Turismo italiano devastato da chiusure e risorse insufficienti, ma si può viaggiare all'estero


Il Turismo italiano è un settore al collasso, devastato dalle chiusure e dalle risorse insufficienti. Il paradosso è che però si può viaggiare all'estero. Ecco cosa pensano gli operatori.

Il turismo, in Italia, perderà 1,4 miliardi di euro nella sola settimana di Pasqua: il danno riguarda gli alberghi, i ristoranti, le attività e i servizi rivolti ai turisti. Sono questi i numeri diffusi dalle stime di Cst (Centro Studi Turistici) per Assoturismo Confesercenti: a causa delle restrizioni per contenere il contagio da Covid-19, le strutture, quest’anno, faranno a meno di 11,3 milioni di presenze, e questo dopo un inizio anno disastroso, dato che il turismo invernale è stato praticamente azzerato a causa delle chiusure degli impianti e del Capodanno in casa, con 4 miliardi di euro bruciati, sempre secondo le stime di Cst. Tanto che il presidente di Assoturismo, Vittorio Messina, parla di un 2021 che “assomiglia sempre di più a un nuovo 2020”.

Un settore al collasso anche secondo Federturismo, che lo scorso 19 marzo ha diffuso ulteriori numeri per sottolineare quanto il Covid sia costato al turismo. La federazione degli operatori turistici, in particolare, cita un’indagine Nomisma che indica come l’8% delle imprese turistiche italiane sia già scomparso a causa delle misure restrittive per arginare la pandemia nonché a causa delle misure di sostegno insufficienti, e un altro 31% rischia di non riaprire nel 2021. Il comparto è costituito da 386mila imprese che generano 232 miliardi di contributo al Pil: secondo Federturismo è dunque “indifferibile l’apertura di un confronto diretto con le imprese del settore per costruire un meccanismo che sia di reale impatto per la sostenibilità economica di intere filiere produttive”.

La Pasqua, comunque, ormai è andata. Quasi tutta l’Italia si troverà di fatto in un lockdown non troppo diverso rispetto a quello del 2020, stante l’abolizione delle zone gialle fino al 30 aprile. E per il settore del turismo, in più, c’è la beffa dei viaggi turistici all’estero consentiti. Un’assurdità, secondo pressoché tutti gli operatori, che aggiunge una beffa al danno, quando servirebbero subito “riaperture progressive e in sicurezza”, dichiara oggi al Gazzettino il presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli.

Turismo

Il caso dei viaggi per turismo consentiti verso la Spagna e verso altre destinazioni

“Gli alberghi e tutto il sistema dell’ospitalità italiana sono fermi da mesi a causa del divieto di spostarsi da una regione all’altra”, afferma il presidente di Federalberghi, Bernabò Bocca. “Non comprendiamo come sia possibile autorizzare i viaggi oltre confine e invece impedire quelli in Italia”. Il dpcm dello scorso 2 marzo lasciava infatti aperta la possibilità, per i turisti italiani, di viaggiare all’estero nei paesi che permettono l’ingresso al turismo. Le regole, certo, variano di paese in paese. Ci sono paesi che non consentono viaggi non necessari: è il caso, ad esempio, del Belgio, della Danimarca, della Finlandia. La Germania ha espressamente vietato i pernottamenti per turismo. Altri impongono regole che scoraggiano i viaggi: l’Austria, per esempio, impone un autoisolamento fiduciario di dieci giorni per chiunque arrivi dall’Italia, mentre la Francia sconsiglia fortemente i viaggi (anche perché il paese è sottoposto a un regime di lockdown simile a quello dell’Italia, quindi i turisti hanno poco da fare... ) e per chi non possa rinunciare impongono un test molecolare, mentre il Portogallo chiede test e, per i viaggiatori in arrivo da paesi con incidenza 500 casi/100.000 abitanti nei 14 giorni, quarantena di due settimane. Ma ce ne sono altri dove entrare non è troppo complicato. Per andare sulle spiagge di Cipro occorre presentare un test negativo effettuato non più di 72 ore prima della partenza, e poi ripetere il test all’arrivo rimanendo in autoisolamento fino al risultato. A Malta e in Spagna basta invece presentare il test, anche in questo caso non più vecchio di 72 ore.

Data la facilità d’ingresso in Spagna, aumentano i voli verso il paese: il Sole 24 Ore riporta infatti che, nella settimana di Pasqua, è previsto un traffico di 140mila passeggeri, tra partenze e arrivi, negli aeroporti milanesi di Malpensa e Linate, con un +41,5% rispetto alla media giornaliera del traffico di febbraio. Un “mini-boom” secondo il quotidiano: si pensi che dal 3 al 7 aprile sono previsti in tutto 19 voli da Malpensa verso le Canarie (Tenerife, Fuerteventura, Las Palmas) e altre località spagnole come Madrid e Barcellona, con 131 passeggeri in media per ciascun volo, e con prevalenza di voli delle compagnie low-cost. Il paradosso è che, stando alle regole dell’ultimo decreto anti-Covid, due parenti che abitano in due regioni rosse diverse non possono incontrarsi sul suolo nazionale dati i divieti sugli spostamenti, ma possono tranquillamente imbarcarsi su un volo e incontrarsi a Formentera per festeggiare la Pasqua insieme.

C’è però da dire che, dopo le feroci polemiche scoppiate proprio per i paradossi della situazione, il ministro della Salute, Roberto Speranza, ha firmato un’ordinanza in vigore fino al 6 aprile che impone l’obbligo di effettuare un tampone in partenza, sottoporsi a una quarantena di cinque giorni al rientro in Italia, e fare un ulteriore tampone finiti i cinque giorni. Ma neanche questa soluzione è piaciuta ad alcuni operatori, visto che, alla fine, alcuni tour operator italiani stanno lavorando con i nostri connazionali che intendono trascorrere la Pasqua fuori dai confini nazionali. “La toppa è peggio del buco”, sottolinea Bernabò Bocca. “Noi non volevamo fare assolutamente la guerra agli italiani che andavano all’estero, né tantomeno a tour operator e agenzie di viaggi italiani di cui abbiamo la massima considerazione. Il nostro discorso è solo questo: se il tampone vale per andare all’estero deve valere anche in Italia. Federalberghi è convenzionata con più di duemila centri diagnostici per i tamponi in hotel. Se è permesso salire su un aereo col tampone, sia permesso anche in hotel”. La proposta degli albergatori non è dunque quella di irrigidire le regole per chi viaggia all’estero, ma di lasciare aperta la possibilità di viaggiare in Italia alle persone vaccinate o con tampone effettuato non oltre le 48 ore precedenti il viaggio, oppure con il risultato di un test sierologico che dimostri che si è guariti dalla malattia. Tuttavia, per le associazioni del turismo organizzato, tra cui Fiavet e Fto-Federazione Turismo Organizzato Confcommercio, l’obbligo di quarantena e tampone è “l’ennesimo sfregio inflitto al turismo organizzato”. È davvero difficile, dicono le associazioni, “capire come una quarantena di cinque giorni e un ulteriore tampone alla fine dei cinque giorni, possa essere una misura necessaria e utile per persone che hanno già effettuato un tampone risultato negativo 48 ore prima del rientro nel nostro Paese. Non si può non leggere questa ordinanza come una conseguenza di tutte le sterili e inutili polemiche degli ultimi giorni”.

C’è anche da dire che la situazione, nei paesi più gettonati dai viaggiatori, non è proprio rosea, e scoppiano numerose polemiche anche nelle destinazioni turistiche, a cominciare dalla Spagna: a Madrid si sono infatti registrati casi di turisti troppo festaioli che hanno portato alcune parti politiche a parlare di “turismo de borrachera”, il turismo dei giovani che provengono dall’estero per far festa e ubriacarsi. Non solo: la catena alberghiera Meliá ha presentato addirittura una denuncia contro il governo spagnolo, chiedendo un risarcimento di 116 milioni di euro per i danni subiti nel 2020, e questo a causa delle restrizioni imposte nel paese. Anche in Spagna, peraltro, esiste il divieto di spostamento tra una Comunità Autonoma e l’altra (le Comunità Autonome sono omologhe delle nostre regioni, ma hanno margini di autonomia molto più ampi) e la possibilità di far arrivare i turisti stranieri è vista anche lì come un paradosso. E nonostante in Spagna il governo abbia concesso molte più aperture del nostro, la percezione della popolazione è che le regole siano comunque piuttosto severe.

L'aeroporto di Malpensa
L’aeroporto di Malpensa

I ristori? Pochi e insufficienti

Ai paradossi dei viaggi non consentiti sul territorio nazionale ma permessi all’estero si aggiunge il tema dei ristori giudicati insufficienti da praticamente tutti gli operatori del comparto. E c’è anche delusione nei confronti del governo Draghi. “Ci aspettavamo un deciso cambio di passo che non c’è stato”, sottolinea ancora Carlo Sangalli. “Le risorse sono del tutto insufficienti e la riapertura in sicurezza delle attività ancora un miraggio. Bene che si sia archiviato il meccanismo dei codici Ateco, raccogliendo peraltro una nostra richiesta, mala platea di beneficiari è molto ampia e l’indennizzo medio è di appena 3.700 euro. Una cifra che non tiene conto della drammaticità della situazione a partire dall’impatto sul terziario di mercato di un crollo dei consumi prossimo, nel 2020, ai 130 miliardi di euro”.

Misure inadeguate anche per Fiavet e Fto, che hanno espresso le loro preoccupazioni al ministro del turismo, Massimo Garavaglia: le associazioni dei tour operator parlano di “insoddisfazione per l’inadeguatezza delle misure previste” dal nuovo decreto Sostegni e chiedono “un intervento urgente per garantire doverosi e proporzionali sostegni alle imprese che hanno subito più di tutte sia le conseguenze della pandemia sia gli effetti collaterali delle chiusure e delle restrizioni adottate”. Ristori insufficienti anche per Federalberghi, che la scorsa settimana faceva sapere di essere al lavoro per “sollecitare l’adozione di interventi correttivi e migliorativi, durante l’esame di questo decreto e in vista dei futuri provvedimenti”. Situazione disastrosa anche per i pubblici esercizi, come fa sapere il presidente di Fipe-Confcommercio, Lino Enrico Stoppani, che lo scorso 22 marzo, intervenendo al consiglio direttivo della federazione (che si è svolto dinnanzi alla presenza straordinaria del ministro Garavaglia), ha dato alcuni numeri: nel 2020, i pubblici esercizi hanno perso circa il 38% del fatturato e 22mila aziende hanno chiuso. “Davanti a questi numeri”, ha commentato, “i sostegni non possono essere sufficienti. L’unica ricetta è riaprire, in sicurezza ovviamente. Siamo pronti a confrontarci con il nuovo Cts e con il Ministero della Salute per un nuovo protocollo, più stringente, e con controlli rigorosi. La ristorazione è una componente essenziale del turismo e un attrattore eccezionale, eppure viene sempre considerata la cenerentola del comparto. È necessario porre fine alla frammentazione della rappresentanza, per convogliare le attività svolte dai pubblici esercizi sotto un unico ministero, quello del Turismo”. Quanto ai ristori, ha concluso Stoppani, “con l’ultimo decreto un ristorante medio, che ha perso oltre 165mila euro nel 2020 rispetto all’anno prima, ovvero il 30% del proprio fatturato, si è visto ristorare solo il 3,3%. Non è minimamente sufficiente. C’erano grandi aspettative per misure perequative e indennizzi proporzionati alle perdite. E invece così non è stato”.

Il ministro Garavaglia ha dato alcune rassicurazioni al settore, proponendo sblocco delle risorse da parte del Mef, notifica alla Commissione europea per adeguare la soglia del temporary framework a 1,8 milioni di euro, estensione dell’ecobonus del 110%, anche ai pubblici esercizi oltre che agli alberghi. Inoltre Garavaglia ha anche fatto sapere che il suo ministero sta lavorando a un decreto per utilizzare i 230 milioni non ancora assegnati per coprire le perdite da agosto 2020 in poi, con criteri più equi che includano le imprese turistiche escluse dai ristori, tra cui quelle di nuova apertura.

Turismo
Ph. Confcommercio

La luce in fondo al tunnel: alcune buone notizie

La buona notizia è che comunque gli operatori non hanno perso le speranze e l’estate potrebbe far vedere la luce alla fine del tunnel. “Non appena ci saranno le condizioni”, confida Andrea Corsini, assessore al Turismo dell’Emilia Romagna, “le nostre città e località si riempiranno di turisti. Lo dico perché ho degli elementi e dei numeri. In luglio e agosto ci sarà il tutto esaurito sia sulla Riviera che sull’Appennino, soprattutto di turisti italiani”. Le prenotazioni per le vacanze al mare non stanno andando male: alcune conferme arrivano per esempio dalla Liguria, dove i turisti stanno già prenotando, afferma Gianmarco Oneglio, presidente di FIBA (Federazione Italiana Imprese Balneari) Confesercenti Liguria. Prenotazioni Covid permettendo, naturalmente. Ma gli operatori si sono fatti più flessibili ed è aperta la possibilità di disdire la vacanza anche in extremis. E gli stabilimenti balneari, in vista dell’estate, stanno già cominciando ad avviare le operazioni per l’apertura tra maggio e giugno.

In Toscana vengono già diffusi alcuni dati: secondo uno studio di Cst, l’estate 2021 vedrà un incremento delle presenze rispetto al 2020 pari al 24% (ci saranno, in numeri assoluti, 2 milioni di presenze in più). Le prenotazioni, in regione, sono arrivate già in febbraio, e anche in Toscana gli stabilmenti balneari confidano in una buona estate. “Sfido chiunque a trovarne di ancora disponibili, la pressione è particolarmente forte sulla Costa degli Etruschi e in Versilia”, dichiara a Repubblica il direttore del settore ricerca di Cst Firenze, Gianfranco Lorenzo. Anche per il 2021 si prevede un turismo simile a quello del 2020: lento, italiano, nelle destinazioni più tranquille. E lo scorso anno, in effetti, i borghi e le destinazioni meno usuali avevano fatto registrare tassi di crescita importanti: su queste pagine avevamo documentato il caso di Volterra, che aveva del miracoloso secondo gli operatori cittadini. E notizie di prenotazioni che stanno partendo arrivano da diverse regioni: il Lazio, la Sardegna, l’Abruzzo.

La speranza di tutti è che le campagne vaccinali procedano spedite e consentano di tornare presto alla normalità: vale non solo per l’Italia, ma anche per l’estero, visto che in Italia si attende, per il 2021, la ripartenza del turismo straniero. “Il piano delle vaccinazioni”, spiega Luca Patanè, presidente di Confturismo, “non è solo un tema di salute, è un elemento essenziale per fare ripartire l’economia del Paese, cominciando dal turismo, che vale il 13% del Pil. Da questo Governo ci attendiamo scelte decise: bisogna puntare sul nostro settore, non solo con ristori adeguati in rapporto alle enormi perdite accumulate, ma anche vaccinando con priorità i nostri addetti, aderendo da subito e con convinzione all’iniziativa dei green pass digitali proposta dall’Europa e realizzando corridoi e destinazioni Covid free comunicandolo ai grandi mercati, come stanno facendo altri Paesi”.

Veduta di Vernazza
Veduta di Vernazza


Veduta di Volterra
Veduta di Volterra

Le proposte per far ripartire il settore

Secondo gli operatori del turismo in fondo non c’è molto da inventarsi: riaprire il prima possibile, incentivare, garantire sgravi fiscali. Sono queste le ricette che molti indicano al governo per far ripartire il turismo italiano. Federalberghi indica quattro interventi: abolizione delle restrizioni agli spostamenti; interventi sulla liquidità, alla copertura dei costi fissi che gravano sugli immobili; incentivi per la riqualificazione delle strutture ricettive; sgravi contributivi per le imprese che richiamano in servizio il personale. Proposte simili anche da Federturismo: “Occorre, sempre nel rispetto delle norme di sicurezza, prevedere le riaperture fin dalle prossime settimane”, sottolinea la presidente Marina Lalli. “Con la certificazione di vaccinazione, tampone negativo, o immunità post covid è giunto il momento di progettare un dopo, iniziando dall’abolizione delle restrizioni agli spostamenti e facendo riprendere in Italia i flussi internazionali con gli adeguati controlli, ma abbandonando iniziative che generano confusione”.

Il presidente di Confcommercio-Confturismo, Luca Patanè, puntando il dito contro i sostegni insufficienti (“non sono quei quattro soldi di ristori che ci possono salvare”) chiede “corridoi veri, che funzionino”. Mentre Sangalli di Confcommercio auspica il “decollo della campagna vaccinale e fare di tutto per consentire riaperture in sicurezza. Associazioni e imprese sono pronte a fare la propria parte: tutta e sino in fondo. In ogni caso, le scelte adottate vanno spiegate. Anche perché continuiamo a non comprendere, ad esempio, perché i ristoranti non possano lavorare mantenendo le distanze di sicurezza e i protocolli sanitari. O perché i negozi di abbigliamento non siano ricompresi tra le attività essenziali, e che rischiano di saltare ancora una stagione decisiva per la tenuta delle attività”. Quello che servirebbe, secondo Sangalli, sono “indennizzi più adeguati, più inclusivi e più tempestivi”, e poi ancora “la proroga della moratoria sui prestiti bancari in scadenza a giugno, nonché l’allungamento dei tempi di rimborso dei prestiti bancari assistiti da garanzie pubbliche a non meno di 15 anni. Ancora, moratorie fiscali decisamente più ampie. E bisogna intervenire sulla TARI: una vera assurdità visto che le imprese devono continuare a pagare questo tributo anche se sono chiuse e non producono rifluti. E poi il nodo dei canoni di locazione degli immobili commerciali: il credito d’imposta va riproposto e la riduzione dei canoni va incentivata anche fiscalmente”.

L’Ascom - Confcommercio Imprese per l’Italia di Torino chiede addirritura un biennio bianco, ovvero niente tasse fino al 2022, data la situazione disastrosa che le imprese del commercio e del turismo stanno vivendo. E naturalmente tutti chiedono al governo di poter essere messi nella condizione di poter programmare e pianificare. Senza questa possibilità, sarà ben difficile programmare qualunque ripartenza.


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