Dobbiaco, abbattuto lo storico Hotel Post. Era stato anche tra i Luoghi del Cuore FAI


A Dobbiaco, in Alto Adige, è stato abbattuto lo storico Hotel Post, edificio in stile asburgico degli anni Venti. Al suo posto sorgerà un complesso commerciale.

L’Hotel Post di Dobbiaco, in Alto Adige, non esiste più: è stato infatti completato l’abbattimento della struttura, al suo posto sorgerà un complesso commerciale. Si chiude così una vicenda cominciata otto anni fa, quando la società immobiliare Mc di Treviso, proprietaria dell’edificio, aveva presentato il progetto di demolizione e ricostruzione. Il Post non aveva vincoli di carattere storico o culturale, e di conseguenza la società, ottenute le autorizzazioni del caso, ha potuto procedere con l’abbattimento. Il sindaco di Dobbiaco, Martin Rienzner, aveva parlato di problemi di sicurezza e quindi di necessità di procedere alla demolizione. “L’Hotel Post è chiuso da dieci anni e sono nati sicuramente problemi di sicurezza”, dichiarava il primo cittadino, la scorsa settimana, all’emittente altoatesina RTTR, “perché prima o poi l’edificio sta crollando [sic], quello è il problema. Le decisioni fatte per tirar giù l’Hotel Post sono state fatte nel 2012, sono passati otto anni, è stata fatta tre anni fa una raccolta firme, però fermi lì. Adesso che abbiamo iniziato i lavori metà Italia si mette in piedi per discutere dell’Hotel Post, che ha passato tutte le procedure che doveva passare”.

Secondo il progetto, il nuovo edificio sarà arretrato di sei metri rispetto: ci saranno negozi e i piani alti avranno sempre carattere alberghiero. Rimane il fatto che un edificio storico non esiste più: l’Hotel Post, che sorgeva nella piazza centrale del borgo, davanti alla parrocchiale, era infatti sorto sulle macerie della prima guerra mondiale, ed era un edificio in armonioso stile asburgico, forte di cento anni di storia.

“Mi chiedo perché”, ha continuato il sindaco Rienzner, “tanta gente che si è mossa adesso non si è mossa otto anni fa, o magari anche prima: adesso quando il treno è partito è inutile lamentarsi, si doveva fare prima, adesso è così”. Ma in realtà non è vero che nessuno, anche negli anni passati, si sia mosso: lo stesso primo cittadino ha menzionato la raccolta firme per salvare l’Hotel, organizzata dallo storico dell’arte Francesco Vincenti e che era stata in grado di raccogliere 4.400 firme, addirittura più degli abitanti di Dobbiaco (che ne conta 3.360). “L’Hotel Post, costruito sui ruderi di un antico albergo subito dopo la fine della Prima Guerra Mondiale”, si leggeva nel testo della petizione, “è una struttura alberghiera di notevole pregio storico ed estetico e attraverso fotografie e cartoline d’epoca può essere restaurata e portata al suo antico splendore nonché adeguata ai più moderni comfort bioenergetici. Il progetto presentato ai fini della vendita prevede la totale demolizione e una ricostruzione che pone molti interrogativi estetici. Si chiede in prima istanza il rispetto dell’antica struttura alberghiera o almeno varianti rispetto al progetto presentato”.

E per salvare la struttura si erano mosse anche personalità della cultura, su tutti Vittorio Sgarbi, che già tre anni fa denunciava la fine che avrebbe potuto fare l’hotel, e che nei giorni scorsi era tornato sull’argomento con alcuni interventi infuocati, sia sui suoi account social, sia sulla stampa. “È evidente a tutti”, ha scritto Sgarbi su Il Giornale il 18 novembre, “che distruggere un dipinto di De Chirico, di Picasso o di Morandi del 1920 sarebbe inconcepibile, mentre può accadere tranquillamente che si abbatta un edificio di quello stesso anno, di 100 anni fa, con l’aggravante che questo avviene sotto gli occhi di tutti, nell’indifferenza delle autorità competenti, del presidente della Regione, degli Assessori, della Sovrintendente, e con la complicità del sindaco di Dobbiaco, Martin Rienzner, appena eletto ma già candidato a degno successore di Ciancimino”.

“La piazza antistante la Chiesa barocca di Dobbiaco”, continuava Sgarbi, “è un luogo che ha da cento anni - spazio pubblico di percezione immateriale condivisa, come ogni piazza storica, al di là della proprietà privata, come un palazzo in piazza delle Erbe a Verona - una dimensione estetica unitaria, con il vecchio ufficio postale, ora restaurato, e gli antichi alberghi di fronte all’Hotel. L’aspetto della piazza, ad evidenza, risponde ai canoni dell’Impero Austroungarico, e questa identità storica doveva essere salvaguardata nella sua unitarietà, compreso il volume e l’ingombro dell’Hotel Post. Lo capirebbe un bambino, che studia alla scuola elementare. Il sindaco di Dobbiaco no”. Come si può, si domandava in conclusione lo storico dell’arte, “cancellare tutto questo con uno sventramento che ha un sapore politico e utilitaristico? Il progetto che l’immobiliarista vuole realizzare è, a mio giudizio e non solo, una pessima sostituzione. Lo sventramento non è necessario, la chiesa di San Giovanni non è mai stata visibile nella sua interezza. Nemmeno filologicamente ha senso questo intervento urbanistico! Una maggior visibilità del campanile è un pretesto che ha un costo estetico troppo grave. La valorizzazione dei monumenti non la si fa isolandoli dal contesto. È un concetto superato dal dopoguerra”.

L’Hotel Post era entrato a far parte anche dei Luoghi del Cuore del FAI: pochi voti, una quarantina, quindi non sufficienti a permettere il salvataggio dell’edificio, ma comunque un’altra azione che dimostra attenzione verso la struttura (“è uno scandalo”, ha commentato Simona Kettmeir, presidente della delegazione del FAI di Bolzano). E poi ancora altri interventi a difesa del Post da parte di personalità non solo della cultura (nelle ultime settimane si sono mossi, tra gli altri, Giulio Tremonti e Franco Debenedetti), interrogazioni parlamentari. Il giornalista del quotidiano Alto Adige Paolo Campostrini, in un suo articolo, punta l’indice anche contro il mancato coinvolgimento della cittadinanza: “A Dobbiaco è un rimpallo di responsabilità. Il sindaco, Martin Rienzner, alza le mani e scarica sui suoi precedessori («è una storia, questa del Posta che dura da dieci anni»), l’assessore provinciale, competente per il patrimonio, Massimo Bessone, si proclama innocente e passa la palla all’assessora competente per l’urbanistica, Maria Hochgruber Kuenzer; la quale fa lo stesso e riscarica sulla Sovrintendenza, sempre provinciale. Che a sua volta non ha posto vincoli in capo al Posta. Insomma, una Provincia che neanche Pilato a Gerusalemme. Con la differenza che, a differenza del proconsole della Giudea prima di lavarsi le mani, non ha neppure chiesto al popolo cosa avrebbe voluto scegliere tra il Posta e i privati. Ha scelto di non scegliere e neppure di far scegliere. E ora tutti hanno pronto l’asciugamano per detergersi”. Ma ormai è tutto inutile, il Post non esiste più: vedremo quali saranno i prossimi passi di chi non voleva l’abbattimento.

Dobbiaco, abbattuto lo storico Hotel Post. Era stato anche tra i Luoghi del Cuore FAI
Dobbiaco, abbattuto lo storico Hotel Post. Era stato anche tra i Luoghi del Cuore FAI


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