Riemerge ad Alès, in Francia, un mosaico romano intatto: la scoperta durante uno scavo


Durante una campagna archeologica ad Alès, in Occitania (Francia), è stato riportato alla luce un raro mosaico romano policromo. L’intervento, condotto dall’Inrap tra febbraio e giugno 2025, ha rivelato una densa occupazione tra il II e il VI secolo d.C.

Un pavimento musivo ben conservato è emerso tra le pendici dell’Ermitage, la collina che sovrasta la città di Alès, nel dipartimento del Gard (Francia). La scoperta è avvenuta nel corso di una campagna di scavi archeologici portata avanti dall’Inrap (Institut national de recherches archéologiques préventives), sotto prescrizione della Drac Occitanie, tra febbraio e giugno del 2025. L’area indagata, un terreno di 3.750 metri quadrati, ha restituito una serie di testimonianze che documentano un’occupazione continuativa e densa compresa tra il II e il VI secolo dopo Cristo.

Gli archeologi hanno identificato almeno quattro abitazioni antiche, parzialmente ricavate direttamente nella roccia, caratterizzate da un buon grado di conservazione. Gli edifici mostrano una notevole competenza tecnica da parte dei costruttori, soprattutto in materia di ingegneria edilizia e gestione delle acque. Le pareti interne delle strutture sono rivestite da uno strato di argilla, utilizzato per contenere le infiltrazioni provenienti dalle formazioni calcaree circostanti, particolarmente attive durante le precipitazioni. In alcuni punti, sono ancora visibili tracce di pittura murale, seppure molto sbiadite e difficilmente interpretabili. Il sistema di isolamento era completato da condotti sotterranei realizzati con tegole, talvolta sostenuti da strati di blocchi litici con funzione drenante. Il suolo su cui poggiano queste abitazioni è costituito da uno strato di braciere, una miscela di frammenti vegetali e polvere calcarea, che funge da base per pavimenti realizzati in lastre di calcare o in cemento calcareo. A poca distanza, è emersa una costruzione di dimensioni decisamente maggiori: un edificio di circa 750 metri quadrati, probabilmente una residenza, che ha subito nel tempo almeno due fasi di ristrutturazione.

Scoperta del mosaico © Chandevau, Inrap
Scoperta del mosaico © Chandevau, Inrap
Vista aerea di un'abitazione scavata nella roccia © A. Farge, Inrap
Vista aerea di un’abitazione scavata nella roccia © A. Farge, Inrap
Vista aerea di un'abitazione scavata nella roccia © A. Farge, Inrap
Vista aerea di un’abitazione scavata nella roccia © A. Farge, Inrap

La struttura di maggior respiro presenta un impianto originario in terra battuta, delimitato da muri costruiti in pietre legate con terra. In un secondo momento, i pavimenti sono stati sostituiti da superfici in cemento, alcune delle quali ornate con tessere musive, segnando una chiara evoluzione architettonica e funzionale dell’edificio. Sul lato orientale della struttura è stato identificato un originale sistema di smaltimento delle acque piovane, costituito da una fila di anfore con le estremità tagliate e inserite l’una nell’altra, probabilmente destinato a convogliare le acque del tetto. La scoperta più rilevante riguarda una stanza di rappresentanza pavimentata con un mosaico policromo, ubicata all’interno dell’edificio. Lo spazio, di 4,50 per 3,80 metri, presenta una decorazione centrale composta da intrecci geometrici realizzati con tessere bianche e nere, alcune delle quali dipinte con una sfumatura rossa tendente al violaceo. Alcuni motivi sono evidenziati da tonalità più intense di rosso, che fanno ipotizzare l’utilizzo di un pigmento costoso. Sono in corso analisi per verificare l’eventuale presenza del rosso cinabro, un pigmento minerale brillante ricavato dal solfuro di mercurio. Un’altra anomalia cromatica riguarda la presenza di tessere dipinte di giallo.

L’organizzazione del pavimento lascia spazio a varie interpretazioni sulla funzione della stanza. Attorno al motivo centrale, due fasce bianche prive di decorazione sollevano interrogativi: potrebbero indicare alcove oppure aree predisposte all’installazione di panche o di mobili particolari. Inoltre, un lato del mosaico è decorato con una fila di croci bianche su fondo nero, incorniciate da tessere bianche: secondo gli archeologi, il disegno potrebbe corrispondere alla posizione di una porta o di un’apertura che conduceva a un altro ambiente. Le indagini attualmente in corso mirano a chiarire ulteriormente la planimetria dell’edificio e la sua destinazione d’uso. L’ipotesi principale è che si trattasse di una domus, ovvero una residenza urbana romana appartenente a una famiglia facoltosa, dotata di ambienti distinti per la rappresentanza e la vita privata.

Pulizia in corso del mosaico © Giraud, Inrap
Pulizia in corso del mosaico © Giraud, Inrap
Panoramica della stanza a mosaico © Giraud, Inrap
Panoramica della stanza a mosaico © Giraud, Inrap

A sud dell’area interessata dagli scavi è stata individuata una zona funeraria databile alla tarda antichità, compresa tra la metà del V e la fine del VI secolo d.C. Sono state identificate dieci sepolture, tutte orientate con la testa a ovest, secondo un uso ricorrente in ambito cristiano. Le prime evidenze suggeriscono che i corpi fossero deposti in casse di legno o in strutture realizzate con assi. Alcune tombe presentano una copertura litica, mentre nella maggior parte dei casi sono assenti i corredi funebri. Due sepolture supplementari, rinvenute più a nord-ovest, sembrano ricollegarsi allo stesso periodo, pur in un contesto isolato. Anche in questo caso, saranno le analisi al radiocarbonio a fornire una cronologia più precisa. Il paesaggio dell’Ermitage ha continuato a evolversi nei secoli successivi. Tra il XVI e il XVIII secolo, l’area è stata organizzata in terrazze agricole, le cosiddette “faisse”, mentre nel XIX secolo ha subito nuove trasformazioni strutturali. Le fasi più recenti, però, non hanno compromesso la conservazione delle strutture antiche, che ora presentano una buona opportunità per approfondire la conoscenza della vita quotidiana e dell’architettura in un contesto romano periferico.


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