Roma continua a restituire tesori sepolti sotto i suoi strati millenari. Nel cuore della città, durante gli scavi per la realizzazione della Linea C della metropolitana in corso a Piazza Venezia, è riemerso un piccolo ma prezioso frammento di storia rinascimentale. All’interno delle fondazioni quattrocentesche del Palazzetto Venezia è stato rinvenuto un vaso in terracotta contenente tre medaglie commemorative in bronzo risalenti al 1465, tutte recanti l’effige di papa Paolo II.
Il ritrovamento è avvenuto durante le operazioni condotte dalla Soprintendenza Speciale di Roma nell’ambito dei lavori commissionati da Roma Metropolitane per conto di Roma Capitale e realizzati dalla società Metro C, guidata da Webuild e Vianini Lavori. Le medaglie, accuratamente deposte al momento della costruzione dell’edificio, offrono una testimonianza suggestiva di pratiche augurali legate all’edilizia del Quattrocento.
“Il rinvenimento di queste medaglie”, commenta Daniela Porro, Soprintendente Speciale di Roma, “verosimilmente nascoste al momento della costruzione dell’edificio ci svelano una pratica di buon auspicio connessa con l’attività edilizia del tardo Quattrocento. È suggestivo che la scoperta sia avvenuta durante l’attuale Giubileo, perché è l’occasione per arricchire le nostre conoscenze su un aspetto particolarissimo della vita quotidiana e delle pratiche legate a tradizioni commemorative, se non scaramantiche, connesse con l’attività edilizia della Roma dei papi nel Rinascimento”.
Il Palazzetto Venezia, costruito per volontà di Paolo II nel 1467 come ampliamento del Palazzo Venezia, era stato spostato agli inizi del Novecento per consentire l’ampliamento scenografico della piazza e la costruzione del Vittoriano. Già allora, l’archeologo Rodolfo Lanciani aveva documentato rinvenimenti simili: monete e medaglie rintracciate durante i lavori di rifacimento delle fondazioni, anch’esse in numero variabile da tre a cinque, testimonianza di un rito diffuso.
La conferma arriva anche dalle parole di Marta Baumgartner, archeologa della Soprintendenza e direttrice scientifica dello scavo: “Occultare questi oggetti nei basamenti di grandi e piccoli edifici è una pratica di buon auspicio di tradizione ben più antica, connessa a una sorta di rito di fondazione legato all’edificazione di complessi importanti come a esempio palazzi e chiese ma che trova riscontro, anche oggi, anche nella più comune edilizia privata”.
Il valore del ritrovamento è duplice: da un lato arricchisce le conoscenze sulla costruzione del Palazzetto, dall’altro illumina la continuità di pratiche rituali nella storia della città. Secondo Luigi La Rocca, Capo Dipartimento Tutela del Ministero della Cultura, lo scavo di Piazza Venezia conferma la straordinaria stratificazione della capitale: “Lo scavo in piazza Venezia ha già disvelato importanti strutture di età romana, ma la scoperta del piccolo tesoretto nascosto nelle fondazioni di Palazzetto Venezia, oltre al valore storico del rinvenimento che attesta la data della costruzione del complesso edilizio nel 1467, evidenzia ancora una volta la straordinaria profondità della stratificazione storica della città, confermando come sia possibile, grazie al coordinamento e alla collaborazione tra le istituzioni, coniugare la realizzazione di una fondamentale opera pubblica con la ricerca e la tutela dello straordinario patrimonio archeologico di Roma. L’impegno costante del Ministero, in particolare della Soprintendenza Speciale di Roma, è garanzia del corretto indirizzo, sul piano tecnico e scientifico, delle attività di ricerca, di conservazione del palinsesto archeologico e della valorizzazione dei reperti che saranno esposti, dunque restituiti alla città e ai turisti che la affollano, all’interno della stazione, ciò che è il senso vero della tutela”.
La prospettiva, dunque, è di restituire questi reperti alla visibilità pubblica. Le medaglie, dopo gli studi e i necessari interventi di conservazione, saranno infatti esposte all’interno della nuova stazione, un’infrastruttura moderna trasformata in un luogo di memoria che dialoga con il passato millenario della città.
La scoperta non può essere separata dalla figura del pontefice che ne commissionò la costruzione. Pietro Barbo, nato a Venezia nel 1417 in una famiglia patrizia di commercianti, divenne papa nel 1464 con il nome di Paolo II. La sua carriera ecclesiastica fu rapida: avviato dallo zio Gabriele Condulmer, futuro papa Eugenio IV, agli studi umanistici, a soli 23 anni era già cardinale. Nel 1451 ottenne la titolarità della diocesi di San Marco e proprio in quella veste avviò la costruzione del Palazzo Venezia, inizialmente chiamato di San Marco.
L’elezione a pontefice fu sorprendente. Alla morte di Pio II Piccolomini, il conclave lo scelse all’unanimità al primo scrutinio. La scelta del nome non fu semplice: Barbo aveva pensato a Formosus II, in riferimento al proprio aspetto, e a Marco II, in omaggio alle origini veneziane, ma entrambe le ipotesi furono scartate. Optò così per Paolo II, in omaggio all’apostolo delle genti.
Il suo pontificato fu segnato da luci e ombre. Fondò l’Università Istropolitana, primo ateneo in Slovacchia, e promosse restauri di monumenti romani. Tuttavia, si inimicò le accademie italiane per aver soppresso l’Accademia Romana, ritenuta sospetta di paganesimo, e per aver proibito lo studio dei poeti pagani ai giovani romani.
Due anni dopo la sua elezione, Paolo II decise di ampliare il complesso edilizio con la costruzione del Palazzetto, dove abitò a lungo. Alla sua morte, l’edificio fu completato dal nipote Marco Barbo, patriarca di Aquileia. Dal XVI secolo, la storia del Palazzo e del Palazzetto si intrecciò con le vicende politiche della penisola: nel 1564 papa Pio IV li donò alla Repubblica di Venezia come riconoscimento per l’adesione al Concilio di Trento, trasformandoli nella prima ambasciata stabile della Serenissima a Roma.
Nel 1797, con l’annessione di Venezia all’impero asburgico, il complesso passò all’Austria come sede diplomatica. Durante l’epoca napoleonica divenne proprietà del Regno d’Italia fondato da Bonaparte, ma con la Restaurazione tornò sotto controllo austriaco, ospitando in parte anche studenti dell’Accademia di Belle Arti di Vienna.
L’inizio del Novecento segnò una nuova svolta. Con la trasformazione urbanistica di Roma capitale e la costruzione del Vittoriano, il Palazzetto fu smontato e ricostruito nel 1910 sul lato occidentale della chiesa di San Marco, riutilizzando parte del materiale originario. Nel 1916, durante la Prima guerra mondiale, passò allo Stato italiano con un esproprio decretato in risposta al bombardamento di Venezia da parte degli austriaci. Dal 2006 fa parte del Museo nazionale del Palazzo Venezia.
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