Ferrara, la riapertura della Palazzina di Marfisa d'Este: ancora un momento forte del restauro italiano


Ferrara celebra un nuovo capitolo della sua storia artistica: la grande riapertura della Palazzina di Marfisa, dimora rinascimentale della principessa estense, che segna ancora un momento forte del restauro italiano.

La magnifica Ferrara si rinnova ancora. Nel ciclo di una entusiasmante energia di recupero e rilancio dei suoi fascinosi monumenti ora tocca al gioiello della Palazzina di Marfisa l’onore della cronaca e il riallineamento in prima fila degli edifici rinascimentali che fanno della capitale estense una meta unica e quantomai appagante nel quadro della storia dell’arte italiana.

Marfisa (1554 -1608), principessa a vario titolo nell’albo della nobiltà cinquecentesca, era figlia di Francesco d’Este, marchese di Massalombarda e fratello del duca di Ferrara Ercole II; aveva una sorella più giovane, Bradamante, ed entrambe – quasi presagio del rispettivo ruolo intellettuale – ebbero i nomi presi dal poema dell’Orlando Innamorato di Matteo Maria Boiardo, eppoi replicati dall’Ariosto. Nel 1578 morì il loro padre, grande guerriero e nobilissimo principe, ed esse ereditarono molti beni, fra i quali la Palazzina, assegnata a Marfisa, costruita intorno al 1559 nell’ambito di una vasta proprietà urbana. Questo complesso a suo tempo formava una sorta di isola fascinosa comprendente la dimora, la loggia, i vasti giardini, le acque, le fontane e la peschiera, ma pure l’attiguo Palazzo Bonacossi e il Palazzo di Schifanoia. Tutte insieme queste presenze deliziose erano chiamate I Casini di San Silvestro, dal nome di una piccola chiesa poi scomparsa.

Ritratto di Marfisa d'Este eseguito dal pittore ferrarese Mario Capuzzo nel 1938 in occasione dei primi restauri del Barbantini. Si tratta di un riscontro figurativo da altro dipinto di alta epoca, ma il risultato è idealmente convincente. Ecco dunque la presenza di questa “leggiadra et gloriosa donna”, cantata da Torquato Tasso.
Ritratto di Marfisa d’Este eseguito dal pittore ferrarese Mario Capuzzo nel 1938 in occasione dei primi restauri del Barbantini. Si tratta di un riscontro figurativo da altro dipinto di alta epoca, ma il risultato è idealmente convincente. Ecco dunque la presenza di questa “leggiadra et gloriosa donna”, cantata da Torquato Tasso.
L'armoniosa facciata della Palazzina di Marfisa, costruita per lei dal padre Francesco tra il 1556 e il 1560. La straordinaria musicalità della composizione richiama il suo probabile specchiarsi sulle acque del canale della Giovecca, dove il duplice effetto era di certo affascinante. La Palazzina usciva dai canoni palatini delle solenni, benché amabili, cubature rossettiane e si presenta tuttora come un immediato nido d'amore, appena posato sulle erbe dei giardini. Un incantevole effetto, tutto femminile, che ingemma la storia architettonica di Ferrara. Bellissimo il Portale, opera di Lorenzo Quaini di Verona. Foto: Pierluigi Benini
L’armoniosa facciata della Palazzina di Marfisa, costruita per lei dal padre Francesco tra il 1556 e il 1560. La straordinaria musicalità della composizione richiama il suo probabile specchiarsi sulle acque del canale della Giovecca, dove il duplice effetto era di certo affascinante. La Palazzina usciva dai canoni palatini delle solenni, benché amabili, cubature rossettiane e si presenta tuttora come un immediato nido d’amore, appena posato sulle erbe dei giardini. Un incantevole effetto, tutto femminile, che ingemma la storia architettonica di Ferrara. Bellissimo il Portale, opera di Lorenzo Quaini di Verona. Foto: Pierluigi Benini
La Palazzina di Marfisa vista dai giardini, dopo gli attuali restauri. Sul lato occidentale vi è la piccola porta che consente l'attuale accesso per una visita completa e ben guidata degli ambienti interni.
La Palazzina di Marfisa vista dai giardini, dopo gli attuali restauri. Sul lato occidentale vi è la piccola porta che consente l’attuale accesso per una visita completa e ben guidata degli ambienti interni.
Veduta più ravvicinata dell'ingresso. Durante il percorso il visitatore trova la libreria specializzata, ma soprattutto estese didascalie storiche e artistiche che rendono ogni ambiente e ogni arredo veramente parlanti. Foto: Luca Gavagna
Veduta più ravvicinata dell’ingresso. Durante il percorso il visitatore trova la libreria specializzata, ma soprattutto estese didascalie storiche e artistiche che rendono ogni ambiente e ogni arredo veramente parlanti. Foto: Luca Gavagna
La celebre Loggia degli aranci, cosiddetta dalla decorazione pittorica. Questo era il teatro delle feste, delle rappresentazioni, dei concerti e dei balli nella multiforme e instancabile vita di corte condotta da Marfisa. Foto: Luca Gavagna
La celebre Loggia degli aranci, cosiddetta dalla decorazione pittorica. Questo era il teatro delle feste, delle rappresentazioni, dei concerti e dei balli nella multiforme e instancabile vita di corte condotta da Marfisa. Foto: Luca Gavagna

Dopo un brevissimo primo matrimonio, Marfisa sposò nel 1580 Alderano Cybo Malaspina, marchese titolare di Carrara, dal quale ebbe nove figli, tutti nati a Ferrara in quanto la nobile madre non volle mai abbandonare la sua città. La nostra protagonista ebbe dunque un carattere fortissimo: si dedicò ad un ruolo d’eccezione nel mondo culturale d’allora con molte iniziative di convegni letterari, musicali e poetici; e tenendo alta la linea degli incanti ariosteschi anche con gite a Medelana e alle altre delizie, e con rappresentazioni teatrali nei suoi giardini, dove ella stessa recitava e danzava. Mantenne una protezione continua a Torquato Tasso, il quale la ricambiò con versi elogiativi e appassionati (“La natura v’armò bella guerriera”) e non lasciò la Palazzina nemmeno quando entrarono le truppe pontificie per la Devoluzione nel 1598 che segnò la fine del governo ducale. Marfisa fu l’unica estense che non fuggì dalla sua città: trattò alla pari con i legati papali, venendo rispettata e onorata. Ma con la sua morte (1608) e con l’evanescenza della figura di Bradamante, anch’essa oberata da dodici figli, la Palazzina entrò in un lunghissimo abbandono, sino al Novecento.

Il fatto di essere a un certo punto diventata proprietà pubblica, dopo vari tentativi, provocò nel 1938 il grande e appassionato intervento di Nino Barbantini, celebre studioso, il quale procedette a restauri stilistici e arredativi secondo la temperie dell’epoca, acquistando inoltre particolari arredi rinascimentali. Anche questi, benché generosi e limpidamente registrati da Ranieri Varese nel 1980, hanno conosciuto poi un indebolimento di richiamo; così come le mostre tematiche del secondo dopoguerra non sono riuscite a ridare una vita propria all’interessante dimora.

Siamo ora al luminoso rilancio, segnato dall’inaugurazione del 5 settembre. Dal 6 settembre 2025, la Palazzina, con la sua Loggia degli Aranci e i suoi giardini si ripresenta a tutti in splendore inusitato dopo che il Comune di Ferrara, con le alleanze e le altissime consulenze qui chiamate, ha condotto ogni atto per un necessario e bellissimo ripristino. Ha provveduto innanzitutto agli interventi strutturali e antisismici, indi a quelli per l’estesa impiantistica moderna, a quelli attentissimi di riallestimento museale che sono davvero pregevoli e di grande effetto; infine ad ogni accorgimento per i disabili e per i servizi. Per l’intero allestimento a Lucia Angelini va un merito generale di sincera ammirazione. Riavremo così, in ambito davvero europeo, questo straordinario esempio di residenza rinascimentale: memore delle cure del sapiente museologo Barbantini, ma soprattutto del ruolo storico originario che ci farà risentire la presenza e l’afflato della grande Marfisa.

La Sala Grande. È il cuore accogliente e luminoso della dimora. Ancor oggi, dopo gli attenti restauri ci offre lo splendore del pulsante soffitto pittorico, grandiosa elaborazione di Sebastiano Filippi, detto il Bastianino, che al di sopra del ferratissimo fregio stende le pause sospese degli spiritelli augurali eppoi serra il capocielo col fiore centrale: simbolo - si direbbe - di ogni cortesia dell'ambiente. Foto: Luca Gavagna
La Sala Grande. È il cuore accogliente e luminoso della dimora. Ancor oggi, dopo gli attenti restauri ci offre lo splendore del pulsante soffitto pittorico, grandiosa elaborazione di Sebastiano Filippi, detto il Bastianino, che al di sopra del ferratissimo fregio stende le pause sospese degli spiritelli augurali eppoi serra il capocielo col fiore centrale: simbolo - si direbbe - di ogni cortesia dell’ambiente. Foto: Luca Gavagna
Particolare raffinato dei decori a grottesche, dove la schiera dei Filippi si era specializzata sotto l'impulso di Sebastiano. In tutti gli interni della Palazzina troviamo questo legame alla cultura delle grottesche, di grande evidenza archeologica e di richiamo ad una civiltà che qui Marfisa vuole far rivivere con tutta la ricchezza simbolica possibile.
Particolare raffinato dei decori a grottesche, dove la schiera dei Filippi si era specializzata sotto l’impulso di Sebastiano. In tutti gli interni della Palazzina troviamo questo legame alla cultura delle grottesche, di grande evidenza archeologica e di richiamo ad una civiltà che qui Marfisa vuole far rivivere con tutta la ricchezza simbolica possibile.

Chi chiama a questa visita di splendore sono il sindaco di Ferrara, Alan Fabbri, felicemente volitivo e risolutivo, il fervente e impegnato assessore Marco Gulinelli, il Servizio Beni Monumentali del Comune che ha curato il riuso dei materiali antichi, la Fondazione Ferrara Arte guidata da Pietro Di Natale, la Soprintendenza Statale, la Banca BPER per gli arredi e le opere d’arte. Giustamente Gulinelli, ricordando Marfisa, afferma che la sua dimora rimane uno dei luoghi più significativi della memoria cittadina, e con questo progetto la Palazzina torna a essere non solo scrigno di storia, ma anche spazio vivo e accogliente, restituito alla comunità in tutta la sua bellezza.

In realtà occorre ben vedere che, sul piano dell’illuminato turismo d’arte, la Palazzina, con i tesori qui conservati e il suo abbraccio verde, oggi ricompone quel fulcro di particolare e vivissimo interesse della Ferrara orientale intra moenia che fa da perno evolutivo tra l’antica stesura portuale e la nuova addizione erculea, e offre una pagina di storia estremamente preziosa la quale comprende pure il Civico Lapidario, il Palazzo di Schifanoia, il Palazzo Bonacossi con funzioni direzionali, e la chiesa di Santa Maria in Vado: ovvero un capitolo autentico di continuità urbana e di vissuto artistico tra l’antichità e il rinascimento. Così Ferrara riacquista una pagina bella tra le sue bellezze, e la visita all’incantevole nido di Marfisa sarà quantomai appagante negli interni avvolgenti e nei suoi tesori delle sculture, dei dipinti e degli arredi, i quali – insieme agli originali decori murali richiamati al ruolo sprizzante di magico accompagnamento – possono sicuramente far rivivere un’epoca risuonante dei canti e dei ricevimenti della Principessa, e delle strofe che il suo Torquato lasciò come testimonianze di una letteratura che ancor oggi ci affascina.

L'adiacente sala dei Banchetti splende nella propria dichiarata funzione, laddove è la mitologia classica che ostende i molti episodi degli dei e delle dee di estrazione ovidiana. Anche qui come in altre Sale bellissime i riferimenti prognosticali si susseguono quasi instancabilmente. Alle pareti stanno copie energiche di Rubens mentre i tavoli cinquecenteschi testimoniano l'uso precipuo dell'ambiente. Foto: Luca Gavagna
L’adiacente sala dei Banchetti splende nella propria dichiarata funzione, laddove è la mitologia classica che ostende i molti episodi degli dei e delle dee di estrazione ovidiana. Anche qui come in altre Sale bellissime i riferimenti prognosticali si susseguono quasi instancabilmente. Alle pareti stanno copie energiche di Rubens mentre i tavoli cinquecenteschi testimoniano l’uso precipuo dell’ambiente. Foto: Luca Gavagna
Un particolare decorativo della pittura compendiaria di eco pompeiana. Occorre riconoscere il valore di ricerca e la “bella mano” dell'enciclopedia figurativa-decorativa che avvolge l'intera palazzina. I temi sono narrativi ma sempre densi di contrappunti simbolici e astrologici, anche puntuali come in questo esempio. Non si dimentichi il vicino Palazzo di Schifanoia.
Un particolare decorativo della pittura compendiaria di eco pompeiana. Occorre riconoscere il valore di ricerca e la “bella mano” dell’enciclopedia figurativa-decorativa che avvolge l’intera palazzina. I temi sono narrativi ma sempre densi di contrappunti simbolici e astrologici, anche puntuali come in questo esempio. Non si dimentichi il vicino Palazzo di Schifanoia.
La Sala del Camino. L'apparato pittorico qui si fa davvero musica con l'inesausto giro leggero delle erme femminili che reggono le arcatelle vegetali fra le brocche auguranti. Sembra di risentire i versi del Boiardo “divi noi siam che nel sereno eterno, fra serti di fiori e di cristalli meniam perpetui balli”. L'arredo che qui vediamo in piccola parte per verità ci accompagna in ogni stanza con pezzi di meraviglia, tutti autentici, che fanno della Palazzina un'esperienza indimenticabile, sempre invitante e sempre ripetibile. Foto: Luca Gavagna
La Sala del Camino. L’apparato pittorico qui si fa davvero musica con l’inesausto giro leggero delle erme femminili che reggono le arcatelle vegetali fra le brocche auguranti. Sembra di risentire i versi del Boiardo divi noi siam che nel sereno eterno, fra serti di fiori e di cristalli meniam perpetui balli. L’arredo che qui vediamo in piccola parte per verità ci accompagna in ogni stanza con pezzi di meraviglia, tutti autentici, che fanno della Palazzina un’esperienza indimenticabile, sempre invitante e sempre ripetibile. Foto: Luca Gavagna

La cerimonia di presentazione è stata una conferma corale del raggiungimento

di questo felice recupero che ora viene consegnato alla comunità non soltanto cittadina ma italiana, e per questo entra in un patrimonio universale che si offre in cerca d’autore quando ogni visitatore diventerà egli stesso, e davvero, l’innamorato autore capace di ricreare la vita che qui viene declamata in un teatro della realtà, e di coglierne soprattutto l’incantevole femminilità che pervade ogni cosa: dalla confezione architettonica della abbracciante dimora a pianterreno, agli interni comodi e comunicanti, alle luci che guidano con geniale sapienza, agli arredi pittorici e ammobilianti che trasfigurano con l’arte il sogno di una dolcezza che non si lascia abbandonare.

Nel porgere la gradita notizia non vogliamo tralasciare un pensiero di gratitudine a tutti i progettisti, ai restauratori, agli operai, ai giardinieri, che hanno lavorato con volontà e professionalità al recupero generale. Per gli inviti e per la cerimonia inaugurale un ringraziamento speciale ad Anja Rossi, ai suoi collaboratori, ai fotografi del servizio-stampa del Comune di Ferrara.


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L'autore di questo articolo: Giuseppe Adani

Membro dell’Accademia Clementina, monografista del Correggio.



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