Albert Oehlen, nato nel 1954 a Krefeld, in Germania, è una figura chiave dell’arte contemporanea fin dagli anni Ottanta. La sua arte riunisce opere astratte, figurative, collage ed elementi generati dal computer, e continua a esplorare una diversità inventiva di approcci artistici che spaziano da pennellate espressioniste a gesti surrealisti con un’audacia quasi estrema.
È proprio durante gli anni Ottanta, periodo durante il quale Oehlen studiò alla Hochschule für bildende Künste di Amburgo, che gli artisti cercavano di creare opere che sfidassero la categorizzazione e contraddicessero lo status quo artistico esistente. Oehlen iniziò a farsi conoscere in quanto, come molti artisti attivi in Germania, Svizzera e Austria, si avvicinò al gruppo artistico Neue Wilde o Junge Wilde, iniziando a far coesistere all’interno delle sue creazioni stili astratti e figurativi. L’atteggiamento di Oehlen, con il tempo, passò quindi dal crudo approccio figurativo degli esordi alla combinazione di una certa flessibilità verso le convenzioni e l’astrattismo.
Lungo il suo percorso, ha lavorato entro parametri autoimposti, spesso assurdi: ha usato solo toni di grigio per i suoi dipinti “grigi” e si è limitato al rosso, al giallo e al blu per un’altra serie di quelli che definisce dipinti “cattivi” che includevano il suo famigerato ritratto di Adolf Hitler del 1986. Ha realizzato dipinti con le dita, ha creato collage utilizzando immagini prese dalle pubblicità dei supermercati e, a metà degli anni Novanta, ha abbracciato la manipolazione digitale in opere che definisce, con ironia, dipinti “computerizzati”.
Tutto ciò può sembrare un’accozzaglia mal riuscita di stili e sperimentazioni, quasi come se gli elementi compositivi delle opere facessero a pugni. Che cosa vuole rivelare, quindi, la sua pittura? Tutte le opere si fanno carico del tentativo di liberarsi dalle storie che vengono istintivamente, e culturalmente, connesse a un motivo, un colore, una tecnica, un tocco di mano o una pennellata.
Come afferma lo stesso Oehlen: “[Il dipinto è] una sorta di veicolo per me. È come un kit di costruzione di motivi. In realtà si tratta di un unico motivo, ma con vari elementi di natura diversa. Va dal grafico al pittoresco. Ciò significa che ci sono parti che ti spingono a dipingere di più, a diventare più plastico. Poi ce ne sono altre con una lettera grande e un testo più piccolo e una barra di legno. C’è una testa con cappello da pilota e occhiali. Ma potrebbe anche esserci un terzo occhio, raggi e linee che vanno in profondità, come in [Salvador] Dalí, o le tavole di legno che troviamo nei dipinti di Jörg Immendorff.”
Se Oehlen possiede un metodo, è quello di allontanarsi, pennellata dopo pennellata, dall’eleganza convenzionale, per strizzare l’occhio all’Action painting americana degli anni Cinquanta e all’arte di de Kooning. L’arte di Albert Oehlen si presenta come un’ode alla libertà intrinseca dell’atto creativo e, con un tratto espressionista e una metodologia surrealista, il suo lavoro si pone in dialogo con la storia della pittura astratta, spingendo i confini dell’astrazione verso territori inesplorati.
Oehlen è difficile da decifrare, un enigma avvolto in un mistero artistico, e questo è ciò che lo rende così affascinante. La sua pratica può essere interpretata come un continuo esperimento e una ricerca senza fine di nuove forme espressive. Tuttavia, dietro questa apparente sperimentazione c’è un intento ben definito: il desiderio di sfuggire a qualsiasi forma di confinamento creativo.
In un mondo spesso serioso e rigido come quello dell’arte contemporanea, Oehlen si distingue per il suo approccio leggero e scherzoso, una sorta di distacco ironico, un rifiuto delle rigidità e delle formalità che talvolta possono pervadere il mondo dell’arte contemporanea. In questo senso, la sua arte diventa una forma di espressione autentica e senza pretese, che riflette la sua personalità e il suo spirito libero.
Lo stesso artista ha dichiarato: “Ho sempre usato il colore, ma non con il cuore, con l’occhio o con il giudizio estetico. Non mi interessava il colore ed ero felice di non pensarci. Per circa 20 anni ho semplicemente messo i colori sulla tavolozza e ho lavorato con quello che c’era. Poi è arrivato il momento in cui ho pensato: ‘Cosa succederebbe se mi interessasse il colore?’. Quel particolare cambiamento di paradigma ha portato a un modo di lavorare che ha prodotto ‘circa due anni di dipinti’”. Anche se, aggiunge ridendo, “è possibile che molte persone non abbiano notato la differenza”.
Oehlen si allontana dalla convenzionale concezione della pittura come espressione individuale: si lascia trasportare dall’utilizzo di colori, forme e spazialità, mirando a sondare le funzionalità del mezzo, piuttosto che la sua capacità di comunicare significati ed evocare emozioni. Attraverso la sua opera, Oehlen propugna una risposta vigorosa e contestatrice alle lacune della rappresentazione visiva, perseguendo instancabilmente la reinvenzione e la riformulazione dei metodi pittorici in contrasto con le tradizionali gerarchie. I suoi dipinti offrono un’incessante energia e ovunque l’occhio si diriga, trova cose che lo impegnano, ma non si sommano.
L'autrice di questo articolo: Federica Schneck
Federica Schneck, classe 1996, è curatrice indipendente e social media manager. Dopo aver conseguito la laurea magistrale in storia dell’arte contemporanea presso l’Università di Pisa, ha inoltre conseguito numerosi corsi certificati concentrati sul mercato dell’arte, il marketing e le innovazioni digitali in campo culturale ed artistico. Lavora come curatrice, spaziando dalle gallerie e le collezioni private fino ad arrivare alle fiere d’arte, e la sua carriera si concentra sulla scoperta e la promozione di straordinari artisti emergenti e sulla creazione di esperienze artistiche significative per il pubblico, attraverso la narrazione di storie uniche.