Londra, alla National Gallery le “Ballerine russe” di Degas diventano le “Ballerine ucraine”


La National Gallery di Londra cambia il titolo di un'opera di Edgar Degas: le “Ballerine russe” diventano “Ballerine ucraine”. Ma non è politically correct: ci sarebbero basi solide. La questione è semmai scientifica: favorire l'accuratezza o il titolo storicizzato?

La National Gallery di Londra ha deciso di cambiare il titolo di un pastello di Egdar Degas (Parigi, 1834 - 1917): le Ballerine russe, opera eseguita attorno al 1899 che peraltro non fa parte di quelle esposte al pubblico, diventa Ballerine ucraine sulla scorta degli eventi che si stanno verificando in Ucraina. Il perché di una scelta che di sicuro farà molto discutere è stato spiegato al Guardian da un portavoce del museo di cui non viene fornito il nome: “Il titolo di questo dipinto”, ha spiegato l’addetto della National Gallery, “è stato discusso per molti anni ed è stato trattato nella letteratura accademica; tuttavia c’è stata una maggiore attenzione su di esso nell’ultimo mese a causa della situazione attuale, quindi abbiamo ritenuto che fosse un momento appropriato per aggiornare il titolo del dipinto per riflettere meglio il soggetto del dipinto”.

La questione era stata portata all’attenzione della National Gallery circa un mese fa, poco dopo l’inizio della guerra in Ucraina. La decisione è stata accolta con favore dagli ucraini che lavorano nel settore dell’arte nel Regno Unito: “Capisco che il termine ’arte russa’ sia diventato un termine generico facile, utile”, ha dichiarato al Guardian Mariia Kaščenko, fondatrice dell’associazione Art Unit, “ma ora è davvero importante fare le cose per bene. Come persona ucraina, in passato ci sono stati tempi in cui sono stata chiamata russa, o in cui l’eredità ucraina era descritta come russa”. E c’è chi auspica ulteriori iniziative come quella del museo: “Ogni viaggio in una galleria o in un museo a Londra con mostre sull’arte o sul cinema dell’Unione Sovietica”, sottolinea Olesya Khromeychuk, direttrice dell’Istituto di cultura ucraina a Londra, “rivela un’errata interpretazione deliberata o semplicemente pigra della regione come una Russia senza fine; proprio come vorrebbe vederlo l’attuale presidente della Federazione Russa. I curatori non hanno problemi a presentare l’arte e gli artisti ebrei, bielorussi o ucraini come russi. In una rara occasione in cui un ucraino non viene presentato come russo, potrebbe essere presentato come ’nato in Ucraina’, come nel caso del regista Oleksandr Dovzhenko, in una delle principali mostre sull’arte rivoluzionaria a Londra”.

Edgar Degas, Ballerine ucraine (1899 circa; pastello e carboncino su carta da lucido stesa su carboncino, 73 x 59,1 cm; Londra, National Gallery, inv. NG6581)
Edgar Degas, Ballerine ucraine (1899 circa; pastello e carboncino su carta da lucido stesa su carboncino, 73 x 59,1 cm; Londra, National Gallery, inv. NG6581)

La domanda che adesso tutti si fanno è: ha senso questo cambio di nome? La materia, come spiega il museo, è stata in effetti già affrontata nella letteratura scientifica, anche perché il pastello di Degas conservato a Londra non è l’unico sul tema. A sollevare il problema della corretta identificazione di queste ballerine di Degas era stata, già nel 1987, la studiosa Lisa R. Bixenstine nella sua tesi di dottorato alla Ohio State University. Secondo Bixenstine, le donne raffigurate da Degas nei suoi pastelli sul tema non dovrebbero essere genericamente identificate come “russe”: si tratterebbe in realtà di donne ucraine, riconoscibili per via dei vestiti che sono quelli tipicamente indossati dalle suddette durante i matrimoni estivi. Verso la fine dell’Ottocento, diversi editori parigini, ha scritto poi lo studioso Paul Hays Tucker nel catalogo della Robert Lehman Collection del Metropolitan di New York pubblicato nel 2009, “produssero album fotografici con diversi costumi tradizionali della Russia, mostrando donne ucraine con lo stesso abbigliamento di quelle disegnate da Degas”.

Ci sarebbero poi le movenze che, ha spiegato la storica della danza e scrittrice Joan Lawson, ricorderebbero alcune danze tradizionali dell’Ucraina basate sui movimenti degli animali (“saltare, trottare, imitare il movimento del cavallo imbizzarrito e del cavallo imbrigliato”). E ci sarebbero poi ragioni politiche alla base dell’interesse di Degas: “molti francesi”, ha spiegato ancora Tucker, “rispettavano gli ucraini per aver conservato la loro cultura e le loro tradizioni nonostante secoli di repressione, incluse le persecuzioni dei russi nel tardo XIX secolo, quando lo zar Alessandro II dichiarò orgoglisamente la lingua ucraina obsoleta. Una tale tenacia avrebbe impressionato Degas, poiché suggeriva la forza e la resistenza di un’antica civiltà. Deags non era molto interessato alla politica, ma è difficile pensare che non avrebbe apprezzato la forza del popolo ucraino, soprattutto dopo il riscaldamento delle relazioni diplomatiche tra Francia e Russia negli ultimi due decenni del secolo”. Andrà inoltre notata una curiosa coincidenza, ovvero i colori dei nastri indossati dalle protagoniste del pastello: sono il giallo e il blu della bandiera dell’Ucraina. Anche se quest’ultima fu adottata come bandiera ucraina solo nel 1918 all’epoca della proclamazione della Repubblica Nazionale dell’Ucraina Occidentale, quindi una ventina d’anni dopo la realizzazione dell’opera, il giallo e il blu erano già ampiamente utilizzati in precedenza (per esempio dai cosacchi del Mar Nero).

Non sappiamo dove Degas poté aver visto le sue ballerine, russe o ucraine che fossero (va rimarcato che non c’è la certezza assoluta sull’origine delle protagoniste del suo pastello): forse le vide in azione alle Folies Bergère (dove negli anni Novanta dell’Ottocento si esibivano danzatrici provenienti dall’Europa dell’est in abiti tradizionali), anche se non ci sono prove della sua frequentazione del noto locale parigino, oppure poté vedere i film dei fratelli Lumière sui ballerini russi, oppure ancora si lasciò ispirare da una qualche rappresentazione teatrale che poté aver visto all’Opéra di Parigi. Lo studioso Jean Sutherland Boggs, per esempio, suggerì che la fonte di Degas porebbe essere stata la rappresentazione dell’opera Boris Godunov di Musorgskij, rappresentata a Parigi nel 1909: Sutherland Boggs proponeva dunque di posticipare la datazione della serie delle ballerine di Degas, ipotesi che oggi è stata superata in favore della datazione al 1899 circa, dal momento che esiste un documento di quell’anno che parla di “tre pastelli che rappresentano donne in costumi russi con fiori nei capelli, collane di perle, camicie bianche, gonne in colori accesi e stivali rossi che danzano in un paesaggio immaginario, ma realistico”. Contro l’identificazione delle donne come ucraine giocherebbe l’acconciatura: le donne ucraine erano solite raccogliere i capelli in lunghe trecce, mentre Degas le raffigura coi capelli sciolti, ma potrebbe trattarsi di una sua licenza, un riflesso, spiega Tucker, della sua “fascinazione personale nei confronti dei capelli delle donne e delle loro possibilità espressive”. La poca accuratezza di Degas si evince anche dal fatto che le danze tradizionali ucraine presupponevano che le donne si muovessero all’unisono, cosa che non accade nei suoi pastelli.

In definitiva, siamo di fronte a ballerine russe o ucraine? La National Gallery non ha dubbi e ha già aggiornato la scheda del dipinto sul proprio sito: “sono quasi certamente ucraine e non russe”, e sarebbero riconoscibili per via del loro abbigliamento tradizionale e per il modo in cui si muovono. Rimane per ora più prudente il Metropolitan Museum di New York che conserva altri due pastelli della serie e non ha cambiato i titoli (che per adesso rimangono Russian dancers e Russian dancer): l’istituto americano si limita a riportare il parere di David Bomford, che in un catalogo di una mostra su Degas tenutasi alla National Gallery di Londra nel 2004 affermò che le ballerine della serie “sono probabilmente ucraine o slave”, e quello di Lisa Bixenstine che “specifica che le ballerine erano ucraine”. A spiegare tuttavia l’equivoco sul titolo era stata, sul sito del Getty Museum nel 2016, la storica dell’arte Alessandra Nardi: “nonostante l’unicità della cultura ucraina, le ballerine venivano chiamate generalmente ’ballerine russe’ perché la maggior parte dell’Ucraina all’epoca faceva parte dell’impero russo. Inoltre, lo zar Alessandro II, che regnò dal 1851 al 1881, portò avanti una politica di russificazione in tutto l’impero, costringendo le comunità russe ad abbandonare la loro cultura e la loro lingua in favore di quelle russe”. L’idea di rinominare l’opera (anche se per decenni è stata identificate come Ballerine russe e così veniva chiamata anche dai contemporanei di Degas) non è pertanto un atto di revisionismo ma un tentativo di rendere la sua identificazione più accurata. Va anche detto che, nonostante il dibattito sull’identificazione delle protagoniste, nessuno finora aveva cambiato il titolo, e di certo questa modifica non può non essere ritenuta frutto del clima attuale. Ad ogni modo, date le basi su cui il cambio di denominazione si fonda, è difficile ritenerlo semplicemente frutto di politically correct. Semmai si tratta di una questione squisitamente scientifica: favorire l’accuratezza o mantenere la denominazione storicizzata? La comunità scientifica avrà di che discutere.


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