Nel vasto panorama dell’arte contemporanea emergono figure che sfidano le convenzioni e ci invitano a riflettere su concetti fondamentali come identità, corporeità e percezione. Tuttavia pochi nomi si ergono con la stessa audacia e potenza visiva di Joan Semmel, icona dell’arte figurativa che ha scavato profondamente nelle sfumature dell’esperienza umana, illuminando la complessità e la bellezza del corpo umano in tutte le sue forme. Attraverso una carriera che abbraccia sei decenni, Semmel ha incantato e sfidato il pubblico con la sua rappresentazione rivoluzionaria della nudità e della sessualità.
Nata nel 1932 a New York City e formatasi come espressionista astratta negli anni Cinquanta, Semmel ha iniziato la sua carriera pittorica in Spagna e in Sud America, per poi trasferirsi a New York negli anni Settanta, un periodo di fervente cambiamento sociale e culturale negli Stati Uniti: è stata testimone e partecipe del movimento femminista emergente, che ha portato alla ribalta le voci e le prospettive delle artiste donne, spesso trascurate o marginalizzate dalla storia dell’arte tradizionale. In questi anni l’arte delle donne visse una fase di espansione e rivoluzione senza precedenti, con un profondo impegno politico e sociale nel veicolare messaggi di emancipazione, critica culturale e lotta per l’uguaglianza di genere.
Una delle principali tematiche affrontate è stata la rappresentazione del corpo femminile e la sua politicizzazione: attraverso opere provocatorie e iconoclaste, molte artiste hanno messo in discussione gli stereotipi di genere e hanno sfidato le convenzioni estetiche predominanti. Artiste come Judy Chicago e Carolee Schneemann hanno utilizzato la loro arte per esplorare la sessualità femminile e per reclamare il controllo sul proprio corpo, sfidando apertamente il patriarcato e l’oggettificazione delle donne. Sulla scia di tali tendenze, con una mostra personale nel 1973 di un gruppo di dipinti intitolato Erotic Series, Joan Semmel iniziò ad esporre opere provocatorie e coinvolgenti con immagini sessualmente esplicite. Un anno dopo, la Semmel propose al pubblico la serie Self-Images, in cui i suoi dipinti sconvolsero e riorientarono lo sguardo dello spettatore verso il nudo femminile.
In merito a tale scenario artistico, Semmel affermò che “The art world of the early 1970s was hardly prepared for such an open assault on its refined sensibilities, especially from within the holy ground of painting, and even more if it was done by a woman” (“Il mondo dell’arte dei primi anni Settanta era poco preparato per un assalto così aperto alle sue raffinate sensibilità, soprattutto se proveniente dal sacro terreno della pittura, e ancor più se veniva condotto da una donna”).
Semmel realizzava dipinti a olio su larga scala di partner nudi che fanno sesso, i cui corpi erano resi con colori vividi e neo-espressionisti come il rosso, il viola, il giallo e un verde acido o bluastro che emanavano un bagliore quasi spettrale. La prospettiva delle opere era soggettiva, ravvicinata e deliberatamente obliqua, e richiedeva uno sforzo di concentrazione da parte dello spettatore per comporre gli arti, le natiche, i seni e gli organi sessuali in immagini riconoscibili di uomini e donne.
A questi dipinti seguirono poi quelli che documentavano il corpo nudo della stessa Semmel, invecchiato nel corso dei decenni. Lo spazio e la superficie di queste opere rappresentano i corpi che sono completamente immersi nella loro esistenza, sia fisica che sessuale, e costituiscono un terreno psicologico tangibile. E se le creazioni dell’Espressionismo astratto sono considerati paesaggi della psiche, le opere di Semmel fondono l’astrazione con la nudità, trasformandola in una realtà tangibile.
Iconica la serie Mannequins (1996-2001), delle versioni idealizzate del corpo femminile come alter ego per l’esplorazione dell’isolamento e dell’anomia dell’oggettivazione e della feticizzazione. Una riflessione di come le donne siano state molto spesso apprezzate per la loro giovinezza e bellezza e scartate negli anni successivi come impotenti e non più vitali.
Ciò che rende l’arte di Semmel così straordinariamente attuale è la sua prospettiva unica sul corpo umano. Mentre molti artisti rappresentano il corpo come oggetto di desiderio o perfezione estetica, Semmel si concentra sulla sua realtà tangibile e sulla sua fisicità: le sue opere non celano le rughe, le imperfezioni o le cicatrici, al contrario, le celebrano come segni distintivi dell’esperienza umana.
La graficità quasi pornografica, ma allo stesso tempo materica, che contraddistingue la sua arte potrebbe essere data per scontata, ma non lo è. E ancora oggi, i suoi dipinti mantengono la capacità di scioccare gli osservatori. Le provocazioni dell’artista infatti non sono finalizzate al mero sensazionalismo, piuttosto emergono dal suo intento di contrastare i canoni tradizionali, sia nell’ambito artistico che nella cultura popolare, che relegano le donne a ruoli passivi o al mero oggetto di desiderio maschile.
Un aspetto singolare dell’arte di Semmel risiede nella sua interpretazione del nudo femminile. Nelle sue opere più significative, l’artista dipinge se stessa o altre donne in pose suggestive, investigando la sfera della propria sessualità e ribaltando gli stereotipi di bellezza socialmente accettati. Ciò si traduce in una nuova frontiera artistica, poiché nella storia dell’arte sono scarse le rappresentazioni di nudi femminili di donne mature, e ancor meno sono autoritratti. La sensualità della carne permea questi dipinti, una sensualità che non si limita alla giovinezza.
Sebbene il suo lavoro si sia sviluppato in serie, il filo conduttore attraverso i decenni è un’unica prospettiva: essere all’interno dell’esperienza della femminilità e appropriarsene culturalmente. L’artista spesso si è servita di elementi come lo specchio e la macchina fotografica come strategie per destabilizzare il punto di vista e per coinvolgere lo spettatore come partecipante.
Del suo lavoro, Semmel ha detto che “For me, the reason for using the nude was to deal with sensuality, and also to deal with self-image in a more basic form. That’s why I wanted the nude, and also because the nude is a genre throughout art history. […] When you look at yourself, you’re not looking at the whole body, you see it in fragments. I was interested in how you experience the body rather than an image of an ideal—so, thus the experiential of the body. I’m painting myself and I’m eighty-four years old. That being the case, how could I deny age? The culture totally denies the aging process for women and there’s a tremendous need for validating that experience, and also the fear that people have of being old” (“Per me, la ragione per cui ho utilizzato il nudo era affrontare la sensualità e anche affrontare l’immagine di sé in una forma più elementare. Ecco perché ho voluto il nudo, e anche perché il nudo è un genere che attraversa la storia dell’arte. […] Quando guardiamo noi stessi, non guardiamo il corpo intero, lo vediamo in frammenti. Mi interessava il modo in cui sperimentiamo il corpo piuttosto che l’immagine di un ideale, quindi l’esperienza del corpo. Mi sto dipingendo e ho ottantaquattro anni. Stando così le cose, come potrei negare l’età? La cultura nega totalmente il processo di invecchiamento delle donne e c’è un enorme bisogno di convalidare quell’esperienza, così come la paura che le persone hanno di invecchiare”).
Negare la realtà equivale, per l’artista, a negare l’esistenza della vulnerabilità. È una presenza innegabile, un elemento ineludibile della vita e non possiamo ignorare il fatto che la nostra forza fisica non sia più quella di un tempo. Come donna anziana, sperimenta il rigetto in molteplici contesti, cerca di affrontare e riconoscere questa verità, i molteplici ed inevitabili aspetti dell’invecchiare, una realtà che richiede comprensione e adattamento.
Le opere di Semmel ci pongono di fronte ad una domanda: come creiamo la nostra realtà? I molteplici modi in cui visualizziamo le immagini di noi stessi e degli altri creano una realtà alternativa, che tendiamo ad accettare come vera e realtà, quando, in realtà, è solo un facsimile che ci disconnette ancora di più dalla vita reale. E in un’epoca in cui il desiderio dell’eterna giovinezza è sempre più martellante e concetti quali superficialità, apparenza e artificialità estetica hanno preso il sopravvento, l’arte di Semmel si pone quale invito a guardare al di là della superficialità, della vulnerabilità per abbracciare la nostra autenticità più profonda, la vera bellezza che risiede nella complessità della realtà fisica e, soprattutto, nell’onesta espressione di sé stessi.
L'autrice di questo articolo: Federica Schneck
Federica Schneck, classe 1996, è curatrice indipendente e social media manager. Dopo aver conseguito la laurea magistrale in storia dell’arte contemporanea presso l’Università di Pisa, ha inoltre conseguito numerosi corsi certificati concentrati sul mercato dell’arte, il marketing e le innovazioni digitali in campo culturale ed artistico. Lavora come curatrice, spaziando dalle gallerie e le collezioni private fino ad arrivare alle fiere d’arte, e la sua carriera si concentra sulla scoperta e la promozione di straordinari artisti emergenti e sulla creazione di esperienze artistiche significative per il pubblico, attraverso la narrazione di storie uniche.