Vis-à-vis (Amazzone) di Giulio Paolini entra nella collezione permanente del Museo Pietro Griffo di Agrigento


L’opera Vis-à-vis (Amazzone) (3) di Giulio Paolini entra ufficialmente a far parte della collezione permanente del Museo Archeologico Regionale “Pietro Griffo” di Agrigento.

L’opera Vis-à-vis (Amazzone) (3) di Giulio Paolini entra ufficialmente a far parte della collezione permanente del Museo Archeologico Regionale “Pietro Griffo” di Agrigento. Il progetto di acquisizione dell’opera, promosso dal Parco Archeologico e Paesaggistico della Valle dei Templi di Agrigento, ideato e curato da Giusi Diana e Antonio Leone, è stato realizzato grazie al sostegno del PAC2024 - Piano per l’Arte Contemporanea, promosso dalla Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura. Costo dell’operazione: 140.250 euro, stando a quanto riportato alcuni giorni fa dalla testata Agrigento Notizie.

Realizzata nel 2019, l’opera di Paolini è costituita dalle due metà del calco in gesso della testa di una copia romana dell’Amazzone ferita, attribuita allo scultore greco Policleto (V sec. a.C.) e oggi conservata ai Musei Capitolini di Roma. Le due parti, collocate una di fronte all’altra, troveranno nella Sala XV del Museo Pietro Griffo un dialogo inedito con un capolavoro dell’arte antica: il grande cratere attico a figure rosse (460 a.C.) del Pittore dei Niobidi proveniente dalle necropoli di Gela. Sul vaso, nella fascia centrale, è rappresentata l’Amazzonomachia, con la celebre scena in cui Achille uccide Pentesilea, regina delle Amazzoni, innamorandosi di lei nell’istante stesso in cui la trafigge a morte.

Nell’installazione di Paolini, le due metà del volto dell’Amazzone dialogano con una grande tela sospesa, attraversata da due diagonali tracciate a matita rossa: segno ricorrente, quasi una firma dell’artista, che definisce concettualmente lo spazio della rappresentazione. Questo elemento, presente fin dal suo primo lavoro Disegno geometrico del 1960, costituisce un artificio prospettico e insieme una dichiarazione di poetica che ha accompagnato costantemente la sua ricerca artistica.

Il gioco di sguardi tra le due porzioni del volto dell’Amazzone diventa così, nelle intenzioni dell’autore, una riflessione sul senso stesso dell’opera d’arte: la sua esistenza, il suo divenire e il suo compiersi attraverso lo sguardo di chi la osserva. “Quando metto uno di fronte all’altro due esemplari identici di una stessa scultura antica non voglio essere l’artefice o il riscopritore di quelle sculture, ma l’osservatore che coglie la distanza che le divide, quindi tutte le possibilità di rapporto o di assenza di rapporto che si determinano tra loro, e tra quell’immagine e noi”, ha spiegato l’artista.

Giulio Paolini, Vis-à-vis (Amazzone) (3) (2019). Su concessione della Fondazione Giulio e Anna Paolini. Foto di Luca Vianello
Giulio Paolini, Vis-à-vis (Amazzone) (3) (2019). Su concessione della Fondazione Giulio e Anna Paolini. Foto di Luca Vianello

“Poche volte nella mia lunga carriera sono stato così felicemente sorpreso dall’apprendere che una mia opera trovasse dimora in un luogo così perfettamente consonante con la sua stessa natura”, ha aggiunto. “Non avrei potuto immaginare un contesto più affine, e di questo desidero ringraziare coloro che hanno fortemente desiderato e voluto realizzare questa particolare acquisizione”.

“La recente apertura del Museo Griffo al dialogo tra collezioni di arte antica e contemporanea, grazie all’acquisizione di una serie di fotografie di Claudio Gobbi, un progetto realizzato da ruber.contemporanea e curato da Giusi Diana con il sostegno di ”Strategia Fotografia 2023“, promosso sempre dalla Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura, ha dato avvio ad una piccola ma raffinata sezione museale, da arricchire con opere di riconosciuti artisti italiani e internazionali che abbiano nella loro poetica un continuativo rapporto con l’antichità classica. Doveroso iniziare da Giulio Paolini, uno degli artisti italiani più riconosciuti a livello internazionale che, fin dagli anni Settanta, ha coltivato nelle sue opere un preciso rimando all’antichità classica, in particolare grazie alla presenza di calchi di statue antiche”, ha dichiarato Roberto Sciarratta, Direttore del Parco Archeologico.

“Le due opere, apparentemente distanti: un capolavoro della ceramografia attica e l’enigmatica opera di uno dei massimi esponenti dell’arte concettuale internazionale; attraverso assonanze iconografiche, si accendono al nostro sguardo di inedite suggestioni, che vanno nella direzione della percezione di quella comune ”inattualità“ che per Giulio Paolini è la ”disposizione generale costante dell’Arte", affermano i curatori Giusi Diana e Antonio Leone.

Cratere attico a figure rosse del Pittore dei Niobidi (460 a. C.) e Giulio Paolini Vis-à-vis (Amazzone) (3) 2019, Su concessione di Museo Archeologico Pietro Griffo, Agrigento
Cratere attico a figure rosse del Pittore dei Niobidi (460 a. C.) e Giulio Paolini Vis-à-vis (Amazzone) (3) 2019. Su concessione di Museo Archeologico Pietro Griffo, Agrigento

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