La genesi di una performance artistica in carcere. Il Diario di Andrea Bianconi


Silvana Editoriale pubblica “Diario di un pre-carcerato”, intimo libro-diario di Andrea Bianconi attraverso il quale l'artista vicentino scandisce la genesi della performance “Prisoner of Love” tenutasi nel 2019 nel Carcere di San Vittore.

Un libro per entrare nella mente, nelle emozioni, nel processo creativo di un artista: si chiama Diario di un pre-carcerato ed è il libro d’artista di Andrea Bianconi (Vicenza, 1974) edito da Silvana Editoriale (176 pagine, 28 euro, ISBN 9788836645534): una somma di riflessioni, pensieri sparsi, stream of consciousness, illustrazioni, dettagli tecnici, elenchi di attività quotidiane che l’artista ha compiuto nelle due settimane prima di mettere in atto la performance Prisoner of love al carcere di San Vittore di Milano lo scorso 3 aprile, in collaborazione con Casa Testori. Una performance teatrale-musicale, durante la quale le detenute della sezione femminile del carcere hanno cantato, assieme all’artista, una canzone sul tema della ricerca dell’amore e dell’importanza di quest’ultimo nelle nostre vite, il tutto preceduto dalla lettura di una pagina di Giovanni Testori.

Tra le pagine del diario, interamente scritto a mano e privo di numeri di pagina ma scandito soltanto dalle date (anch’esse scritte a mano da Andrea Bianconi) si rincorrono i pensieri e le idee dell’artista, i momenti delle sue giornate (addirittura le singole telefonate, in certi giorni!), il numero di ore passato a dormire (tendenzialmente poche), alcuni ricordi (come quando, il 25 marzo, a nove giorni dalla data della performance, Bianconi rivive “brevi schematiche memorie” per quasi tutti gli anni della sua vita), gli incontri giorno per giorno, la scaletta dell’azione, le sue modifiche, gli apparati per accompagnarla, le visite dal fabbro per la realizzazione delle gabbie (uno dei simboli della poetica di Bianconi: “la gabbia aperta”, scrive nel Diario, “è un fiore che sta sbocciando e le pareti sembrano delle ali”) da portare nei raggi del carcere di San Vittore, come simbolo di libertà secondo i détournement anch’essi tipici del modo di fare arte di Bianconi (la gambia, simbolo di oppressione e reclusione, viene aperta e svuotata di tutti i suoi elementi negativi).

La copertina del libro
La copertina del libro


Andrea Bianconi nei preparativi per la performance a San Vittore
Andrea Bianconi nei preparativi per la performance a San Vittore

Quella che Bianconi ha portato in scena a San Vittore, come spiega il critico Giuseppe Frangi nella postfazione di Diario di un pre-carcerato, è proprio un’esperienza di libertà: “è uno spazio di azione”, scrive Frangi, “che non obbedisce ad una logica e tanto meno ad una regola. Uno spazio in cui l’artista non è chiamato alla resa dei conti con un perché. La libertà poi è garantita dal fatto che la performance è una volta per sempre, una volta accaduta si smaterializza e vive solo nella documentazione di ciò che è accaduto”. Del resto, è lo stesso Bianconi a definire, in appena cinque parole, ripetute per tutta una pagina il 29 marzo, il senso della sua performance a San Vittore: “entrerò e porterò la libertà”.

Una gestazione non semplice per un’opera sicuramente coraggiosa (per la scelta di affrontare un tema scomodo e molto complesso quale è quello del carcere, della prigionia), densa di significato, sincera, fortemente voluta da un artista che affida alla sua penna e ai suoi disegni tutto il suo flusso emozionale memore dei Finnegans Wake di Joyce (autore a cui Bianconi è molto legato), che viene pertanto condiviso con il lettore: operazione che permette (cosa che non tutti gli artisti permettono) di entrare nell’intimità di un artista per comprendere le ragioni del suo fare artistico (anche perché, nelle pagine del diario, Andrea Bianconi torna anche su alcuni simboli che caratterizzano la sua arte e che lo hanno reso celebre). Non mancano neppure i riferimenti a Fantastic Planet, la personale di Bianconi tenutasi poco prima della performance al CAMeC di La Spezia (qui la recensione di Federico Giannini).

“In tutte le mie performance”, scrive l’artista il 28 marzo, “l’altro è fondamentale e determinante; l’altro inteso come persona, l’altro io, cultura, popolo, ... in questo caso l’altro è l’altra condizione umana. È la privazione della libertà. L’altro è ciò che non conosciamo. Non mi immagino d’essere non libero. Qui interviene la conoscenza, nel momento che conosco l’altro posso cercare o trovare la mia libertà. La freccia (e la direzione) può essere d’aiuto. Penso che l’altro sia il motore della mia vita. Non faccio distinzione tra arte, performance e vita”. Ecco, dunque, che dalle pagine del Diario di un pre-carcerato emergono il significato dell’arte di Andrea Bianconi, l’energia che spinge la sua fantasia immaginifica, in tutta la purezza del suo pensiero.

Un libro, dunque, per conoscere l’artista, entrare nel suo processo creativo, comprendere anche la durezza della realtà carceraria (non mancano riflessioni dell’artista veneto proprio sul tema del carcere), capire quale sia l’altissimo valore della funzione rieducativa della pena (garantita dall’articolo 27 della Costituzione), e vivere la genesi di un’opera capace di esprimere la consapevolezza artistica e la consapevolezza umana di Andrea Bianconi.


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