Musei chiusi, CISL: “per riaprirli dovremo aspettare che i contagi calino, e programmare”


Continuano le nostre conversazioni con i sindacati del pubblico impiego dei beni culturali, sul tema delle chiusure dei musei. Oggi parliamo con i coordinatori nazionali di CISL FP Ministero della Cultura.

Prosegue la nostra conversazione con i sindacati della pubblica amministrazione dei beni culturali sul tema delle chiusure dei musei. Oggi parliamo con Valentina Di Stefano e Giuseppe Nolè, coordinatori nazionali di CISL Funzione Pubblica Ministero della Cultura.

La Galleria degli Uffizi
La Galleria degli Uffizi

Sulle chiusure dei musei, si è detto che la decisione è stata presa per limitare le occasioni di contagio, ma ci sono studi che affermano che, in osservanza delle misure di contenimento del contagio, sono i luoghi più sicuri in assoluto, e del resto l’esperienza della Spagna (dove diversi musei non hanno mai chiuso) insegna che l’apertura dei luoghi della cultura poteva tranquillamente convivere con il contenimento del Covid-19. Qual è la vostra posizione in merito al tema delle chiusure indiscriminate dei musei?

Le chiusure dei musei sono state una misura dolorosa ma cautelativa del Governo, per limitare il più possibile le occasioni di contagio. In una fase in cui ancora si contano centinaia di morti al giorno bisogna tenere alta la guardia e tentare di proteggere lavoratori e pubblico. Se è vero che nei musei si possono limitare i rischi, contingentando gli accessi, è pur vero che la sanificazione di spazi con opere molto delicate comporta difficoltà e costi enormi.

Perché secondo voi non è stata fatta almeno differenza tra musei grandi e piccoli? Ci sono musei grandi e molto gettonati nei centri storici delle grandi città (come gli Uffizi, il Museo Egizio di Torino o i musei civici di Venezia, per esempio), ma ci sono anche piccoli musei di provincia, facilmente raggiungibili dal pubblico e dai lavoratori, e già poco visitati di loro.

Non esistono grandi e piccoli musei. I musei sono presidi territoriali di cultura e democrazia e per questo sono tutti preziosi e importanti. Si potrebbe iniziare a lavorare per la riapertura delle aree archeologiche e i giardini storici che si sviluppano su ampi spazi aperti. Per le riaperture dei musei bisognerà aspettare che i contagi calino e programmarle in relazione ai cambi di colore delle varie regioni, misura quest’ultima che quando fu introdotta ha riscontrato il nostro favore.

Per le grandi città si è detto che il problema è soprattutto nei trasporti e riguarda in particolar modo i lavoratori. Avete mai chiesto al ministero o agli enti che gestiscono i musei di far rimborsare ai dipendenti viaggi con mezzi propri onde evitar di far prender loro i mezzi pubblici?

Con il Ministero stiamo tentando di lavorare ad un welfare per i nostri lavoratori ma non è semplice perché fino a prima della pandemia le risorse erano sempre ridotte. Tanti colleghi risiedono lontano dai luoghi di lavoro e per molti sarebbe difficoltoso utilizzare mezzi propri. Per questo ci è sembrato prioritario chiedere la vaccinazione dei lavoratori del MiC che operano negli uffici e nei luoghi della cultura a contatto con il pubblico e che sono stati riaperti perché erogano servizi essenziali e stanno rispondendo ad esigenze specifiche, come ad esempio i colleghi degli archivi e delle biblioteche.

Ci sono stati dipendenti pubblici che hanno chiesto al vostro sindacato di aprire i musei? E se sì, in quale percentuale?

Non siamo in grado di stimare una percentuale. Sicuramente molti colleghi sono dispiaciuti e rattristati di questa chiusura prolungata e ce lo hanno manifestato in diversi modi. C’è anche da dire che nei nostri musei le attività in questi mesi non si sono mai fermate. Il personale ha continuato a garantire la sorveglianza e si è colta l’occasione per rivedere i percorsi museali, portare avanti lavori di restauro, manutenzione e conservazione delle collezioni; inoltre si è dato grande impulso alle attività di digitalizzazione ed alla comunicazione digitale (un caso è emblematico è il bellissimo lavoro fatto dai colleghi del Museo Archeologico di Venezia oppure della Galleria degli Uffizi).

Secondo voi cosa bisogna fare per aprire un museo in sicurezza?

Nei primi 15 giorni del maggio 2020 le Organizzazioni sindacali e il Ministero hanno lavorato alacremente per stilare un protocollo per la riapertura di musei, archivi e biblioteche avvenuta gradualmente poi dal 18 maggio 2020. Quel protocollo è, a nostro giudizio, un ottimo punto di partenza. Il continuo confronto tra datori di lavoro e sindacati a livello di ogni singolo istituto ha poi permesso dei continui aggiornamenti e miglioramenti dello stesso. Per noi l’applicazione di quel protocollo è garanzia di sicurezza per i visitatori e per i lavoratori. Oltre a questo crediamo che incentivare il sistema delle prenotazioni, come stanno facendo biblioteche e archivi, potrebbe essere un sistema utile per una migliore gestione dei flussi.

Avete fatto o state facendo pressioni sul ministero della cultura per chiedere di riaprire tutto il prima possibile, logicamente in sicurezza e nel rispetto dei protocolli vigenti?

Siamo convinti che una delle priorità per riaprire quanto prima i musei, oltre al rispetto dei protocolli di sicurezza, sia anche quello di mettere in sicurezza i lavoratori che ogni giorno sono a contatto con decine di persone. Abbiamo a più riprese chiesto di inserire i lavoratori dei musei e di tutti i luoghi della cultura, servizi essenziali ai sensi della L. 146/1990, nel piano vaccinale insieme a tutte le altre categorie dei servizi pubblici. Per ora però la nostra richiesta è ferma al Ministero della Salute.


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