta un insieme di immagini provenienti da diverse genealogie con l’obiettivo di rendere visibile il multiverso e ampliare il significato del linguaggio visivo. È invece una coppia di artiste a esporre presso la galleria Lucía Mendoza: Barbara Fluxá (Madrid, 1974) e Lucía Loren (Madrid, 1973) sono le protagoniste di Producir mundo entre redes y marañas, mostra in cui le due artiste indagano come i processi umani che producono il “mondo” siano assolutamente interdipendenti dalle relazioni sistemiche che sostengono la rete della vita. Fluxá e Loren propongono, attraverso una prospettiva relazionale, di vedere il paesaggio come quell’intreccio di organismi, ecosistemi e cicli geochimici che compongono la Terra. Le loro installazioni multidisciplinari prodotte attraverso video, disegni, fotografie, interventi, sculture e materiali naturali si concentrano sulla promozione e la rivendicazione di questa rete di interdipendenze. Una rete ampliata di creatività tra umani e non umani che ora più che mai dobbiamo mantenere in equilibrio.

María Tinaut, Y septiembre es claro y azul de nuevo
María Tinaut, Y septiembre es claro y azul de nuevo
María Tinaut, Y septiembre es claro y azul de nuevo
María Tinaut, Y septiembre es claro y azul de nuevo
Santiago Giralda, Los años luz
Santiago Giralda, Los años luz
Santiago Giralda, Los años luz
Santiago Giralda, Los años luz
Moris, La cárcel a cielo abierto
Moris, La cárcel a cielo abierto
Moris, La cárcel a cielo abierto
Moris, La cárcel a cielo abierto
Barbara Fluxá e Lucía Loren, Producir mundo entre redes y marañas
Barbara Fluxá e Lucía Loren, Producir mundo entre redes y marañas
Barbara Fluxá e Lucía Loren, Producir mundo entre redes y marañas
Barbara Fluxá e Lucía Loren, Producir mundo entre redes y marañas

Un artista spagnolo di fama internazionale espone da Daniel Cuevas: è José Manuel Ballester (Madrid, 1960), con Universo Bipolar, che nasce a seguito degli ultimi viaggi in paesi come Brasile, Cina, Cuba e Russia (tutti, quindi, in orbita comunista) di Ballester, che ha constatato come questi luoghi appaiano segnati da una situazione politica, sociale ed economica, che lui definisce “bipolare”. Sono cioè paesi in continua ricerca di cambiamento, di evoluzione di tutti i loro ambiti istituzionali, ma visti ai nostri occhi sembrano in perenne “involuzione” in tutti i loro ambiti. In questa mostra, Ballester presenta così la sua visione della situazione di questi paesi in continua costruzione/distruzione attraverso l’architettura e le infrastrutture delle città che ha visitato in tutti questi anni, come L’Avana, Brasilia o Mosca. Altro pittore affermato, il cubano Ariel Cabrera (Camagüey, 1982), espone presso Álvaro Alcázar con Zonas húmedas, mostra monografica in cui l’artista presenta insieme tutte le serie realizzate contemporaneamente nel corso della sua carriera e dove il piacere appare come leitmotiv. L’opera di Cabrera racchiude infinite storie e significati derivanti dall’immaginazione dell’artista, sempre avendo come base il tema della storia cubana. Attraverso un lavoro di rilettura di archivi storici, più vicino a un cineasta che a un pittore, Cabrera compone quello che potrebbe sembrare un collage tra “ritagli” di vecchie fotografie e scene di spensieratezza e divertimento. Da questo dualismo deriva il suo cosiddetto “neostoricismo”: i suoi personaggi hanno desideri giocosi e carnali, sono meno militari e più umani, avvicinandosi più alle cartoline pornografiche che agli eroi della pittura tradizionale cubana. Alla base del lavoro di Cabrera c’è la profonda conoscenza della storia del suo paese natale, nonché del suo passato di collezionista di tavolette dell’Ottocento, giornali e fotografie d’epoca, libri di viaggio, a cui si aggiunge la sua grande passione per il cinema italiano. Tutti questi ingredienti servono come risorsa formale per sviluppare uno stile basato su un ricco cromatismo, contrasti di luce e colore e piani diversi.

La galleria We Collect propone invece un giovane: Romain Blanck (Düsseldorf, 1995), con Faux raccord, presenta dipinti recenti in cui l’artista seleziona forme grafiche, linee, segni, volti e simboli familiari che si trovano su fogli raccoti nei negozi di articoli d’arte e altri direttamente sulle applicazioni dei social media. C’è un senso di urgenza ovunque, dettato da elementi basati su Internet e dalla ripetizione della stessa immagine e forme in vari dipinti, che rafforzano la spontaneità artificiale delle opere. Nello spazio espositivo, due pareti verdi ospitano alcuni dipinti, richiamando il colore di uno schermo verde su cui potrà essere inserito qualsiasi elemento prelevato da un’altra fonte, proprio come avviene all’interno dei dipinti. Si può riconoscere nella pittura di Romain Blanck qualcosa di molto familiare, ma anche qualcosa che fallisce, come accade con l’espressione “falso amico” che avverte che si potrebbe tradurre male una parola a causa della sua somiglianza formale con la nostra. lingua”. Spazio infine alla fotografia con Artist as clown dell’affermata finlandese Elina Brotherus (Helsinki, 1972) presso Camara Oscura: “Dopo vent’anni passati a ‘usare me stesso’ nelle mie fotografie, mi sentivo come se avessi fatto tutte le pose che potevo fare con il mio corpo”, dice l’artista. La via d’uscita da questo vicolo cieco è arrivata attraverso la riscoperta di Fluxus. Nel 2016, in occasione della sua candidatura al Prix Elysée, Brotherus ha iniziato a utilizzare le partiture degli eventi Fluxus e altre istruzioni per gli artisti come base del suo lavoro. La serie Meaningless Work su cui si basa questa mostra è un progetto ancora in divenire: la serie le consente di fare nuove scoperte, il tutto continuando a fare ciò che sa meglio. Brotherus oggi è tra le più note artisti finlandesi: il suo lavoro ha alternato approcci autobiografici e storico-artistici.

José Manuel Ballester, Universo Bipolar (de la Habana a Moscú)
José Manuel Ballester, Universo Bipolar (de la Habana a Moscú)
José Manuel Ballester, Universo Bipolar (de la Habana a Moscú)
José Manuel Ballester, Universo Bipolar (de la Habana a Moscú)
Ariel Cabrera, Zonas húmedas
Ariel Cabrera, Zonas húmedas
Ariel Cabrera, Zonas húmedas
Ariel Cabrera, Zonas húmedas
Romain Blanck, Faux raccord
Romain Blanck, Faux raccord
Romain Blanck, Faux raccord
Romain Blanck, Faux raccord
Elina Brotherus, Artist as Clown
Elina Brotherus, Artist as Clown
Elina Brotherus, Artist as Clown
Elina Brotherus, Artist as Clown

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