Enrico Minguzzi tra umano e non umano in mostra da Giovanni Bonelli a Pietrasanta


Alla Galleria Giovanni Bonelli di Pietrasanta, l’artista presenta opere in bilico tra umano e non umano, tra natura e artificio, raccontando con pittura e scultura un’idea di evoluzione perpetua e in continua trasformazione.

Alla Galleria Giovanni Bonelli di Pietrasanta, si è aperta il 26 aprile 2025 la mostra personale di Enrico Minguzzi (Cotignola, 1981) intitolata Fragili Creature, visitabile fino all’8 giugno. Curata da Sole Castelbarco Albani, la mostra vuole essere un’esplorazione profonda delle possibilità della materia e della forma, in un dialogo costante tra naturale e artificiale, tra ciò che emerge e ciò che rimane nascosto.

Il lavoro di Minguzzi si distingue per un approccio singolare: l’artista non impone mai la propria volontà sulla tela, bensì ascolta, lasciando che siano le immagini stesse a manifestarsi. La superficie pittorica diventa così un organismo vivo, capace di rispondere, opporsi e svelarsi secondo un ritmo proprio, al quale l’artista dà vita nel suo compiersi. È in questo delicato equilibrio tra intenzione e imprevisto che si radica l’autenticità radicale del suo gesto pittorico. Minguzzi definisce il suo processo come un dialogo aperto con la materia, dove le immagini prendono corpo quasi a sua insaputa, spesso deviando dal pensiero iniziale. “Assecondo ciò che accade”, spiega, sottolineando come in questo abbandono consapevole si apra uno spazio di verità, dove l’opera smette di essere mera rappresentazione per farsi presenza viva. Le creature che emergono dalla tela, “nature morte” che, come dice Minguzzi, non sono propriamente né nature né morte, sono sospese nel tempo: non fissate, ma perennemente in stato di mutazione. Vibrano di una vitalità originata dalla tensione costante tra ciò che si manifesta e ciò che resta celato. Ogni opera di Minguzzi è un atto di apertura, un dialogo con la materia e con un pensiero che muta forma, cresce e rivela strati sempre nuovi di complessità.

Un tratto distintivo della sua pratica è l’idea della pittura come erosione: un gesto che non distrugge, ma restituisce. La rimozione di strati diventa un atto vitale, capace di far riaffiorare ciò che era stato nascosto, di ricongiungere il visibile con l’invisibile. Questa continua tensione tra nascosto e rivelato infonde alle sue opere una vitalità instabile ma profonda. La rimozione non è mai fine a sé stessa, ma crea nuove energie, permettendo alle immagini di vivere e di crescere. Come maschere che, pur celando parte del volto, rivelano un’anima ancora più profonda e misteriosa, le opere di Minguzzi parlano una lingua stratificata, fatta di rimandi, di presenze e di assenze.

Enrico Minguzzi, Cristallo (2025; olio su foglia oro e resina epossidica su lino, 24 x 30 cm)
Enrico Minguzzi, Cristallo (2025; olio su foglia oro e resina epossidica su lino, 24 x 30 cm)
Enrico Minguzzi, Lapillo (2024; olio su lino, 50 x 40 cm)
Enrico Minguzzi, Lapillo (2024; olio su lino, 50 x 40 cm)

La mostra Fragili Creature esplora anche il concetto di ibrido come fonte di bellezza e innovazione. Le creature di Minguzzi sono nuove specie in continua evoluzione, generate dalla contaminazione tra natura e intervento umano. La sua sensibilità non si limita a osservare questo processo, ma lo esplora fino a farne il fulcro di una riflessione sulle possibili traiettorie future della nostra realtà. Le opere non raccontano una distopia, ma propongono un futuro prossimo in cui l’ibridazione tra tecnologia e natura diventa la chiave della nostra evoluzione. Nel suo immaginario, l’artificio non annienta la natura, bensì la arricchisce, diventando una sua estensione. La contaminazione diventa risorsa estetica e creativa: una ricerca di equilibrio tra elementi apparentemente opposti, una nuova armonia che genera forme di bellezza inaspettata. Non si tratta solo di commentare l’alterazione dei cicli naturali, ma di invitare il pubblico a riflettere su come elementi disparati possano fondersi per generare nuovi ordini vitali.

In questo gioco incessante tra materia e forma, le opere di Minguzzi si configurano come luoghi in cui la bellezza nasce dal mescolarsi, dallo scomporsi e dal ricomporsi delle componenti visive e concettuali. Le sue sculture, nate dalla stessa tensione creativa dei dipinti, sembrano volersi staccare dalla tela per conquistare uno spazio tridimensionale. La materia prende forma e si relaziona con l’ambiente circostante, immaginando un futuro in cui la scultura stessa diventa parte di un ecosistema vivente.

Minguzzi concepisce la possibilità che le sue sculture si trasformino nel tempo: opere destinate a essere invase dalla vegetazione, a contaminarsi, a evolversi in simbiosi con l’ambiente naturale. Questo progetto, ancora in fase di sviluppo, riflette la sua idea di arte come organismo vivente, come qualcosa che non si esaurisce nell’atto creativo, ma continua a crescere e a cambiare, proprio come le creature biologiche.

Enrico Minguzzi, Isaura (2024; resina epossidica, schiuma poliuretanica, ferro e cemento, 180 x 50 x 50 cm)
Enrico Minguzzi, Isaura (2024; resina epossidica, schiuma poliuretanica, ferro e cemento, 180 x 50 x 50 cm)

Questa visione non nasce da un’impostazione concettuale rigida, ma da una naturale evoluzione del suo processo artistico. Ogni opera di Minguzzi sembra sospesa tra l’essere appena nata e la possibilità di evolversi all’infinito. Le sue creature non appartengono a un tempo definito: vivono in un eterno presente, in uno stato di potenziale divenire continuo. Le reazioni che suscitano nel pubblico sono viscerali, oscillando tra l’affascinante e l’inquietante. In queste forme, familiari eppure stranianti, si nasconde qualcosa di profondamente umano, qualcosa che ci tocca ma che rimane al contempo sfuggente. Non si tratta di un semplice invito alla meraviglia, ma a una riflessione più profonda: un confronto con l’invisibile, con l’ignoto, con la parte più enigmatica della natura e di noi stessi.

Nel lavoro di Enrico Minguzzi, la riflessione sulla natura e sulle sue trasformazioni future è implicita, mai dichiarata apertamente. Non c’è denuncia né militanza, ma un invito discreto alla meditazione. La sua arte lascia spazio a una lettura personale e poliedrica, sollecitando domande più che offrendo risposte. La natura che Minguzzi racconta non è romantica né idilliaca: è una natura vibrante, instabile, sempre in divenire. È una natura che sorprende e inquieta, proprio come le sue creature fragili e potenti, pronte a vivere in un mondo che si configura come un intreccio inestricabile tra reale e fantastico, umano e non umano, vita e morte.

Con Fragili Creature, Enrico Minguzzi vuole dunque regalare a pubblico e collezionisti uno spaccato di futuro possibile, dove l’ibrido non è più visto come deviazione, ma come inevitabile passo successivo della nostra evoluzione.

La mostra è visitabile dal giovedì alla domenica con orario 11-13 e 16-20. Per informazioni visitare il sito galleriagiovannibonelli.it.

Informazioni sulla mostra

Titolo mostraEnrico Minguzzi. Fragili creature
CittàPietrasanta
SedeGalleria Giovanni Bonelli
DateDal 26/04/2025 al 08/06/2025
ArtistiEnrico Minguzzi
CuratoriSole Castelbarco Albani
TemiArte contemporanea

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