“Invasi da tamarri e influencer”, e per protesta spunta il tornello sul sentiero delle Dolomiti


Uno dei sentieri più belli delle Dolomiti, quello del monte Seceda, è “invaso da tamarri e influencer”: parola del presidente del CAI dell’Alto Adige. E quattro proprietari terrieri, per protestare contro la situazione, hanno installato un tornello per chiedere il pedaggio, poi subito rimosso.

Succede in Val Gardena (provincia di Bolzano): quattro proprietari di terreni, stanchi di vedere l’assedio dei turisti maleducati a un sentiero panoramico (quello del monte Seceda) diventato particolarmente noto grazie a una campagna della Apple, hanno deciso di loro spontanea volontà di installare un tornello all’ingresso del sentiero, da dove si possono fotografare le vette delle Odle, la catena dolomitica che segna il confine tra la Val Gardena e la Val di Funes. È accaduto sabato scorso, 5 luglio. L’idea era quella di chiedere 5 euro per ogni turista desideroso di transitare per il sentiero (sui social erano infatti già comparse foto con il cartello che recitava “Entry for the famous rocks Seceda trail – 5,00 €). Il tornello è stato poi rimosso ancor prima che entrasse in funzione, ragion per cui l’azione dei quattro proprietari è stata più una forma di protesta, una provocazione, che un’iniziativa di controllo del turismo (o di un modo per monetizzare il sentiero), ma ha comunque fatto molto discutere.

“È stata una prova di mezza giornata, sabato 5 luglio, per testare la reazione”, ha spiegato alla rivista in lingua ladina La Usc Georg Rabanser, ex snowboarder della nazionale italiana nonché proprietario di un prato di montagna sul Seceda, uno dei quattro responsabili dell’iniziativa. “Ogni giorno passa di qui tantissima gente, tutti passano dalle nostre proprietà e lasciano rifiuti”, ha aggiunto. E ovviamente poi i proprietari dei prati devono pulire. Da anni, ha detto alla stampa, i proprietari dei terreni del Seceda chiedono alla Provincia e alle aziende turistiche di fare qualcosa, e al Corriere della Sera, che lo ha intervistato, Rabanser ha detto che tutti riconoscono che servono indennizzi per chi si occupa dei prati di montagna e dei sentieri, ma per il momento ancora nulla di fatto. Avevano anche chiesto che fosse riconosciuta loro una frazione del costoso biglietto dell’impianto di risalita del Seceda (10 centesimi su 52 euro), ma non è stato possibile farlo. E i problemi per i residenti rimangono.

Il sentiero del Seceda è infatti molto battuto dai turisti: in alta stagione sono centinaia le persone che ogni giorno lo percorrono (nei giorni di punta, ha detto Rabanser, possono arrivare anche a 5-6mila). La popolarità di questo sentiero risale a una presentazione della Apple che nel 2017, durante una conferenza, proiettò sugli iMac dei convenuti immagini delle Odle e del Seceda, da allora diventati particolarmente popolari. Una popolarità poi alimentata anche per effetto dei social. Tant’è che il presidente del CAI dell’Alto Adige, Carlo Alberto Zanella, attribuisce soprattutto a questi ultimi i problemi del sovraffollamento del sentiero del Seceda. Zanella è infatti intervenuto sul suo profilo Facebook per commentare l’iniziativa di Rabanser e degli altri tre proprietari di terreni: “Novità dalla Val Gardena: adesso si paga anche il pedaggio sui sentieri. Uno dei sentieri più fotografati delle Dolomiti, invaso da tamarri, Influencer, YouTube e instagrammer. Il risultato di una forma di turismo anche voluta politicamente”.

Il tornello installato sul Seceda. Foto: Carlo Alberto Zanella
Il tornello installato sul Seceda. Foto: Carlo Alberto Zanella

Zanella, intervistato dal quotidiano locale Salto, ha definito l’iniziativa una provocazione utile, perché “serve a portare all’attenzione dell’opinione pubblica un problema reale. Molta gente attraversa i prati, ci passano bici, si rovinano i campi prima dello sfalcio, e i contadini con quei prati ci vivono, devono farci il fieno, venderlo. E poi picnic ovunque, gente che si sdraia. Non è banale. Serve educazione, educazione al rispetto dell’ambiente. Questo è il punto”. A questo si aggiunge anche il problema della responsabilità: Zanella ha raccontato che una turista, per farsi un selfie, ha preso una testata da una mucca, è finita in ospedale, e ha denunciato il contadino.

I terreni lungo il sentiero sono infatti privati, e in linea teorica i contadini potrebbero anche chiuderli oppure decidere di limitare l’ingresso. Ma, ha detto Rabanser, non è questo quello che i proprietari vogliono: il loro obiettivo è quello di attivare un tavolo con Provincia e associazioni turistiche per fare in modo che sia le esigenze del turismo sia quelle dei residenti possano trovare un punto d’equilibrio.

Questa iniziativa arriva quindi in un momento di crescente tensione tra la necessità di tutelare l’ambiente alpino e la pressione di un turismo sempre più massiccio. Il sentiero oggetto del provvedimento è un luogo che ha subito negli ultimi anni una forte esposizione mediatica, diventando meta privilegiata per contenuti destinati ai social. Negli ultimi anni, infatti, la pressione su questi percorsi è aumentata in modo esponenziale. Complici i social network, piattaforme come Instagram e YouTube hanno contribuito alla diffusione capillare di immagini che ritraggono scorci suggestivi delle Dolomiti, trasformando i luoghi in mete irrinunciabili per influencer, aspiranti fotografi, creator e turisti attratti dalla spettacolarizzazione del paesaggio. La conseguenza? Una progressiva perdita di controllo sull’afflusso dei visitatori, che in alcuni casi ha compromesso l’equilibrio ambientale e il sereno accesso ai sentieri. Il fenomeno dunque ha portato con sé un cambiamento anche nel profilo del pubblico: non più soltanto escursionisti preparati o appassionati di montagna, ma anche semplici frequentatori in cerca dell’immagine perfetta, spesso poco attrezzati o poco consapevoli del contesto naturale in cui si muovono. La trasformazione è stata favorita da un modello di turismo che ha puntato su una visibilità mediatica sempre più intensa.

Il dibattito sul pedaggio ovviamente continuerà, anche se tutti dicono che non sarà risolutivo. Se da un lato si propone come strumento di regolazione degli accessi e di tutela dell’ambiente, dall’altro solleva interrogativi sulla direzione intrapresa in termini di gestione turistica e sulle responsabilità politiche che hanno contribuito a creare il contesto attuale.


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