Vladimir Kartashov, l'artista russo che porta il suo cyberbarocco alla Scala di Milano. L'intervista


Vladimir Kartashov, artista russo di 26 anni, si sta imponendo come giovane rivelazione della pittura e ha appena finito di dipingere un suo grande telero “cyberbarocco” per il ristorante Il Foyer del Teatro alla Scala di Milano. Lo abbiamo raggiunto per un’intervista.

Dalla Russia all’Italia dove si è subito fatto notare nonostante la giovanissima età: parliamo di Vladimir Kartashov, artista russo nato nel 1997 a Novosibirsk, in Siberia. Si è trasferito giovanissimo nell’estremo oriente della Siberia, a Magadan, crescendo da solo, in mezzo al nulla, solo con sua nonna e con un collegamento a internet. Si è poi spostato a Mosca per formarsi all’accademia, e ha lasciato la Russia poco dopo l’inizio della guerra con l’Ucraina, trovando rifugio in Italia, dove attualmente vive e lavora (a Pietrasanta). Nella sua pratica artistica, Kartashov crea copie del mondo virtuale e le integra nella routine quotidiana. I principali temi di interesse sono la trasformazione della nostra memoria culturale su Internet e la nascita di una nuova mitologia legata alla rete, il tutto in uno stile che si potrebbe definire “cyberbarocco”: effetti glitch su supporti tradizionali, personaggi fantasy idealizzati, cambi di angolazione come fossero dovuti a “ritardi” delle comunicazioni digitali sono solo alcune delle tecniche che consentono a Vladimir di infrangere la percezione tradizionale della prospettiva e rivelare la diversità di una nuova realtà generata dagli utenti. Dopo aver esposto le sue opere in una personale d’esordio che si è tenuta presso The Project Space a Pietrasanta, Kartashov ha ricevuto la prima commissione importante: un dipinto per il soffitto del ristorante Il Foyer al Teatro alla Scala di Milano. In quest’opera, la prospettiva converge al centro, creando effetti tridimensionali che si ispirano agli affreschi del Seicento, ma traducendoli nel contesto della modernità, instaurando parallelismi tra tendenze storiche e le sfide affrontate dalla società contemporanea nelle dinamiche delle interazioni online. Queste immagini simboleggiano diversi aspetti della vita e della morte, enfatizzando la tendenza barocca a rappresentare forti contrasti. Lo schema tematico narra storie di grandi tragedie o celebrazioni tipiche di quell’epoca. Una grande allegoria che riflette il rapido cambiamento delle tendenze nella società moderna, sottolineando la natura temporale della moda e dell’innovazione. Abbiamo raggiunto Vladimir Kartashov per un’intervista in cui ci siamo fatti raccontare la sua esperienza in Italia e questo dipinto che sta finendo di ultimare per il ristorante Il Foyer alla Scala.

Vladimir Kartashov
Vladimir Kartashov

FG. Lei è arrivato in Italia poco dopo l’inizio della guerra in Ucraina. Intanto, come si trova qui da noi? Che accoglienza ha trovato?

VK. Sono arrivato in Italia subito dopo l’inizio della guerra. Sono stato accolto molto bene, mi piace tanto che in Europa, e in Italia in particolare, nessuno dia importanza alla tua origine, a che passaporto hai, ma dà importanza a quello che fai e chi sei – una persona brava o cattiva. L’accoglienza è stata veramente calda e considero l’Italia la mia seconda casa.

Qual è la Sua posizione nei confronti della guerra?

La mia posizione è totalmente negativa. Sono pacifista di carattere, trovo disgustosa e orribile ogni guerra e violenza. Ma quando parliamo dell’Ucraina la cosa diventa molto personale oltretutto. Ho tanti parenti che erano legati all’Ucraina, mia sorella ha vissuto per tanti anni in Ucraina, è una storia molto dura e molto triste, voglio che questa guerra finisca il prima possibile. Sono contrario al regime che si è creato in Russia, contrario alla situazione che si è creata, e mi auguro che la Russia perda questa guerra.

Il Suo lavoro è un trionfo di colori e motivi desunti dalla cultura popolare dei nostri tempi. Quali sono gli artisti che più La ispirano?

Il mio principale scopo artistico è quello di mostrare il tempo in cui viviamo, nelle mie opere cerco di far vedere gioia e felicità, tecnologie moderne, le mie opere devono riflettere la modernità con i mezzi dell’arte tradizionale (olio su tela nel mio caso). Mi piacciono gli artisti del Rinascimento, ho sempre amato la cultura italiana, l’ho studiata per tutta la mia vita, partendo dall’antichità, poi il Medio Evo, l’arte del XX secolo… Se parliamo degli artisti moderni, trovo una vera ispirazione guardando le opere di Kiefer. È un artista di larga scala che fa impressione. La sua mostra al Palazzo Ducale di Venezia mi ha colpito. È fantastico. E poi mi attirano anche Daniel Richter e Neo Rauch, con la loro espressione e la loro monumentalità.

Vladimir Kartashov, Modern opera (2023; tecnica mista su tela, 362 x 636 cm)
Vladimir Kartashov, Modern opera (2023; tecnica mista su tela, 362 x 636 cm)

Nella Sua ultima opera, destinata al soffitto del ristorante della Scala di Milano, vediamo una zucca al centro di un cielo da cui ha origine un’esplosione che investe tutta una serie di oggetti e personaggi. Cosa dobbiamo leggere in questo lavoro?

Nel mio quadro fatto per la Scala ho provato a rivolgermi alla drammaturgia barocca per la quale è molto importante che la trama sia o una grande tragedia oppure al contrario una commedia, nel senso originario e antico dei due termini. Ovvero, nella concezione antica, la tragedia è qualcosa che inizia bene e finisce male. E quindi la commedia è qualcosa che comincia male e finisce bene, per questo la Divina Commedia di Dante si chiama così. Volevo dunque dipingere diversi motivi legati alle opere. Questa macchina che si sta trasformando nella zucca è il motivo della fiaba Cenerentola, una delle mie preferite, dove come ricordiamo la carrozza a mezzanotte si era trasformata in zucca. E anche qui vediamo la macchina, intorno alla macchina c’è la festa, i balli, la musica scorre, la gente vola, però tutto ciò accade solo per un breve periodo, a seguito del quale arriverà la delusione. E quindi questa macchina e tutto quello che c’è intorno non è una esplosione, è una trasformazione che avverrà a mezzanotte. Per me è importante il contesto dei tempi moderni, di internet. La modernità ci impone la regola che dice che non esistono i valori eterni: ogni giorno i valori, la moda, le posizioni subiscono dei cambiamenti. È un fiume violento dove ogni giorno sei una persona diversa. E quindi la macchina che si trasforma in zucca è un’allegoria della modernità, dove tutto cambia e si trasforma.

Il Suo dipinto è dunque una sorta di grande allegoria dei cambiamenti della società. Quali sono i cambiamenti che Lei teme, e come li vive? Quali invece i cambiamenti positivi?

Come detto, mi pongo l’obiettivo di trasmettere quello che vedo intorno a me, ma non assumo nessuna posizione. Quello che entra nel mio occhio diventa arte. Tutti i motivi sono presi dalla realtà che mi circonda. Mi è difficile dire che cosa temo, dare delle risposte sul futuro… per me è importante tenere una distanza ed essere un osservatore, uno strumento, un pennello che riesca a fissare il nostro tempo, ma con la sua unica ottica. La contemporaneità è una realtà che è a cavallo tra online e offline. Io da questa nuova realtà mi aspetto tante cose positive, la gente è diventata più aperta, più globale, mi piace osservare l’evoluzione di tutto quello che capita nell’internet – correnti nuove, e io posso usare tutto questo, navigare liberamente come un delfino nelle onde della rete, prendere da lì tutto quello che mi piace, unire tutto su un’unica tela.

Vladimir Kartashov, Modern opera, dettaglio
Vladimir Kartashov, Modern opera, dettaglio
Vladimir Kartashov, Modern opera, dettaglio
Vladimir Kartashov, Modern opera, dettaglio
Vladimir Kartashov, Modern opera, dettaglio
Vladimir Kartashov, Modern opera, dettaglio
Vladimir Kartashov, Modern opera, dettaglio
Vladimir Kartashov, Modern opera, dettaglio
Vladimir Kartashov, Modern opera, dettaglio
Vladimir Kartashov, Modern opera, dettaglio
Vladimir Kartashov, Modern opera, dettaglio
Vladimir Kartashov, Modern opera, dettaglio
Il dipinto nello studio
Il dipinto nello studio

I personaggi che cadono in mezzo ai cuori neri alludono, da quello che mi pare d’aver capito, alla delusione per gli ambienti virtuali e all’influenza negativa delle mode che girano sul web. Può spiegarci meglio quali sono secondo Lei i rischi che si corrono nella rete?

Nella tela con il ragazzo con i cuori neri c’è un motivo romantico. I cuori neri sono simbolo del fatto che l’amore è duro, pesante. C’è una nuova tendenza legata all’Internet e alle reti sociali – puoi avere contemporaneamente diverse relazioni romantiche nelle reti sociali, ma nello stesso tempo in realtà non avere nessuna relazione. Quindi il ragazzo sul mio quadro è impantanato negli intrighi amorosi e tutti questi cuori lo tirano giù.

La sua opera appare chiaramente ispirata anche ai soffitti dei grandi edifici barocchi. Qual è il Suo rapporto con la storia dell’arte e in particolare con quella italiana?

Mi piacciono i maestri antichi, la classicità, l’artigianato e mi piace unire la cultura della pittura europea con le mie origini, col mio patrimonio culturale natale. Io provengo dalla Siberia, dove la popolazione autoctona non è russa, le radici della mia famiglia stanno nella cultura autoctona, ad esempio ancora ora pratichiamo lo sciamanesimo. Mia nonna è stata la persona che mi ha passato la passione per la mia cultura natale e mi ha trasmesso tutte le conoscenze che aveva. Mi piace essere erede di questa cultura così strana, magica e di poter creare una miscela tra questi elementi. Ad esempio prendere come base una composizione barocca o una composizione classica e aggiungerci gli elementi della mia “piccola” cultura. Adoro l’arte italiana (soprattutto la pittura che mi è più familiare delle altre sfere artistiche) e trovo una vera gioia nel poter sperimentare con dei mix selvaggi dove la pittura classica faccia gli elementi voluminosi come maschere, smile, pattern, facce… è un mix globale – la sovrapposizione di tempi, di culture, una fusione enorme della mia vita, dei miei interessi, della mia formazione. Per creare questo soffitto per la Scala, mi sono ispirato da una parte alle cupole barocche, ma dall’altra anche alle cose che non sono legate al barocco. Da una parte è una composizione con una prospettiva classica come lo dev’essere nel barocco, ma con sovrapposizione dei motivi nuovi, sopra i quali si mettono i pattern voluminosi e tutto quanto torna in una miscela gorgogliante.

Pensa di stabilirsi in Italia oppure crede di tornare in Russia quando la guerra sarà finita?

Quando finirà la guerra, andrò in Siberia nella mia città natale per andare al cimitero sulla tomba di mia nonna, che è morta quando io ero ormai in Italia e non ho potuto venire al suo funerale. Questo per me è molto importante, era la persona la più vicina a me. Ma per quanto riguarda la mia vita, non ho intenzione di ritornare in Russia per viverci. Il mio cuore sta in Italia con l’arte con le persone italiane che mi hanno accolto, con la cultura europea. Appartengo al mondo globale, vorrei viaggiare, vedere il mondo e vivere e lavorare in Italia.


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Federico Giannini

L'autore di questo articolo: Federico Giannini

Giornalista d'arte, nato a Massa nel 1986, laureato a Pisa nel 2010. Ho fondato Finestre sull'Arte con Ilaria Baratta. Oltre che su queste pagine, scrivo su Art e Dossier e su Left.

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