Questa visionaria rappresentazione dell'Inferno dantesco è un'opera del pittore partenopeo ma d'origini spagnole Filippo Napoletano (vero nome Filippo de Llaño, italianizzato in Filippo d'Angelo o Filippo Angeli), risalente al 1620 circa. Oltre a questa versione oggi conservata in collezione privata (è passata in asta nel 2014 da Sotheby's ed è stata venduta per 27.500 euro), ne esiste un'altra conservata nei depositi degli Uffizi, che però a differenza di questa, che è di formato ovale ed è un olio su ardesia, è un olio su tavola di forma rettangolare.
Filippo Napoletano pone i due protagonisti, Dante e Virgilio, sul bordo sinitro della composizione con Virgilio che con un cenno della mano, in modo teatrale, introduce Dante all'atroce visione dei tormenti dei dannati. All'interno di una struttura architettonica ispirata alla Basilica di Massenzio (Filippo fu molto attivo a Roma), dai cui arconi penetra un'infuocatissima luce rossa, vediamo stranissime creature che tormentano i dannati: abbiamo diavoli, cavalli scheletrici, draghi, belve feroci, addirittura un enorme astice che si sta avventando su un dannato. Sulla destra riconosciamo Cerbero, il cane a tre teste, e vediamo la barca di Caronte che sta traghettando alcune anime. L'imbarcazione ha ormai raggiunto la riva dell'Acheronte e alcuni dei dannati iniziano a scendere.
Si tratta di un dipinto che riflette tutto il gusto per il macabro che affascinò molti artisti napoletani (e non solo) del tempo, a cominciare da Salvator Rosa e dalle sue inquietanti opere.
31 agosto 2015
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