Direttore o direttrice? Per il MiC, i direttori dei musei sono sempre al maschile


Per il Ministero della Cultura, i musei hanno direttori o direttrici? Al momento, tutti i responsabili delle istituzioni ministeriali sono declinati al maschile, anche se sono donne. E nel MiC peraltro ci sono tante donne in posizioni apicali.

La polemica che si è scatenata a seguito delle parole pronunciate durante il Festival di Sanremo dalla direttrice d’orchestra Beatrice Venezi (che ha affermato di preferire d’esser chiamata con la formula “direttore d’orchestra”, al maschile) ha fatto discutere molto anche il settore dei beni culturali, data la presenza di moltissime direttrici di musei, biblioteche, archivi e, in generale, di donne in posizioni apicali.

Si dice che la parità di genere passi anche attraverso l’utilizzo delle desinenze che indicano il genere della professione: ma in che modo si comporta la massima istituzione culturale italiana, ovvero il Ministero della Cultura? È facile verificare scorrendo il sito web del MiC: sembra che il Collegio Romano pratichi ancora l’utilizzo della forma neutra inclusiva al maschile (una consuetudine che tuttavia viene sempre più messa in discussione). Questo almeno nelle principali pagine istituzionali, laddove viene presentata l’organizzazione del ministero.

Ecco dunque che musei come le Gallerie Estensi, le Gallerie Nazionali d’Arte Antica, i Musei del Bargello, i Musei Reali di Torino, il Complesso Monumentale dei Girolamini, la Galleria Borghese (tutti diretti da donne), per il MiC hanno un “direttore” e non una “direttrice”. Lo stesso vale per i direttori dei Segretariati Regionali, delle Direzioni Regionali Musei, delle Soprintendenze, nonché per il Sottosegretario di Stato: anche in questo caso la carica è declinata al maschile nonostante la persona che la ricopra sia una donna, Lucia Borgonzoni.

Beatrice Venezi
Beatrice Venezi

Linee guida per un linguaggio di genere?

Il MiC non ha ancora adottato delle linee guida per un linguaggio di genere. Altri ministeri però lo hanno fatto: è il caso, ad esempio, del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, che in occasione della Giornata della Donna del 2018 presentava le “Linee guida per l’uso del genere nel linguaggio amministrativo”, disponibili in formato PDF sul sito del MIUR. Nelle linee guida, il “maschile neutro” viene indicato come “definizione davvero infelice”: “il genere grammaticale neutro in italiano non esiste”, spiega la guida, “e il genere grammaticale maschile è, appunto, maschile, quindi in riferimento a esseri umani evoca quelli di sesso maschile. Sempre lo stesso documento richiama alla necessità di ”usare un linguaggio non discriminatorio", una necessità che è peraltro sempre più oggetto di atti ufficiali. Di conseguenza, argomenta la guida, occorrerebbe adoperare i sostantivi di genere femminile quando grammaticalmente possibili. Si dirà pertanto “la ministra” se a ricoprire l’incarico è una donna, e non “il ministro” o “la ministro”.

“L’assegnazione e l’accordo di genere in italiano, come in altre lingue”, spiegano le linee guida, “non avvengono secondo meccanismi casuali o la libera scelta di chi parla, ma si collegano a regole (semantiche e formali) di portata generale che si acquisiscono fin dalla prima infanzia. Se queste regole non vengono rispettate si possono creare fraintendimenti o difficoltà nella comprensione del testo perché se ne indebolisce la compattezza strutturale. E non c’è nessuna ragione di tipo linguistico per riservare ai nomi di professione e di ruoli istituzionali un trattamento diverso”. Quanto ai plurali, poiché in italiano non esiste una desinenza inclusiva per entrambi i generi, le linee guida suggeriscono di specificare sia maschile e femminile: è dunque preferibile evitare di dire solo “i direttori”. Al contrario, sarà più opportuno scegliere formule come “i direttori e le direttrici” o “le direttrici e i direttori”, con gli aggettivi concordati al maschile come prevede la grammatica italiana (per esempio “le direttrici e i direttori sono stati premiati”).

Certo, ci sarebbe da obiettare che non sempre queste regole vengono seguite: al momento, infatti, la ministra dell’Università e della Ricerca, Maria Cristina Messa, sul sito del MIUR viene presentata come “ministro Maria Cristina Messa”. Mentre nel testo di presentazione delle linee guida, la ministra che le aveva promosse, Valeria Fedeli, utilizzava la corretta forma al femminile. Che dunque anche il genere di un sostantivo... dipenda dai governi? Ma soprattutto, la domanda che occorrerebbe farsi è: perché ci sono tanti ambiti in cui non si può serenamente adoperare il femminile?

Le direttrici di alcuni musei nel sito del MiC
Le direttrici di alcuni musei nel sito del MiC


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