I Fasti di Elisabetta Farnese: cronaca mondano-politica di un royal wedding del Settecento


I Fasti di Elisabetta Farnese sono una serie di dipinti che raccontano, in presa diretta, il matrimonio per procura tra la principessa Elisabetta Farnese e il re di Spagna Filippo V, celebrato nel 1714. Opera di Ilario Spolverini, sono una celebrazione del potere dei Farnese.

Un’impresa memorabile per un matrimonio memorabile. Si potrebbe sintetizzare così, in sette parole, il ciclo dei Fasti di Elisabetta Farnese, la serie di dipinti che venne commissionata a Ilario Mercanti detto lo Spolverini (Parma, 1657 – 1734) in occasione delle nozze tra Elisabetta Farnese (Parma, 1692 – Aranjuez, 1766), principessa di Parma e Piacenza, e il re Filippo V di Spagna (Versailles, 1683 – 1746), celebrate il 16 settembre del 1714, a seguito delle accorte manovre diplomatiche dei Farnese e del cardinale Giulio Alberoni, quest’ultimo, consigliere del re, capace d’esercitare la sua decisiva influenza sulla corte spagnola per convincere i Borbone a combinare il matrimonio tra il sovrano, rimasto vedovo della sua prima moglie Maria Luisa di Savoia (Torino, 1688 – Madrid, 1714), e la giovane principessa di casa Farnese, spigliata ventiduenne, colta, intelligente, formata anche nelle arti. In occasione della mostra I Fasti di Elisabetta Farnese. Ritratto di una Regina (a Piacenza presso i Musei Civici di Palazzo Farnese, dal 2 dicembre 2023 al 7 aprile 2024), quasi tutti i dipinti che fanno parte del ciclo sono stati riuniti in un’unica sede, per la prima volta dopo la loro migrazione a Napoli, ovvero la città in cui Carlo di Borbone, figlio di Elisabetta e Filippo, fece spostare i Fasti e una parte consistente della collezione farnesiana. E ovviamente ne è stata ricostruita in maniera puntuale la loro storia.

I Farnese, famiglia che proveniva anticamente dalla piccola nobiltà rurale del Lazio settentrionale, hanno sempre agito in maniera costante e strenua per esaltare l’immagine del loro casato, anche nei periodi di crisi come quello che stavano vivendo a inizio Settecento, malgrado il tentativo di rilancio per mezzo del matrimonio reale. E i Fasti di Elisabetta non erano, pertanto, la prima impresa del genere: la storia farnesiana è costellata di cicli di dipinti o di affreschi in cui la dinastia ha perseguito la via dell’autocelebrazione. Famosi sono, in questo senso, gli affreschi che decorano gli appartamenti di papa Paolo III (al secolo Alessandro Farnese) in Castel Sant’Angelo a Roma, oppure il ciclo decorativo del Palazzo della Cancelleria a Roma (la famosa “Sala dei Cento Giorni” di Giorgio Vasari che celebra i fatti della vita dello stesso Paolo III, dipinti su incarico dell’omonimo nipote Alessandro), o ancora la famosa “Sala dei Fasti Farnesiani” del Palazzo Farnese di Caprarola con gli affreschi eseguiti da Taddeo Zuccari tra il 1561 e il 1563. Una simile, continua politica di celebrazione delle sorti dinastiche trova pochi altri riscontri in Italia, e a questa logica non si sottraevano i Fasti commissionati per commemorare le nozze reali: i Farnese avevano combinato matrimoni con molti dei signori italiani del Cinque e del Seicento (dagli Este ai Gonzaga, dai Della Rovere ai Borromeo), ma Elisabetta era la prima donna del casato ad andare in sposa a un potente re straniero.

Con il termine “Fasti”, spiega il direttore dei Musei Civici di Palazzo Farnese, oltre che storico dell’arte esperto di arte farnesiana Antonio Iommelli, vanno intesi tutti quei dipinti che “descrivono e celebrano vicende personali e fatti politici militari” nonché “quelle committenze che, al pari di una battaglia o di un corteo matrimoniale, rivelano forti contenuti encomiastici”. E il committente dei Fasti di Elisabetta fu il padre adottivo della futura regina, ovvero il duca Francesco Farnese (Parma, 1678 – 1727), secondogenito di Ranuccio II e Maria d’Este, salito al trono di Parma e Piacenza nel 1694, a soli sedici anni: dopo la scomparsa del fratello maggiore Odoardo II, pretendente al trono, marito di Dorotea Sofia di Neuburg e padre di Elisabetta, Francesco era diventato l’erede del casato, e aveva preso in moglie la cognata, di quasi dieci anni più grande di lui. In occasione del matrimonio di Elisabetta, Francesco aveva incaricato Ilario Spolverini di prendere appunti e schizzi dal vivo durante le nozze (che si celebrarono per procura, ovvero lo sposo era assente ed era sostituito da un suo “rappresentante”, in questo caso il cardinale Francesco Acquaviva d’Aragona, nunzio apostolico in Spagna) e di tradurli poi in una dozzina di tele (dodici, in particolare, quelle riunite per la mostra di Piacenza) che avrebbero dovuto raccontare l’evento in tutti i suoi dettagli. Dalle tele dovevano poi essere tratte delle incisioni che avrebbero contribuito a diffondere il contenuto del ciclo encomiastico, assieme a una pubblicazione, il Ragguaglio delle nozze delle maestà di Filippo Quinto e di Elisabetta Farnese, un resoconto estremamente dettagliato e illustrato con cinque tavole calcografiche (fu lo stesso Spolverini a fornire i disegni per le tavole, che furono incise dal romano Giovanni Battista Sintes, dall’olandese Theodor Verkruys e dal bolognese Francesco Domenico Maria Francia), scritto dall’abate Giuseppe Maggiali e dato alle stampe nel 1717. Ilario Spolverini era stato già impiegato dai Farnese: l’inizio della sua attività per la famiglia risale con tutta probabilità al 1687-1688 circa, e da allora lavorò ripetutamente per la corte di Parma e Piacenza. Aveva dipinto pale d’altare, dipinti di soggetto sacro, allegorie, affreschi: i Fasti rappresentavano però una prima volta per il pittore parmense.

Giovanni Maria delle Piane detto il Mulinaretto, Ritratto di Elisabetta Farnese giovinetta (1706; olio su tela, 115 × 86 cm; Parma, Complesso Monumentale della Pilotta, Galleria Nazionale, inv. S.n., in deposito dall’Ordine Costantiniano di San Giorgio)
Giovanni Maria delle Piane detto il Mulinaretto, Ritratto di Elisabetta Farnese giovinetta (1706; olio su tela, 115 × 86 cm; Parma, Complesso Monumentale della Pilotta, Galleria Nazionale, inv. S.n., in deposito dall’Ordine Costantiniano di San Giorgio)
Giovanni Maria delle Piane detto il Mulinaretto, Ritratto di Dorotea Sofia di Neuburg in abito vedovile (1732; olio su tela, 116 x 92 cm; Parma, Collezioni d'Arte Fondazione Cariparma, inv. F 1427)
Giovanni Maria delle Piane detto il Mulinaretto, Ritratto di Dorotea Sofia di Neuburg in abito vedovile (1732; olio su tela, 116 x 92 cm; Parma, Collezioni d’Arte Fondazione Cariparma, inv. F 1427)
Giovanni Maria delle Piane detto il Mulinaretto, Ritratto di Francesco Farnese in armatura (1695 circa; olio su tela, 119 x 91,5 cm; Salsomaggiore Terme, Collezione Pietro Sozzi)
Giovanni Maria delle Piane detto il Mulinaretto, Ritratto di Francesco Farnese in armatura (1695 circa; olio su tela, 119 x 91,5 cm; Salsomaggiore Terme, Collezione Pietro Sozzi)
Allestimenti della mostra I Fasti di Elisabetta Farnese. Ritratto di una Regina
Allestimenti della mostra I Fasti di Elisabetta Farnese. Ritratto di una Regina. Foto: Cecilia Boccellari
Allestimenti della mostra I Fasti di Elisabetta Farnese. Ritratto di una Regina
Allestimenti della mostra I Fasti di Elisabetta Farnese. Ritratto di una Regina. Foto: Cecilia Boccellari
Allestimenti della mostra I Fasti di Elisabetta Farnese. Ritratto di una Regina
Allestimenti della mostra I Fasti di Elisabetta Farnese. Ritratto di una Regina. Foto: Cecilia Boccellari

Spolverini coordinò il proprio lavoro con quello di Maggiali affinché emergesse un racconto coerente, che testimoniasse il prestigio e il potere della corte di Parma e Piacenza: le incisioni avrebbero fatto riecheggiare il nome dei Farnese in tutta Europa, mentre i dipinti di Spolverini erano pensati per le sedi del potere farnesiano. Francesco infatti commissionò a Spolverini una doppia serie dei Fasti di Elisabetta, una per il Palazzo di Piacenza e una per la Reggia di Colorno (quest’ultima, secondo la studiosa Marinella Pigozzi, probabilmente destinata all’appartamento della duchessa Dorotea Sofia). Al pittore servirono cinque anni di lavoro, dal 1714 al 1719, per condurre a termine l’impresa, mentre due anni ulteriori si resero necessari per finire la seconda serie, e oggi osservare il ciclo delle tele equivale a seguire una sorta di diretta ante litteram del lussuoso royal wedding del primo Settecento: leggendo la sequenza sulla base dell’ordine cronologico degli eventi, si comincia con l’Incontro tra il duca Francesco, i cardinali Gozzadini e Acquaviva e il principe Antonio, tenutosi il 15 settembre, la sera prima dell’evento. Vi partecipano il padre adottivo della sposa e suo fratello minore, il rappresentante dello sposo, e il cardinale Giuseppe Ulisse Gozzadini, legato di Romagna e vescovo di Imola, cui spetta il compito di celebrare le nozze. Si prosegue con la Visita a corte: Elisabetta, il duca Francesco e lo zio della giovane, ovvero il principe Antonio, stanno accogliendo un ospite (forse il conte Francesco Albergotti, legato del re di Francia, inviato alle nozze in sua rappresentanza), il personaggio col mantello rosso. La scena successiva è la più grande tra quelle che sono rimaste del ciclo: l’Ingresso in Parma da porta san Michele del cardinale Giuseppe Ulisse Gozzadini affiancato dal cardinale Acquaviva e dal duca Francesco Farnese. È il momento, precedente il matrimonio, in cui, attraverso un corteo trionfale, il rappresentante dello sposo, ovvero il cardinale Acquaviva, e l’officiante, il cardinale Gozzadini, fanno il loro ingresso a Parma, accompagnati dal duca Francesco. È una delle opere più imponenti dell’intero gruppo, ed è ambientata a Parma di fronte al Palazzo del Giudice Criminale: “l’impianto espositivo, imperniato sulla particolareggiata descrizione del Ragguaglio”, scrive Pigozzi, denuncia un intento realistico per tener fede al preciso racconto dell’evento storico, cui il pittore unisce una notevole conoscenza prospettica, un’interessante verità della varietà architettonica della città, nelle fisionomie individuate dei protagonisti, alcune caricate”. L’unica differenza rispetto al Ragguaglio dell’abate Maggiali è il tempo in cui ha luogo il corteo: secondo il libro si tenne di notte, mentre nel dipinto di Spolverini la scena è ambientata di giorno.

Seguono i dipinti con la Visita del cardinale Gozzadini a Elisabetta Farnese e l’Omaggio del vescovo e del clero di Parma a Elisabetta alla porta del Duomo, oltre alle due scene, non riunite in occasione della mostra, con il Corteo per le nozze di Elisabetta Farnese e lo Sposalizio conservate nelle raccolte del Comune di Parma. Si continua con i festeggiamenti che seguono la cerimonia: è l’episodio del Banchetto nuziale in onore di Elisabetta Farnese nel Palazzo Ducale di Parma, con il re di Spagna che, assente, è rappresentato da un suo grande ritratto appeso a una parete, che sovrasta tutti i partecipanti alla festa. Elisabetta Farnese è seduta a un lato del tavolo, sulla sinistra, il ritratto incombe sopra di lei: al suo fianco distinguiamo la madre Dorotea mentre tutti attorno si dispongono dame e nobili della corte, e in primo piano ecco invece i valletti, vestiti di rosso, tutti caratterizzati individualmente (quindi siamo probabilmente dinnanzi ai veri valletti della corte parmense), colti mentre portano le vivande sulle tavole. Nella tela successiva assistiamo a Elisabetta Farnese e la madre Dorotea Sofia che incontrano i cardinali Gozzadini e Acquaviva accompagnate da alcuni gentiluomini: si tratta di uno dei diversi incontri che si tennero a nozze avvenute. Momenti successivi sono anche quelli del Baciamano della regina Elisabetta da parte delle dame e dei gentiluomini di Corte e del Baciamano della regina Elisabetta da parte dei rappresentanti delle comunità di Parma e Piacenza: la corte e le città governate dalla famiglia di Elisabetta rendono omaggio alla nuova regina consorte di Spagna. I Fasti si concludono con il viaggio di Elisabetta verso la Spagna: la prima scena raffigura L’arrivo a Borgotaro del corteo di Elisabetta Farnese e coglie il momento in cui, nella notte del 23 settembre 2023, la regina e il suo corteo giungono nella cittadina appenninica di Borgotaro dove passeranno la notte in attesa di riprendere il cammino verso la Liguria, da dove poi il viaggio continuerà verso Madrid. “Vediamo il corteo”, scrive Pigozzi, “snodarsi lungo i tornanti in una luce non notturna, ma vespertina. Spolverini la sceglie per meglio mostrarci, in uno spazio prospetticamente dilatato con l’avanzare del sinuoso corteo, anche il paesaggio montano e collinare, i boschi dal verde cupo, una natura in parte addomesticata, in parte ancora selvaggia, il fiume Taro, il ponte, e sullo sfondo le case grigio-azzurre del villaggio di Borgotaro dominate dalla rocca, mentre nuvole numerose animano il cielo”. Una corte ormai ridotta ai minimi termini è quella che accompagna la regina al monte Cento Croci, ovvero al confine tra il Ducato di Parma e Piacenza e la Repubblica di Genova. Qui, Elisabetta si congeda dal duca Francesco (la madre era già stata salutata a Borgotaro), per continuare il suo viaggio verso Sestri Levante, da dove si sarebbe poi imbarcata per la Spagna: in realtà, poiché per le condizioni del mare era prevista una navigazione disagevole, il percorso sarebbe proseguito via terra. Lasciate le terre natie, ad accompagnare la regina rimangono il marchese Annibale Scotti (ambasciatore parmense in Spagna), la principessa Ippolita Ludovisi Boncompagni (principessa di Piombino e cameriera maggiore di Elisabetta), la principessa Pio, la contessa di Somaglia, alcuni nobili della corte, sessanta alabardieri e una compagnia di corsi. Elisabetta sarebbe giunta a Guadalajara, in Spagna, il 25 dicembre del 1714: qui avrà modo di incontrare per la prima volta Filippo V. Esiste poi un ultimo dipinto della serie, eseguito diverso tempo dopo il matrimonio: si tratta della tela raffigurante Filippo V e la regina Elisabetta che osservano l’infante Carlo in braccio alla Fede. Il figlio della coppia nacque il 20 gennaio 1716, dunque l’ideazione dell’opera seguì di almeno un anno e mezzo la commissione del ciclo.

Giuseppe Maggiali, Ragguaglio delle nozze delle maestà di Filippo quinto, e di Elisabetta Farnese nata principessa di Parma re cattolici delle Spagne solennemente celebrate in Parma l’anno 1714… (1717, Parma, nella Stamperia di S.A.S, MDCCXVII; volume a stampa, fol., illustrazioni; Piacenza, Biblioteca comunale Passerini- Landi, 2 esemplari: coll. F’ IV 34; Arco 6 I 10)
Giuseppe Maggiali, Ragguaglio delle nozze delle maestà di Filippo quinto, e di Elisabetta Farnese nata principessa di Parma re cattolici delle Spagne solennemente celebrate in Parma l’anno 1714… (1717, Parma, nella Stamperia di S.A.S, MDCCXVII; volume a stampa, fol., illustrazioni; Piacenza, Biblioteca comunale Passerini- Landi, 2 esemplari: coll. F’ IV 34; Arco 6 I 10)
Ilario Mercanti detto lo Spolverini, Incontro del duca Francesco Farnese con il cardinale Giuseppe Ulisse Gozzadini, legato del papa per le nozze di Elisabetta Farnese (1714-1717; olio su tela ovale, 72,5 × 100 cm; Piacenza, Musei Civici di Palazzo Farnese, inv. 354)
Ilario Mercanti detto lo Spolverini, Incontro del duca Francesco Farnese con il cardinale Giuseppe Ulisse Gozzadini, legato del papa per le nozze di Elisabetta Farnese (1714-1717; olio su tela ovale, 72,5 × 100 cm; Piacenza, Musei Civici di Palazzo Farnese, inv. 354)
Ilario Mercanti detto lo Spolverini, Visita a corte (1715-1717; olio su tela ovale, 76 × 100 cm; Piacenza, Musei Civici di Palazzo Farnese, inv. 306)
Ilario Mercanti detto lo Spolverini, Visita a corte (1715-1717; olio su tela ovale, 76 × 100 cm; Piacenza, Musei Civici di Palazzo Farnese, inv. 306)
Ilario Mercanti detto lo Spolverini, Ingresso in Parma da porta San Michele del cardinale Giuseppe Ulisse Gozzadini, Legato a Latere del Pontefice, affiancato dal cardinale Acquaviva e dal duca Francesco Farnese snodarsi del corteo per le vie della città sino al duomo (1717-1721; olio su tela, in origine 280 × 660 cm, ridotto in tre frammenti: 280 × 350; 280 × 240; 100 × 70 cm; Piacenza, Musei Civici di Palazzo Farnese, inv. 402/1997 n. 53)
Ilario Mercanti detto lo Spolverini, Ingresso in Parma da porta San Michele del cardinale Giuseppe Ulisse Gozzadini, Legato a Latere del Pontefice, affiancato dal cardinale Acquaviva e dal duca Francesco Farnese snodarsi del corteo per le vie della città sino al duomo (1717-1721; olio su tela, in origine 280 × 660 cm, ridotto in tre frammenti: 280 × 350; 280 × 240; 100 × 70 cm; Piacenza, Musei Civici di Palazzo Farnese, inv. 402/1997 n. 53)
Ilario Mercanti detto lo Spolverini, Il cardinale Gozzadini rende visita a Elisabetta Farnese (1715-1717; olio su tela, 80 × 170 cm; Reggia di Caserta, inv. n. 572 [1874]; n. 853 [1905]; n. 2161 [1951-1952]; n. 993 [1977-1978]; Collezione Farnese, Serie dei Fasti Farnesiani, nozze di Elisabetta Farnese e Filippo V)
Ilario Mercanti detto lo Spolverini, Il cardinale Gozzadini rende visita a Elisabetta Farnese (1715-1717; olio su tela, 80 × 170 cm; Reggia di Caserta, inv. n. 572 [1874]; n. 853 [1905]; n. 2161 [1951-1952]; n. 993 [1977-1978]; Collezione Farnese, Serie dei Fasti Farnesiani, nozze di Elisabetta Farnese e Filippo V)
Ilario Mercanti detto lo Spolverini, Il vescovo e il clero di Parma rendono omaggio a Elisabetta alla porta del Duomo (1715-1717; olio su tela 80 × 170 cm; Reggia di Caserta, inv. n. 572 [1874]; n. 578 [1905]; n. 854 [1951-1952]; n. 1001 [1977-1978]; Collezione Farnese, Serie dei Fasti Farnesiani, nozze di Elisabetta Farnese e Filippo V)
Ilario Mercanti detto lo Spolverini, Il vescovo e il clero di Parma rendono omaggio a Elisabetta alla porta del Duomo (1715-1717; olio su tela 80 × 170 cm; Reggia di Caserta, inv. n. 572 [1874]; n. 578 [1905]; n. 854 [1951-1952]; n. 1001 [1977-1978]; Collezione Farnese, Serie dei Fasti Farnesiani, nozze di Elisabetta Farnese e Filippo V)
Ilario Mercanti detto lo Spolverini, Corteo per le nozze di Elisabetta Farnese (1717-1721; Parma, Collezioni d’Arte, Comune di Parma)
Ilario Mercanti detto lo Spolverini, Corteo per le nozze di Elisabetta Farnese (1717-1721; Parma, Collezioni d’Arte, Comune di Parma)
Ilario Mercanti detto lo Spolverini, Celebrazione del matrimonio di Elisabetta Farnese all’interno del coro del duomo di Parma (1718-1721; Parma, Collezioni d’Arte, Comune di Parma)
Ilario Mercanti detto lo Spolverini, Celebrazione del matrimonio di Elisabetta Farnese all’interno del coro del duomo di Parma (1718-1721; Parma, Collezioni d’Arte, Comune di Parma)
Ilario Mercanti detto lo Spolverini, Banchetto nuziale in onore di Elisabetta Farnese nel Palazzo Ducale di Parma (1718-1721; olio su tela, 284 × 323 cm; Parma, Collezioni d’Arte, Comune di Parma)
Ilario Mercanti detto lo Spolverini, Banchetto nuziale in onore di Elisabetta Farnese nel Palazzo Ducale di Parma (1718-1721; olio su tela, 284 × 323 cm; Parma, Collezioni d’Arte, Comune di Parma)
Ilario Mercanti detto lo Spolverini, Elisabetta Farnese e la madre Dorotea Sofia incontrano i cardinali Gozzadini e Acquaviva accompagnate da alcuni gentiluomini (1717; olio su tela 109 × 124 cm; Piacenza, Musei Civici di Palazzo Farnese, inv. 393)
Ilario Mercanti detto lo Spolverini, Elisabetta Farnese e la madre Dorotea Sofia incontrano i cardinali Gozzadini e Acquaviva accompagnate da alcuni gentiluomini (1717; olio su tela 109 × 124 cm; Piacenza, Musei Civici di Palazzo Farnese, inv. 393)
Ilario Mercanti detto lo Spolverini, Baciamano della regina Elisabetta da parte delle dame e dei gentiluomini di Corte (1717-1718; olio su tela, 95 × 165 cm; Reggia di Caserta, inv. n. 569 [1874]; n. 579 [1905]; n. 853 [1951-1952]; n. 1000 [1977-1978]; Collezione Farnese, Serie dei Fasti Farnesiani, nozze di Elisabetta Farnese e Filippo V)
Ilario Mercanti detto lo Spolverini, Baciamano della regina Elisabetta da parte delle dame e dei gentiluomini di Corte (1717-1718; olio su tela, 95 × 165 cm; Reggia di Caserta, inv. n. 569 [1874]; n. 579 [1905]; n. 853 [1951-1952]; n. 1000 [1977-1978]; Collezione Farnese, Serie dei Fasti Farnesiani, nozze di Elisabetta Farnese e Filippo V)
Ilario Mercanti detto lo Spolverini, Baciamano della regina Elisabetta da parte dei rappresentanti delle comunità di Parma e Piacenza (1717-1718; olio su tela 95 × 165 cm; Reggia di Caserta, inv. n. 561 [1874]; n. 580 [1905]; n. 844 [1951-1952]; n. 1014 [1977-1978]; Collezione Farnese, Serie dei Fasti Farnesiani, nozze di Elisabetta Farnese e Filippo V)
Ilario Mercanti detto lo Spolverini, Baciamano della regina Elisabetta da parte dei rappresentanti delle comunità di Parma e Piacenza (1717-1718; olio su tela, 95 × 165 cm; Reggia di Caserta, inv. n. 561 [1874]; n. 580 [1905]; n. 844 [1951-1952]; n. 1014 [1977-1978]; Collezione Farnese, Serie dei Fasti Farnesiani, nozze di Elisabetta Farnese e Filippo V)
Ilario Mercanti detto lo Spolverini, L’arrivo a Borgotaro del corteo di Elisabetta Farnese (1720; olio su tela, 267 × 445 cm; Parma, Collezioni d’Arte, Comune di Parma)
Ilario Mercanti detto lo Spolverini, L’arrivo a Borgotaro del corteo di Elisabetta Farnese (1720; olio su tela, 267 × 445 cm; Parma, Collezioni d’Arte, Comune di Parma)
Ilario Mercanti detto lo Spolverini, La regina Elisabetta prende congedo dal duca, dal cardinale Acquaviva e dalla corte al monte Cento Croci (1720-1721; olio su tela, 247,5 × 398 cm; Piacenza, Musei Civici di Palazzo Farnese, inv. 401)
Ilario Mercanti detto lo Spolverini, La regina Elisabetta prende congedo dal duca, dal cardinale Acquaviva e dalla corte al monte Cento Croci (1720-1721; olio su tela, 247,5 × 398 cm; Piacenza, Musei Civici di Palazzo Farnese, inv. 401)
Ilario Mercanti detto lo Spolverini, Filippo V ed la regina Elisabetta Farnese osservano l’Infante Carlo in braccio alla Fede (1716 circa; olio su tela ovale, 76 × 101 cm; Piacenza, Musei Civici di Palazzo Farnese, inv. 303)
Ilario Mercanti detto lo Spolverini, Filippo V ed la regina Elisabetta Farnese osservano l’Infante Carlo in braccio alla Fede (1716 circa; olio su tela ovale, 76 × 101 cm; Piacenza, Musei Civici di Palazzo Farnese, inv. 303)

Sono forse due le caratteristiche più evidenti dei Fasti di Elisabetta Farnese. La prima è l’immediatezza della narrazione: Ilario Spolverini, con le sue tele, ha creato una sorta di cronaca minuto per minuto dell’evento, con una pittura spontanea, sintetica, corsiva, compendiaria, ma non per questo avida di dettagli. Lo si nota in tutte le scene, anche in quelle più ‘istituzionali’, per così dire, come quella della Visita a corte, che ripete uno schema tipico delle tele più ridotte del ciclo: un fondo scuro per far risaltare i protagonisti in primo piano, dipinti con pennellate spesse e guizzi di colore e luce per far risaltare alcuni elementi (stoffe, armature, incarnati). Ed è possibile accorgersi di questa cura per i dettagli osservando soprattutto le scene più grandi, a cominciare da quella che raffigura l’ingresso a Parma delle autorità. I palazzi della Parma del tempo sono dipinti con sorprendente accuratezza, ogni singolo partecipante alla sfilata viene raffigurata con cura peculiare per l’abbigliamento (è un riflesso delle dettagliate descrizioni dei costumi e degli accessori che l’abate Maggiali aveva fornito nel suo Ragguaglio), la scena è resa con una profondità prospettica studiata in maniera accorta, col duplice obiettivo di creare una quinta per il corteo e di far sentire l’osservatore un partecipante, data anche la mole della tela. Spolverini cerca di coinvolgere il riguardante anche con certe minuterie come i tappeti appesi ai balconi o la presenza di animali, come il cane nella scena del corteo o la mucca che pascola indifferente nell’episodio dell’arrivo della regina a Borgotaro.

La seconda caratteristica è il tono trionfalistico dell’insieme. È, del resto, un’opera che celebra il potere dei Farnese, ed è dunque pregna di valore politico: le città, i saloni, i giardini, persino le montagne diventano un enorme, continuo palco sul quale la corte inscena il teatro del suo potere. Un teatro, certo, raffinato e dinamico: merito dell’intelligenza d’un artista che i Farnese coglievano nel pieno della sua maturità, un pittore capace di animare una serie sostanzialmente illustrativa con descrizioni dettagliate, personaggi atteggiati in pose credibili malgrado le ridotte dimensioni delle figure e nonostante l’affollamento di certe scene, e poi ancora scorci prospettici convincenti, sapienti e coinvolgenti effetti di luce e ombra, cromatismi ricchi e avvolgenti. Una grande macchina orchestrata da Spolverini in funzione della propaganda farnesiana, tanto più che, in questo caso, la corte non chiedeva al proprio artista di celebrare fatti del passato: erano eventi d’attualità quelli il pittore, fine osservatore ma anche “abile cortigiano”, come lo definisce Pigozzi, mostrava sulle sue tele, rappresentando “con ammiccante consapevolezza il fasto e il cerimoniale”, e tuttavia “unendo con arguta vivacità l’etichetta alla cortesia, l’eleganza alla grazia” e invitando gli spettatori “a partecipare al realismo della percezione, a farne con lui esperienza”.

Ilario Mercanti detto lo Spolverini, Il cardinale Gozzadini rende visita a Elisabetta Farnese, dettaglio
Ilario Mercanti detto lo Spolverini, Il cardinale Gozzadini rende visita a Elisabetta Farnese, dettaglio
Ilario Mercanti detto lo Spolverini, Il cardinale Gozzadini rende visita a Elisabetta Farnese, dettaglio
Ilario Mercanti detto lo Spolverini, Il cardinale Gozzadini rende visita a Elisabetta Farnese, dettaglio
Ilario Mercanti detto lo Spolverini, Banchetto nuziale in onore di Elisabetta Farnese nel Palazzo Ducale di Parma, dettaglio
Ilario Mercanti detto lo Spolverini, Banchetto nuziale in onore di Elisabetta Farnese nel Palazzo Ducale di Parma, dettaglio
Ilario Mercanti detto lo Spolverini, Banchetto nuziale in onore di Elisabetta Farnese nel Palazzo Ducale di Parma, dettaglio
Ilario Mercanti detto lo Spolverini, Banchetto nuziale in onore di Elisabetta Farnese nel Palazzo Ducale di Parma, dettaglio
Ilario Mercanti detto lo Spolverini, Banchetto nuziale in onore di Elisabetta Farnese nel Palazzo Ducale di Parma, dettaglio
Ilario Mercanti detto lo Spolverini, Banchetto nuziale in onore di Elisabetta Farnese nel Palazzo Ducale di Parma, dettaglio
Ilario Mercanti detto lo Spolverini, Elisabetta Farnese e la madre Dorotea Sofia incontrano i cardinali Gozzadini e Acquaviva accompagnate da alcuni gentiluomini, dettaglio
Ilario Mercanti detto lo Spolverini, Elisabetta Farnese e la madre Dorotea Sofia incontrano i cardinali Gozzadini e Acquaviva accompagnate da alcuni gentiluomini, dettaglio
Ilario Mercanti detto lo Spolverini, Baciamano della regina Elisabetta da parte delle dame e dei gentiluomini di Corte, dettaglio
Ilario Mercanti detto lo Spolverini, Baciamano della regina Elisabetta da parte delle dame e dei gentiluomini di Corte, dettaglio
Ilario Mercanti detto lo Spolverini, La regina Elisabetta prende congedo dal duca, dal cardinale Acquaviva e dalla corte al monte Cento Croci, dettaglio
Ilario Mercanti detto lo Spolverini, La regina Elisabetta prende congedo dal duca, dal cardinale Acquaviva e dalla corte al monte Cento Croci, dettaglio

Erano tuttavia gli ultimi sussulti di una dinastia che di lì a breve sarebbe stata travolta dalla storia. Il ducato di Parma e Piacenza sarebbe rimasto dei Farnese soltanto per altri diciassette anni dopo il matrimonio di Elisabetta: Francesco Farnese morì nel 1727 senza discendenti, e il ducato passò al fratello minore Antonio, che scomparve appena quattro anni più tardi, nel 1731, anche lui senza figli. Il ducato passò così ai Borbone, proprio in virtù del matrimonio di Elisabetta: l’erede più vicino, in assenza d’un ramo cadetto, era proprio quel Carlo di Borbone, figlio della coppia, che Ilario Spolverini (il quale, peraltro, avrebbe continuato a lavorare per il nuovo sovrano) aveva dipinto tra le braccia della Fede nell’ultimo dipinto dei Fasti di Elisabetta Farnese. Quasi un’ironica premonizione, si potrebbe pensare. In realtà, i Farnese, come tutti i casati italiani, vivevano un periodo di crisi irreversibile per quasi tutti gli Stati italiani d’allora, costretti a sottostare all’imperialismo degli Asburgo che, verso la fine del Settecento, non avevano mai smesso di tentare di stabilire la loro influenza sulla vita politica degli Stati dell’Italia settentrionale. In questo contesto, argomenta lo storico Andrea Merlotti, “la posizione del Ducato di Parma era quella d’un forzato immobilismo e, insieme, della più o meno tacita rassegnazione a soggiacere alla legge del più forte (come emerse nelle varie occasioni in cui le truppe imperiali si fermarono nel Ducato a spese delle esangui casse farnesiane)”. E le sontuose politiche culturali dei Farnese appaiono “più una tacita ammissione di crisi che non una diversa espressione di gloria”: i Farnese di Francesco, ma anche quelli del padre Ranuccio II, non erano più la famiglia che aveva dominato le sorti di Roma a metà Cinquecento. Quella dei Fasti era dunque la celebrazione d’un potere che, sullo scacchiere internazionale, era ormai marginale. Finita la possibilità di esercitare un ruolo politico internazionale, l’attenzione dei Farnese s’era concentrata sul territorio del ducato, oltre che sulla storia della famiglia. E di lì a poco, Parma e Piacenza sarebbero diventate borboniche.

Cosa ne fu del ciclo di Ilario Spolverini dopo la fine dei Farnese? Carlo di Borbone, alcuni anni dopo la salita al trono di Parma e Piacenza, ordinò il trasferimento di gran parte delle collezioni farnesiane dalle città emiliane al Palazzo Reale di Napoli. Siamo tra il 1734 e il 1736: il giovanissimo sovrano era diventato re di Napoli, col nome di Carlo I, appena diciottenne, nel 1734. E uno dei primi provvedimenti fu proprio lo spostamento delle antichità, delle opere d’arte, della mobilia, degli arazzi dalla via Emilia al golfo di Napoli. Carichi di opere d’arte lasciavano la Pilotta a Parma, il Palazzo Farnese e il Palazzo della Madama Margherita de’ Medici a Piacenza per raggiungere la nuova destinazione (alcune opere, poi, nel 1758 sarebbero state spostate alla Reggia di Capodimonte). I Fasti di Elisabetta Farnese seguirono in parte questa sorte. Alcune opere della serie andarono a Napoli, e nel 1859 furono trasferite alla Reggia di Caserta, dove tuttora si trovano. Altre invece rimasero in Emilia. E oggi le tele sono divise tra la Reggia di Caserta, le collezioni municipali di Parma, e Palazzo Farnese a Piacenza, testimoni di uno dei momenti più gloriosi della storia dei Farnese. Poco prima della loro fine.


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Gli autori di questo articolo: Federico Giannini e Ilaria Baratta

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