Ferrara ebraica, 10 luoghi da conoscere


Un percorso attraverso dieci luoghi emblematici di Ferrara per scoprire la storia millenaria della sua comunità ebraica, le sue tradizioni, i drammatici eventi e il suo contributo alla cultura cittadina.

Ferrara è custode di una storia ebraica straordinariamente ricca e complessa, che affonda le sue radici nel XIII secolo e continua a lasciare un segno indelebile nel tessuto urbano e culturale della città. La presenza ebraica a Ferrara è attestata in modo continuativo fin dal Medioevo, e la sua comunità ebraica è tuttora una delle più antiche e influenti d’Italia. L’epoca d’oro si visse durante il ducato degli Este, quando la corte estense, e in particolare i duchi Ercole I e Ercole II, si distinsero per una politica di accoglienza magnanima, offrendo rifugio a numerosi intellettuali ebrei, specialmente quelli in fuga dalla Spagna nel 1492. Questo periodo fu caratterizzato da un fecondo dialogo culturale tra ebrei e la cultura cristiana maggioritaria.

Tuttavia, la storia non fu sempre di tolleranza. Con il passaggio di Ferrara allo Stato Pontificio nel 1597, la situazione cambiò radicalmente. Dopo l’emanazione di vari editti, nel 1624 iniziò la costruzione del ghetto ebraico, la cui imposizione avvenne pochi anni dopo per i circa 1.500 ebrei residenti in città. Dal 1627 fino all’Unità d’Italia, la comunità ebraica fu segregata e costretta a una reclusione totale dal tramonto all’alba, con periodi di tolleranza intermittente. Il tragico ritorno del ghetto si ebbe con le leggi razziali del 1938, che diedero il via a terribili persecuzioni, culminate nella distruzione di beni e nella deportazione di quasi 200 ebrei tra il 1941 e il 1945.

Nonostante le difficoltà e le tragedie, la comunità ebraica di Ferrara ha continuato a essere attiva e a contribuire alla storia e alla cultura della città. Il suo patrimonio è oggi raccontato e valorizzato attraverso un percorso che include siti storici, religiosi e commemorativi. Per chi desidera approfondire questa affascinante storia di identità, memoria e integrazione, un podcast realizzato dal Comune di Ferrara, con il contributo di Destinazione Turistica Romagna e la collaborazione di Comunità Ebraica di Ferrara, Istituto di Storia Contemporanea e MEIS, offre uno sguardo intimo e approfondito. Di seguito, invece, i 10 luoghi da vedere per conoscere la storia della Ferrara ebraica.

1. Il Ghetto Ebraico

Il quartiere medievale di Ferrara conserva ancora oggi le memorie dell’antico ghetto ebraico, dove la comunità fu segregata dal 1627 fino all’Unità d’Italia. La strada principale di questo quartiere storico era Via Mazzini, che un tempo ospitava i negozi e le attività commerciali e sociali degli ebrei, mantenendo ancora la sua struttura originale. All’imbocco di Via Mazzini, in direzione della Piazza della Cattedrale, si trovava uno dei cinque cancelli che chiudevano il quartiere, e una lapide tra due archi ricorda l’istituzione del ghetto.

Oltre a Via Mazzini, anche Via Vignatagliata, Via Vittoria e Piazzetta Isacco Lampronti costituivano il cuore del quartiere ebraico. Passeggiando tra queste vie, si possono osservare vecchi edifici in cotto, alcuni semplici e altri adornati con portali riccamente decorati o balconi in ferro battuto. Questa zona comprendeva anche la scuola ebraica, dove Giorgio Bassani insegnò durante la segregazione razziale, il vecchio forno delle azzime, l’asilo e l’ospizio. L’istituzione del ghetto fu imposta dallo Stato Pontificio dopo aver ripreso il controllo della città nel 1597. Le leggi razziali del 1938 riportarono, di fatto, il ghetto in funzione, segnando un periodo di terribili persecuzioni per la comunità. Percorrere queste strade significa indagare il fecondo dialogo culturale tra gli ebrei e la cultura di maggioranza, ma anche toccare con mano le memorie di un passato difficile, che rivive anche nei racconti di Giorgio Bassani.

Il Ghetto Ebraico. Foto: Comune di Ferrara
Il Ghetto Ebraico. Foto: Comune di Ferrara

2. Il complesso delle sinagoghe

Il complesso delle sinagoghe è situato in Via Mazzini, al civico 95, nel cuore dell’antico ghetto. La storia di questo luogo sacro risale al 1485, quando il banchiere romano Ser Samuel Melli acquistò una grande casa e la donò alla comunità ebraica ferrarese affinché ne facesse la sede delle proprie istituzioni. All’interno, il palazzo ospita tre sinagoghe. Fino al 2012 ha inoltre ospitato il Museo Ebraico, al secondo piano dell’edificio. L’ex Tempio Tedesco (Ashkenazita), il più grande, è ancora oggi utilizzato per le cerimonie più solenni. Caratterizzato da cinque finestre che illuminano l’ambiente da un cortile interno e grandi medaglioni a stucco con illustrazioni allegoriche dal Levitico, l’ambiente presenta un aron (un armadio sacro) seicentesco in legno scuro. L’ex Tempio Italiano è oggi un salone adibito a conferenze e celebrazioni comunitarie, con tre preziosi aron settecenteschi restaurati. L’Oratorio Fanese, un piccolo tempio del XIX secolo, viene usato per i riti del sabato. La sua porta proviene dalla Sinagoga di Cento e gli interni sono decorati con stucchi, con un pulpito ottocentesco di rilievo. Le sinagoghe furono oggetto di saccheggi e devastazioni durante la Seconda Guerra Mondiale, in particolare nel 1941 e durante l’occupazione nazista nel 1943-44, quando la Scola Italiana fu persino usata come campo di concentramento. Il complesso è chiuso per restauri dal 2012.

Il complesso delle sinagoghe. Foto: Francesco Bini
Il complesso delle sinagoghe. Foto: Francesco Bini

3. Il MEIS – Museo Nazionale dell’Ebraismo Italiano e della Shoah

Il MEIS, Museo Nazionale dell’Ebraismo Italiano e della Shoah, si trova a Ferrara in Via Piangipane, 81. La sua missione principale è narrare oltre duemila anni di storia degli ebrei in Italia, dalle origini ai giorni nostri. Il museo racconta le fasi di integrazione e scambio culturale, così come i periodi difficili, segnati da persecuzione e isolamento, evidenziando un’esperienza comune che riguarda tutti. Il MEIS funge anche da luogo di memoria e riflessione sulla Shoah, promuovendo il dialogo interculturale e il valore della diversità.

La scelta di Ferrara come sede non è casuale: la città racchiude in sé le diverse esperienze della storia millenaria degli ebrei italiani, caratterizzate da un rapporto inestricabile con la città, culminato nella politica di accoglienza della Casa d’Este, ma poi oscurato dall’istituzione del ghetto e dalle persecuzioni nazifasciste. Il museo, aperto con le sue prime sale dal 2011, espone oggetti tradizionali e di culto, numerosi libri e documenti che ricostruiscono la storia della comunità ferrarese. Dopo il terremoto del 2012, gran parte del materiale precedentemente esposto nel Museo Ebraico presso il Complesso delle Sinagoghe di Via Mazzini è stato trasferito al MEIS. Il percorso espositivo include documentazioni sui diversi aspetti della vita ebraica, dalla nascita al matrimonio, fino ai momenti del culto religioso e comunitario.

Il MEIS – Museo Nazionale dell’Ebraismo Italiano e della Shoah. Foto: Finestre sull'Arte
Il MEIS – Museo Nazionale dell’Ebraismo Italiano e della Shoah. Foto: Finestre sull’Arte

4. L’ex scuola israelitica

In Via Vignatagliata, al civico 33, si trova l’edificio che un tempo ospitava l’ex scuola israelitica di Ferrara. Questo luogo rappresenta un importante tassello nella storia della comunità ebraica ferrarese, poiché è in grado di offrire uno sguardo sulle caratteristiche dell’educazione ebraica, dove tradizione e modernità si intrecciavano per formare le nuove generazioni. Originariamente asilo e scuola elementare, questo edificio medievale assunse un ruolo cruciale dopo l’emanazione delle leggi razziali nel 1938. A seguito di queste normative discriminatorie, la scuola divenne l’unico luogo dove tutti gli studenti e gli insegnanti ebrei di Ferrara potevano continuare la loro istruzione.

Tra i docenti di quel periodo figurava un giovane e neolaureato Giorgio Bassani, che insegnò durante la segregazione razziale. La scuola offriva un equilibrio tra sapere religioso e laico, affiancando lo studio della Torah e dell’ebraico alle materie classiche. Questa istituzione era fondamentale per la trasmissione di valori, l’identità culturale e l’apertura verso il mondo. Il suo funzionamento si interruppe nel 1943, con l’arresto degli insegnanti, incluso Bassani, e la conseguente chiusura dell’istituto. Un viaggio in questo luogo permette di comprendere l’unicità di un sistema educativo che ha saputo unire la conservazione dell’identità culturale con la capacità di guardare al mondo esterno.

Ex scuola israelitica. Foto: Wikimedia/Lungoleno
Ex scuola israelitica. Foto: Wikimedia/Lungoleno

5. La Casa di Isacco Lampronti

Sempre al civico 33 di Via Vignatagliata si trova la casa di Isacco Lampronti (Ferrara, 1679 – 1756), illustre rabbino e medico del XVIII secolo, la cui importanza per la comunità ebraica di Ferrara è testimoniata da due lapidi nella stessa via. Lampronti è celebre per la sua opera monumentale, il Pachad Yitzchak, un’enciclopedia halachica che ha profondamente influenzato generazioni di studiosi. Il suo contributo alla giurisprudenza ebraica fu significativo, caratterizzato da una rara combinazione di sapere tradizionale e un approccio scientifico. Isacco Lampronti non fu solo una figura di spicco nel campo religioso e accademico, ma anche un educatore impegnato e un cittadino attivamente coinvolto nella vita civica di Ferrara. In un’epoca di profondi cambiamenti, il suo pensiero mirava a fondere armoniosamente fede, cultura e scienza, rappresentando un esempio di erudizione e modernità. Conoscere la figura di Lampronti attraverso la sua casa e la sua eredità intellettuale offre una prospettiva unica sulla vivace vita culturale ebraica di Ferrara nel Settecento e sull’importanza della trasmissione del sapere di generazione in generazione.

Casa di Isacco Lampronti. Foto: Wikimedia/Lungoleno
Casa di Isacco Lampronti. Foto: Wikimedia/Lungoleno

6. La Colonna di Borso d’Este

La Colonna di Borso d’Este, situata nella Piazza della Cattedrale, nasconde una storia poco conosciuta ma profondamente significativa che intreccia il monumento con la comunità ebraica locale. Questa colonna, eretta in onore del duca Borso, fu costruita utilizzando materiali provenienti dalle tombe di un antico cimitero ebraico. Questo fatto, avvenuto per volere dell’Inquisizione nel XVIII secolo, solleva interrogativi complessi sulla relazione tra potere, memoria e rispetto per le minoranze. La vicenda è un esempio di come la storia ufficiale possa talvolta sovrapporsi e cancellare le tracce di altre culture e memorie.

Tuttavia, Ferrara ha scelto di non dimenticare questo episodio, tanto che una targa è stata posta per simboleggiare la volontà della città di ricostruire i rapporti con la cultura ebraica ferrarese. La colonna su cui siede Borso d’Este, con i suoi strati di lapidi ebraiche provenienti da antichi cimiteri cittadini, è un monito silenzioso che invita a riflettere sulle vicende del passato e sul modo in cui le diverse comunità hanno convissuto nella città. È un luogo che invita a un viaggio tra storia, memoria e le controversie che hanno plasmato il patrimonio culturale di Ferrara.

La Colonna di Borso d’Este. Foto: Wikimedia/Lungoleno
La Colonna di Borso d’Este. Foto: Wikimedia/Lungoleno

7. Il Muretto del Castello Estense

Il Muretto del Castello Estense, in Corso Martiri della Libertà, è il luogo simbolo dell’eccidio del 15 novembre 1943, noto anche come eccidio del Castello Estense, uno degli episodi più drammatici e brutali della storia di Ferrara durante l’occupazione nazifascista. Questo tragico evento vide l’uccisione sommaria di undici civili innocenti, diversi dei quali ebrei, come rappresaglia per l’assassinio di Igino Ghisellini, il federale di Ferrara, avvenuto due giorni prima. Tra le vittime ci fu anche Girolamo Savonuzzi, l’allora ingegnere capo del Comune di Ferrara.

La notizia della morte di Ghisellini, le cui circostanze sono ancora controverse, scatenò una reazione immediata da parte di Alessandro Pavolini al congresso del Partito Fascista Repubblicano a Verona, che ordinò una rappresaglia a Ferrara. Le squadre fasciste arrivarono in città e, nella sera del 14 novembre, arrestarono 74 cittadini ferraresi ritenuti antifascisti o oppositori del regime. All’alba del 15 novembre, dieci di loro furono fucilati davanti al muretto del Castello Estense e sulle mura presso i Rampari di San Giorgio. Un undicesimo civile, Cinzio Belletti, fu assassinato in via Boldini per non essersi fermato all’alt. I corpi delle vittime furono lasciati in esposizione come monito, prima di essere rimossi grazie all’intervento dell’Arcivescovo Ruggero Bovelli. Questo episodio, considerato da alcuni storici il primo eccidio di guerra civile in Italia, è narrato da Giorgio Bassani nel racconto Una notte del ’43 e ripreso nel film La lunga notte del ’43 di Florestano Vancini. Quattro lapidi sul muretto e sulle colonne d’accesso al fossato del castello ricordano l’accaduto.

Il Muretto del Castello Estense
Il Muretto del Castello Estense. Foto: Wikimedia/Lungoleno

8. Il Cimitero Ebraico

Il Cimitero Ebraico di Via delle Vigne, al civico 22, è un luogo carico di storia, memoria e profonda spiritualità per la comunità ebraica di Ferrara. Rappresenta uno dei cimiteri ebraici più antichi d’Italia ancora in uso, con le prime lapidi che suggeriscono un’origine risalente al XVI secolo, sebbene l’area sia stata ufficialmente acquisita solo nel 1626. Il cimitero è un simbolo tangibile della presenza ebraica in città e ospita le sepolture di personaggi illustri, inclusa quella dello scrittore Giorgio Bassani, omaggiato da un monumento realizzato da Arnaldo Pomodoro e Piero Sartogo.

Accessibile tramite un portale in stile liberty del 1912, il cimitero è suddiviso in cinque aree principali che riflettono le diverse acquisizioni nel tempo. Si possono trovare sepolture recenti, lapidi ottocentesche, un’area dedicata alle vittime delle deportazioni, e tracce di un’area settecentesca segnata dalle distruzioni dell’Inquisizione. Delle circa 800 lapidi, molte recano iscrizioni in ebraico, italiano o bilingue. Questo luogo silenzioso e contemplativo ha ispirato lo stesso Bassani, che lo descrisse in modo toccante nel suo romanzo Gli occhiali d’oro, percependo in esso un senso di profonda pacificazione. È qui che Bassani, nella sua reinvenzione letteraria, colloca anche la monumentale e stilisticamente eclettica tomba della celebre famiglia Finzi-Contini, simbolo della loro importanza e delle complesse vicende della comunità.

Cimitero Ebraico di Ferrara. Foto: Wikimedia/Lungoleno
Cimitero Ebraico di Ferrara. Foto: Wikimedia/Lungoleno

9. Casa Bassani

La Casa Bassani, situata nella centrale Via Cisterna del Follo, è l’antica residenza signorile dove Giorgio Bassani, insieme ai genitori e ai fratelli, trascorse la sua infanzia e adolescenza. Questo luogo intimo e profondamente legato alla biografia dello scrittore fu un crogiolo per la sua poesia e il suo alto impegno civile, come ricordato da una lapide affissa dal Comune di Ferrara nel 2009. Bassani lasciò questa casa nel maggio del 1943, quando fu arrestato a causa della sua attività antifascista; dopo il suo rilascio e la clandestinità, la famiglia, scampata ai rastrellamenti tedeschi nascondendosi in un armadio, lo raggiunse a Firenze e poi tornò a Ferrara dopo la guerra. La casa è celebre anche per la grande magnolia che svetta dal muro di cinta del giardino interno, un albero che assume un forte significato simbolico nel famoso componimento bassaniano Le leggi razziali.

Sebbene in alcune sue opere, come Dietro la porta, Bassani collochi la dimora in via Scandiana, l’edificio di via Cisterna del Follo è il fulcro reale e immaginifico della sua produzione. La casa e il suo giardino, con le alte mura e la tartaruga domestica, divennero per Bassani un luogo di confine tra il mondo comune e il mistero, fonte di sogni e incubi. “Era [...] in quelle occhiate lanciate dalle finestre più alte della casa, dagli abbaini più arditi giù a cogliere un segreto, che noi vivevamo con tutta l’anima”, ha scritto Bassani nei suoi diari.

Casa Bassani. Foto: Wikimedia/Lungoleno
Casa Bassani. Foto: Wikimedia/Lungoleno

10. Scuola Spagnola

La Scuola Spagnola di Via Vittoria rappresenta una testimonianza significativa della ricchezza e diversità delle sinagoghe che popolavano Ferrara. Nel XVI secolo, la città contava almeno dieci sinagoghe, sia pubbliche che private, disseminate in diverse vie. Gli ebrei sefarditi, noti come “spagnoli e levantini”, arrivarono a Ferrara nel 1492 su invito del duca Ercole I d’Este, dopo la loro espulsione dalla Spagna. Considerati una “Nazione” distinta dall’amministrazione pontificia rispetto agli ebrei italiani e tedeschi, poterono conservare la propria sinagoga, appunto la Scola Spagnola, in Via Gattamarcia (oggi Via della Vittoria, 41). Questo privilegio fu mantenuto anche dopo che la legislazione pontificia del 1620 impose la presenza di una sola sinagoga in città, portando alla chiusura di altri luoghi di preghiera privati.

Tragicamente, come altre sinagoghe di Ferrara, anche la Scuola Spagnola fu devastata dai nazi-fascisti nel 1944. Oggi la sinagoga è chiusa, e parte dei suoi arredi sono stati trasferiti altrove. La documentazione fotografica ha permesso di ricostruirne le caratteristiche: pareti decorate, un grande aron sulla parete orientale, e una bimah (una sorta di pulpito) separata dall’aron, simile a un castello di poppa di una nave, da cui il rabbino guidava la comunità. Una lapide affissa sul muro esterno commemora l’invito del duca Ercole I nel 1492 e la distruzione della sinagoga nel 1944, simbolo della diffusione della cultura sefardita in Italia ed Europa.

Scuola Spagnola. Foto: Nicola Quirico
Scuola Spagnola. Foto: Nicola Quirico


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