Si è aperta a Siracusa, tra le mura antiche dell’ex Liceo Gargallo di Ortigia, la mostra fotografica Echi di eternità” di Iacopo Giannini (Firenze, 1977), visitabile dal 5 settembre al 31 ottobre 2025 con ingresso gratuito. L’esposizione, curata da Beatrice Bortoluzzi e promossa dall’associazione Tralart, trasforma il cuore dell’isola siracusana in un luogo di confronto tra scultura e fotografia, tra luce e materia, tra memoria e paesaggio.
Le immagini di Giannini dialogano con le monumentali opere di Igor Mitoraj (Oederan, 1944 – Parigi, 2014) collocate nel Parco Archeologico della Neapolis, a Ortigia e sulle pendici dell’Etna. Il fotografo fiorentino ha scelto di non limitarsi a documentare, ma di interpretare, di tradurre in visione fotografica le suggestioni delle statue, ponendo domande che riguardano la condizione umana e la persistenza del mito. L’associazione Tralart, promotrice dell’iniziativa, ha accompagnato il progetto sin dalle prime fasi, riconoscendo nel lavoro di Giannini un’occasione di crescita collettiva. La collaborazione con la città di Siracusa e le istituzioni ha reso possibile l’evento, che guarda già al futuro immaginando nuovi progetti.
Il progetto espositivo si lega alla riflessione sul Mediterraneo come spazio di stratificazione storica, identitaria e culturale. Nelle parole di Beatrice Bortoluzzi, “Echi di eternità” non si limita a raccontare una mostra, ma la interroga. Le immagini di Giannini diventano echi, riflessi che attraversano la pietra e il pensiero. Le sculture di Mitoraj, con i loro busti monchi, i profili spezzati e i volti di Icaro, vibrano di domande più che di risposte. L’uomo appare ferito, la natura si fa giudice, e la fotografia interviene come atto interpretativo, rivelando bellezza anche nella frattura. “Un ciclo d’immagini”, spiega Beatrice Bortoluzzi, “che più che raccontare una mostra, la svelano. Anzi, la interrogano. E nel farlo, scoprono qualcosa anche di noi. Ci troviamo a Siracusa, culla greca e barocca, dove le trenta sculture monumentali di Igor Mitoraj, installate nella Neapolis, a cui si aggiugono una a Ortigia e una sulle pendici dell’Etna, non si limitano a occupare lo spazio: lo abitano. Come fantasmi gentili di un mito che rifiuta di morire. Ed è qui che Giannini compie il suo gesto, che non è mai gesto documentario, ma piuttosto atto interpretativo. Come un archeologo della luce, non fotografa l’evento: lo ascolta. E ogni sua immagine è un’eco, un rimando, un riflesso traslato tra pietra e pensiero […]. Iacopo Giannini fotografa Mitoraj, certo. Ma in fondo fotografa se stesso. E fotografa anche noi, fragili spettatori di un’epoca che ha smarrito il mito ma conserva ancora, fortunatamente, il bisogno di raccontarlo. O forse non lo conosce neanche più, neanche quando gli si palesa davanti la sua storia è in grado di trovare delle radici che appaiono tanto lontane, quanto invece rendono comuni e vicine le esistenze di tutti noi”.
“Fotografare è fermare ciò che non sa di essere storia”, ha dichiarato Giannini, e questa affermazione trova attuazione in Echi di eternità”. Le immagini non si limitano a registrare, ma a meditare. Sono epigrafi visive, meditazioni sospese che invitano a rallentare, a guardare, a rieducare lo sguardo.
Il testo critico di Federico Rui amplia la riflessione sul rapporto tra fotografia e scultura, mettendo in luce la tensione tra permanenza della materia e istantaneità della luce. Rui richiama Platone e il mito della caverna, sottolineando come la fotografia possa essere intesa come copia di una copia, illusione che rischia di allontanare dalla verità, ma anche come atto di conoscenza capace di rivelare l’invisibile. Secondo Rui, la fotografia di Giannini è “un mezzo per esplorare come la scultura di Mitoraj si inserisca nel flusso della vita quotidiana, con tutte le sue sfumature, contraddizioni e bellezze. Accogliendo il concetto platonico di mimesi, queste sculture sembrano spingerci a riflettere su ciò che è nascosto, sull’impossibilità di vedere la totalità dell’essere umano, sul fatto che la bellezza, la perfezione e l’interezza sono sempre parziali e mai completamente raggiungibili”.
La mostra siracusana si propone quindi come un invito a riflettere sulla fragilità e sull’incompletezza, sulle radici di un mito che ancora parla al presente. Le statue mutilate di Mitoraj, interpretate dall’obiettivo di Giannini, diventano metafora della condizione umana: ferita, incompiuta, ma ancora capace di evocare bellezza e di cercare senso.
Titolo mostra | Iacopo Giannini. Echi di eternità | Città | Siracusa | Sede | Ex Liceo Gargallo | Date | Dal 06/09/2025 al 31/10/2025 | Artisti | Iacopo Giannini | Curatori | Beatrice Bortoluzzi | Temi | Fotografia |
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