Un carnevale di metà Seicento: il carnevale a Roma di Jan Miel


Ecco una rappresentazione di un carnevale di metà Seicento: il carnevale a Roma di Jan Miel, opera del 1653 conservata al Prado di Madrid

Tra i diversi pittori che raffigurarono scene carnevalesche, un posto di riguardo spetta a Jan Miel (1599 - 1663). Fu un pittore fiammingo attivo nel XVII secolo, nonché uno dei maggiori esponenti del gruppo dei cosiddetti Bamboccianti: erano pittori, perlopiù fiamminghi e olandesi, che operarono nella Roma dei primi decenni del Seicento, e presero questo nome dal loro “caposcuola” Pieter van Laer, detto “il Bamboccio” per i suoi tratti somatici quasi infantili. I bamboccianti erano soliti raffigurare scene della vita quotidiana della Roma del tempo: questo Carnevale a Roma è un tipico esempio di questo modo di fare arte. E nella produzione di Jan Miel, non si tratta dell’unico esempio di opera a soggetto carnevalesco: ce ne sono altre conservate in diversi musei e raccolte.

L’opera risale al 1653, lo sappiamo perché è firmata e datata. Anche in epoche più antiche della nostra, il carnevale non era altro che un momento di festa, che si risolveva in danze sfrenate e abbondanti mangiate: spesso, i pittori fiamminghi indugiavano proprio nel raffigurare l’aspetto più prettamente “mangereccio” del carnevale. Bisognava, insomma, festeggiare più che si poteva (e spesso tali festeggiamenti sfociavano nella dissolutezza più sfrenata), perché dopo il martedì grasso si sarebbe aperto il periodo di digiuno e riflessione della Quaresima. Jan Miel, nel suo dipinto, ci descrive una scena di carnevale nelle strade di Roma, descrivendola con tutti i contorni tipici della festa popolare che era (ed è tuttora) il Carnevale.

Jan Miel, Carnevale a Roma
Jan Miel, Carnevale a Roma (1653; Madrid, Museo del Prado)

Vediamo un carro trainato da buoi che trasporta alcuni personaggi, molti dei quali mascherati, e alcuni uomini, anch’essi mascherati, lo seguono, in evidente stato di alterazione dovuto sicuramente a qualche bevuta di troppo. L’usanza di far sfilare carri durante il Carnevale era in uso già in epoche antiche, e in ogni città queste sfilate assumevano i significati più disparati, ma solitamente si trattava di carri che sublimavano i buoni auspici per la primavera incombente, oppure, come in molte tradizioni sopravvissute fino al giorno d’oggi, portavano in giro per le città personaggi che scherzavano con la popolazione, spesso ironizzando sui potenti. Nella scena, la bizzarra sfilata del carro avviene sullo sfondo di una Roma che mescola antiche colonne e vestigia classiche in rovina a edifici costruiti in epoche recenti: era, insomma, la Roma che rispecchiava l’immaginario collettivo di artisti e letterati del tempo. A caratterizzare l’ambientazione romana della scena, abbiamo anche l’abbigliamento dei tre personaggi che seguono il carro. Sono infatti travestiti da guardie svizzere: il carnevale, fin dalle epoche più antiche, era anche l’occasione (all’epoca probabilmente l’unica) per prendersi gioco dei potenti, come detto poco sopra. Complici anche i blandi controlli che le autorità, anche nella Roma dei papi, esercitavano sulla popolazione durante il Carnevale: era come se, per un certo periodo di tempo, al popolo fosse concessa qualche licenza in più.

L’intento satirico del carnevale trovava inoltre la propria realizzazione nell’utilizzo di personaggi tipici, le famose maschere della Commedia dell’Arte, che proprio nel Seicento trovarono grande diffusione e che, in modo caricaturale ed esagerato, incarnavano vizi e virtù dei potenti e del popolo, ed erano utilizzate per dar vita spettacoli, spesso itineranti, che avevano notevole successo soprattutto presso le classi sociali più umili. Troviamo un paio di maschere tipiche della Commedia dell’Arte anche nei pressi del carro di Jan Miel, le vediamo sopra i muli: in particolare abbiamo la maschera del dottore, abbigliata con l’abito scuro degli avvocati del tempo, che incarnava l’ampollosità, la retorica vuota e l’inconcludenza degli eruditi del tempo, e vicino a lui vediamo un Pulcinella, che era lo stereotipo del servo astuto, che grazie alla propria furbizia riusciva a districare situazioni complicate (e a gabbare i potenti).

Alcuni storici dell’arte hanno anche ipotizzato che questo gruppetto trasportato dal carro potrebbe anche essere una compagnia teatrale in viaggio, dato il numero dei personaggi, i loro travestimenti, ma anche la loro caratterizzazione individuale che potrebbe far supporre che Jan Miel si sia ispirato a una compagnia teatrale vera, che magari si trovava a Roma nel momento in cui l’artista eseguì la propria opera.

Questo dipinto di Jan Miel, che come pressoché tutti i dipinti dei bamboccianti si caratterizza per la sua atmosfera gioiosa e per la sua aderenza al vero, è conservato al Museo del Prado di Madrid: arrivò in Spagna nel 1727, quando il re Filippo V lo acquistò per il Palazzo Reale di La Granja de San Ildefonso, la residenza che lo stesso re aveva fatto costruire pochi anni prima, su modello dei palazzi dei reali di Francia, nei pressi di Segovia. Da qui, l’opera passò poi presso il Palazzo di Aranjuez a Madrid, e oggi fa parte delle raccolte del grande museo spagnolo.


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Gli autori di questo articolo: Federico Giannini e Ilaria Baratta

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