Bonisoli, il ministro che non risponde. Ecco l'intervista che non leggerete


Avevamo deciso di fare un'intervista al ministro dei beni culturali Alberto Bonisoli. Nonostante abbiamo seguito il protocollo indicatoci, le risposte non sono mai arrivate. Quindi pubblichiamo le domande.

Care amiche e cari amici di Finestre sull’Arte,
riteniamo che una testata compia un servizio fondamentale per i suoi lettori quando, oltre a garantire un’aggiornata e precisa informazione quotidiana, sia in grado anche di condurre puntuali approfondimenti: per questo sul nostro giornale potete leggere, ogni settimana, articoli divulgativi, recensioni, editoriali, interviste. Perché l’approfondimento serve per offrire al pubblico strumenti in più per comprendere il mondo, nel nostro caso il mondo dell’arte e dei beni culturali. Ed è proprio con l’obiettivo di fornire a voi un servizio che intendevamo intervistare il nuovo ministro dei beni culturali, Alberto Bonisoli, su temi che riteniamo di estremo interesse per il numeroso pubblico che ci segue.

Purtroppo, dobbiamo informarvi che non potrete leggere l’intervista che avevamo pensato di condurre con Alberto Bonisoli. Fin dai primi contatti con il ministro, che rimontano al 24 giugno, abbiamo scrupolosamente seguito il protocollo che ci è stato indicato dall’ufficio stampa, attenendoci a tutte le richieste. Tuttavia, malgrado ripetuti solleciti, siamo stati lasciati in uno stato d’incertezza, non abbiamo mai saputo se il ministro fosse disponibile a rilasciare l’intervista e, di conseguenza, non abbiamo mai ricevuto le risposte alle domande che intendevamo rivolgergli.

Abbiamo quindi deciso di pubblicare le cinque domande (questo il numero massimo stabilito dall’ufficio stampa). Ecco dunque, di seguito, l’intervista così com’è stata inviata all’ufficio stampa, nella versione riveduta e aggiornata in data 24 luglio, a poco meno di un mese di distanza dall’invio della prima versione, risalente al 26 giugno.

Il ministro Alberto Bonisoli
Il ministro Alberto Bonisoli

1) Gentile ministro, le Sue prime dichiarazioni hanno riguardato il tema del lavoro, e in occasione della Sua prima uscita ufficiale, a Pompei, Lei ha sottolineato “l’importanza di favorire l’inserimento di professionisti qualificati” e la “necessità di assunzione con contratti seri, dunque a tempo indeterminato”. Ci scontriamo però con due problemi. Il primo è lo scriteriato ricorso al volontariato come surrogato del lavoro e, sul finire della scorsa legislatura, dalla base è emersa una proposta di legge per far sì che il ministero eviti di sopperire alle sue mancanze attraverso le associazioni di volontariato: Lei ha spiegato che il volontariato, così come il ricorso al servizio civile o alle società in house, ha una sua ragion d’essere per situazioni temporanee. Come intende muoversi per risolvere questo problema? Il secondo riguarda le coperture: negli ultimi cinque anni l’organico del MiBAC si è ridotto di circa cinquemila unità, e Lei stesso ha dichiarato che il ministero è sotto organico di 3.000 unità. Ha dunque avanzato l’ipotesi di lanciare un concorso da duemila posti per il 2019, ma per assumere duemila funzionari tecnici inquadrati in posizione F1 servono almeno ottanta milioni di euro all’anno. Come pensa di trovare le coperture per assumere personale?

2) Nel programma del Movimento 5 Stelle si sottolineava il fatto che la recente riforma del ministero ha reso difficoltoso lo svolgimento delle funzioni di tutela e della valorizzazione: in particolare, mancherebbe un coordinamento in quanto la riforma ha diviso le competenze tra soprintendenze (che si occupano di tutela) e musei (che si occupano di valorizzazione), quando in precedenza le funzioni erano unite e inscindibili. Ancora, s’è detto che la riforma ha avuto effetti negativi sui musei (cali di visite e di introiti). Come pensa di rivedere o riordinare il ministero? E c’è invece qualcosa della riforma che secondo Lei può essere salvato?

3) In Italia si parla molto poco di ricerca, e i nostri musei fanno poca ricerca, o comunque ne fanno meno rispetto ai musei stranieri, tanto che molti professionisti, italiani o stranieri che lavorano in Italia, non di rado sono spinti a lasciare i musei italiani attratti dal fatto che la ricerca, all’estero, è spesso tenuta più in considerazione che in Italia. Non sarebbe forse il caso d’invertire questa tendenza? È possibile, secondo Lei, fare qualcosa di concreto per la ricerca nell’ambito dei beni culturali?

4) Nei confronti dei musei europei scontiamo un certo ritardo soprattutto su due ambiti: l’accesso e la cultura digitale. Per quanto riguarda l’accesso, molti musei europei prevedono facilitazioni che possano davvero garantire un accesso per tutti: sconti o gratuità per chi non ha un’occupazione, aperture serali tutto l’anno, validità del biglietto estesa su più giorni, convenzioni con altri istituti della cultura. Noi invece abbiamo una sola domenica al mese d’ingresso gratuito per tutti, un’iniziativa che però non riscontra un favore unanime. Secondo Lei si può fare qualcosa per allinearci agli standard europei? Per quanto riguarda invece la cultura digitale, un’indagine dell’Osservatorio per l’Innovazione Digitale nei Beni e Attività Culturali, condotta su 476 musei, ha rilevato che solo il 57% di loro ha un sito web e solo il 52% un account social. E spesso si tratta di siti o account poco soddisfacenti. Cosa si potrebbe fare per migliorare la situazione?

5) Chiudiamo con una domanda diretta: può indicarci un provvedimento che dovremo aspettarci nei Suoi primi cento giorni di azione da ministro?


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Federico Giannini

L'autore di questo articolo: Federico Giannini

Giornalista d'arte, nato a Massa nel 1986, laureato a Pisa nel 2010. Ho fondato Finestre sull'Arte con Ilaria Baratta. Oltre che su queste pagine, scrivo su Art e Dossier e su Left.

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