Turismo, giro di vite sugli affitti brevi. Cosa prevede la nuova normativa


Con l’approvazione definitiva alla Camera lo scorso 13 dicembre del Decreto Anticipi, vengono introdotte importanti novità per il mercato immobiliare destinato agli affitti di breve termine, per lo più quindi legati al turismo. Un giro di vite: ecco cosa prevede la normativa.

Con l’approvazione definitiva alla Camera lo scorso 13 dicembre del Decreto Anticipi, vengono introdotte importanti novità per il mercato immobiliare destinato agli affitti di breve termine, per lo più quindi legati al turismo. Novità che in qualche caso ricalcano norme già presenti in alcune regioni ma che da adesso (15 giorni dopo la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale) saranno obblighi a livello nazionale per regolamentare un mercato definito “a tutti gli effetti, un vero e proprio far west” dalla ministra per il Turismo Daniela Santanchè. Molti sindaci, soprattutto delle città d’arte, in questi anni hanno reclamato a più riprese una regolamentazione per limitare o almeno delimitare il fenomeno dell’affitto di case e appartamenti, esploso con l’arrivo di portali web eminentemente dedicati a ciò di cui Airbnb è stato il primo, trascinando con sé anche quelli nati per le prenotazioni alberghiere che hanno allargato l’attività anche agli immobili singoli ad uso abitativo.

La nuova disciplina prevede che il ministero del Turismo assegni, tramite procedura automatizzata, un Codice identificativo nazionale (Cin) alle unità immobiliari a uso abitativo destinate a contratti di locazione per finalità turistiche, alle unità immobiliari a uso abitativo destinate alle locazioni brevi e alle strutture turistico-ricettive alberghiere ed extra-alberghiere. Questo consentirà di tracciare gli immobili locati anche sulle piattaforme e portali di prenotazione così da evitare evasione delle tasse o elusione fiscale. Per chi ne è privo e affitti il proprio immobile o lo affitti senza esporre il Cin (all’esterno dello stabile e sui potali di annunci) previste sanzioni irrogate da parte del Comune fino a 8mila euro (in base alle dimensioni dell’immobile) e la rimozione dell’annuncio irregolare pubblicato. Inoltre chi esercita l’attività di locazione breve è tenuto a presentare la SCIA presso lo sportello unico delle attività produttive (SUAP) del comune in cui l’attività è svolta. In caso di assenza di SCIA, sono previste sanzioni pecuniarie da 2.000 a 10.000 euro (sempre in base alle dimensioni dell’immobile).

“Questa nuova norma di legge”, commenta la ministra Daniela Santanchè, “per la quale il ministero si è battuto nel corso dell’ultimo anno, coinvolgendo gli operatori del settore e le associazioni di categoria con diversi momenti di confronto, ha l’ambizione sia di tutelare chi fa impresa proteggendo la proprietà privata che di essere uno strumento per far emergere il sommerso”

Vista la disparità di assolvimento di obblighi tra chi gestisce una struttura ricettiva e chi mette in affitto il proprio appartamento soprattutto in termini di sicurezza la legge prescrive che le unità immobiliari a uso abitativo oggetto di locazione per finalità turistiche siano munite dei requisiti di sicurezza degli impianti e che, in ogni caso, tutte le unità immobiliari siano dotate di dispositivi per la rilevazione di gas combustibili e del monossido di carbonio funzionanti nonché di estintori portatili ubicati in posizioni accessibili e visibili, in particolare in prossimità degli accessi e in vicinanza delle aree di maggior pericolo e, comunque, da installare a una distanza di uno ogni 200 metri quadrati di pavimento, o frazione, con un minimo di un estintore per piano. Questo a tutela degli ospiti visto che l’attribuzione del Cin deve garantire anche la regolarità urbanistica, nonché, in via generale, per la “trasparenza e la tutela della concorrenza nel mercato”. Si prevede, infine, nei casi di violazione delle disposizioni contenute nella norma, un regime sanzionatorio il cui ricavato rimarrà nella disponibilità dei Comuni per far fronte alle necessità legate al turismo.

Per “affitti brevi” si fa riferimento alle locazioni la cui durata non va oltre i 30 giorni e sono locazioni che non hanno obbligo di registrazione del contratto: “...si intendono per locazioni brevi i contratti di locazione di immobili a uso abitativo di durata non superiore a 30 giorni, ivi inclusi quelli che prevedono la prestazione dei servizi di fornitura di biancheria e di pulizia dei locali, stipulati da persone fisiche, al di fuori dell’esercizio di attività d’impresa, direttamente o tramite soggetti che esercitano attività di intermediazione immobiliare, ovvero soggetti che gestiscono portali telematici, mettendo in contatto persone in cerca di un immobile con persone che dispongono di unità immobiliari da locare”. Questa, nello specifico, la definizione del campo di azione determinato dall’art. 4 del DL 50/2017. E per tali locazioni è possibile avvalersi della cedolare secca che attualmente è al 21% ma che la Legge di Bilancio che sarà approvata entro la fine dell’anno potrebbe modificare nella percentuale (al momento è infatti scritto nel testo che “Ai redditi derivanti dai contratti di locazione breve si applica l’aliquota del 26 per cento in caso di opzione per l’imposta sostitutiva nella forma della cedolare secca” ma “l’aliquota è ridotta al 21 per cento per i redditi derivanti dai contratti di locazione breve relativi ad una unità immobiliare individuata dal contribuente in sede di dichiarazione dei redditi”).

Stesso regime è applicabile per la sublocazione ‘breve’ e anche nelle situazioni in cui oltre alla messa a disposizione dell’immobile si offra servizi quali la fornitura della biancheria con pulizia dei locali; utenze, wi-fi, aria condizionata. Non sono invece ammessi servizi come la messa a disposizione della colazione o pasti, auto a noleggio, guide turistiche o di interpreti.

La questione dell’evasione fiscale dei redditi e della tassa di soggiorno per questo tipo di affitti che passano attraverso i portali web e che l’Agenzia delle Entrate e i Comuni non riuscivano a monitorare è di primaria importanza ed è di questi giorni la notizia che Airbnb ha raggiunto un accordo con l’erario per un pagamento forfettario di tali obblighi fiscali per gli anni passati (2017-2021. Il confronto con l’Agenzia delle Entrate sul 2022 e 2023 è in corso) pagando 576 milioni di euro. Era stata infatti aperta una inchiesta dalla Procura di Milano e così è stata conclusa tale scelta per la quale Airbnb ha già dichiarato che non si rivarrà a sua volta sui propri utenti (gli ‘host’).

L’Agenzia delle Entrate ha annunciato l’accordo spiegando che “Airbnb Ireland Unlimited Company pagherà, complessivamente, 576 milioni di euro, di cui circa 353 milioni per le ritenute dovute e non versate, 174 milioni a titolo di sanzioni amministrative per le violazioni commesse e 49 milioni di interessi”. Chiusi i contenzioni con il passato la società di san Francisco si avvia a diventare sostituto d’imposta per “adempiere, con l’introduzione di un meccanismo di trattenuta e versamento delle imposte sui redditi degli host rilevanti all’Agenzia delle Entrate”. Analogo provvedimento era stato raggiunto a luglio 2023 con Booking.com (Booking BV) che ha versato 93,3 milioni di euro a titolo di Iva dovuta per gli anni d’imposta dal 2013 al 2022.

Dal canto suo Airbnb ha voluto chiarire che "Oltre tre quarti” dei propri host che pubblicano annunci per affittare immobili sul portale “ha solamente un annuncio. L’host tipico ha guadagnato l’anno scorso poco più di 3,5001 euro. Circa un due terzi (59%) ha dichiarato che i proventi realizzati ospitando gli consente di arrivare a fine mese. Il 15% afferma di lavorare nella sanità, l’educazione o la pubblica amministrazione. La gran parte degli host su Airbnb in Italia sono persone comuni che si affidano alla piattaforma per integrare il proprio reddito familiare”.

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