Il Simbolismo tra Otto e Novecento. Sviluppi, temi e stili


La pittura simbolista spostò l'enfasi su una soggettività immaginativa e onirica carica di riferimenti e dettagli decorativi.

Il Simbolismo è stato un movimento culturale, letterario e artistico ottocentesco, di transizione dal Romanticismo della prima parte del XIX secolo al Modernismo del XX secolo, la cui affermazione in Francia si fa coincidere con la pubblicazione nel 1886 di uno scritto del poeta Jean Moréas, ritenuto manifesto stilistico d’ispirazione anche per i pittori detti simbolisti. 

La maggior parte degli storici dell’arte si riferisce al Simbolismo nelle arti visive come a un atteggiamento intellettuale e artistico piuttosto che a un movimento, come era più chiaramente in poesia, che ebbe una portata internazionale. Artisti di molti paesi hanno condiviso questa visione in varia misura derivata da varie fonti visive, cercando di esprimere l’esperienza emotiva individuale attraverso soggetti personali, spirituali, mistici e spesso oscuri, e temi legati alla religione, alla mitologia, al sogno e alla nostalgia di un mondo antico, lamentando il declino spirituale del mondo moderno. Il Simbolismo seguiva cronologicamente all’Impressionismo, ma ne era l’antitesi, poiché l’enfasi dei pittori si spostò sul significato sottostante alle forme e ai colori, coinvolgendo i linguaggi dei post-impressionisti come Paul Gauguin.

Tra i pittori più rappresentativi propriamente simbolisti, i francesi Gustave Moreau, Odilon Redon e Pierre Puvis de Chavannes e lo svizzero Arnold Böcklin, che sposarono ideali estetici che proclamavano il potere della propria soggettività attraverso una pittura immaginativa e altamente simbolica, capace di superare la realtà apparente. 

Gustave Moreau, L'Edipo e la Sfinge (1864; olio su tela, 206 x 105 cm; New York, Metropolitan Museum of Art)
Gustave Moreau, L’Edipo e la Sfinge (1864; olio su tela, 206 x 105 cm; New York, Metropolitan Museum of Art)
Gustave Moreau, Orfeo (1865; olio su tavola, 154 x 99,5 cm; Parigi, Musée d'Orsay)
Gustave Moreau, Orfeo (1865; olio su tavola, 154 x 99,5 cm; Parigi, Musée d’Orsay)
Odilon Redon, Spirito custode delle acque (1878; carboncino su carta, 466 x 376 mm; Chicago, Art Institute)
Odilon Redon, Spirito custode delle acque (1878; carboncino su carta, 466 x 376 mm; Chicago, Art Institute)
Odilon Redon, L'occhio, come uno strano palloncino si muove verso l'infinito (1882; litografia, 259 x 196 mm; New York, MoMA)
Odilon Redon, L’occhio, come uno strano palloncino si muove verso l’infinito (1882; litografia, 259 x 196 mm; New York, MoMA)
Odilon Redon, Gli occhi chiusi (1890; olio su tela, 44 x 36 cm; Parigi, Musée d'Orsay)
Odilon Redon, Gli occhi chiusi (1890; olio su tela, 44 x 36 cm; Parigi, Musée d’Orsay)

Origini e sviluppo internazionale del Simbolismo

Il Simbolismo in pittura ha preso la sua direzione dai poeti e dai teorici letterari del movimento in area francese, per la maggior parte convinti che l’arte non dovesse relazionarsi con l’esperienza e realtà quotidiana. Come per gli scrittori, i pittori simbolisti prediligevano le opere basate sulla fantasia e sull’immaginazione

La loro posizione fu autorevolmente definita dal giovane critico Albert Aurier (Châteauroux, 1865 – Parigi, 1892) sulla rivista “Mercure de France” nel marzo del 1891, che elaborò le affermazioni preliminari del poeta Moréas, pubblicate anni prima sul quotidiano francese “Le Figaro” a settembre 1886, nell’articolo-manifesto intitolato “Le Symbolisme”. Secondo Aurier, lo scopo dell’arte era "rivestire l’idea in una forma sensuale", con funzioni soggettive, simboliche e decorative. La pittura doveva essere espressione visiva della vita interiore e “sintetica”, cioè ridotta ai simboli per meglio suggerire l’evocazione e penetrare al di là delle apparenze del reale.

Per i pittori simbolisti l’idea dello spirituale fu molto importante, così come i temi della deformazione e della morte, specchio del periodo storico considerato come periodo di declino artistico, umano ed etico in una società sempre più industrializzata e immorale. Una reazione contro il moralismo, il razionalismo e il materialismo degli anni Ottanta dell’Ottocento come si vede nella preferenza per l’apparenza artificiale rispetto al dato naturale. Gli artisti fin-de-siècle sentivano il bisogno di andare oltre il Naturalismo nell’arte e, anche in musica, il Simbolismo serviva a creare corrispondenze tra mondo oggettivo e sensazioni soggettive. Nei termini di argomenti specifici, i simbolisti combinavano il misticismo religioso, il perverso, l’erotico e il decadente

Cominciando dalla Francia, dove il termine “Simbolismo” è stato usato per la prima volta per descrivere questo fenomeno e dove l’estetica è stata codificata, appartengono al filone del Simbolismo sia il gruppo dei Nabis fondato da Paul Sérusier nel 1889, attivo all’incirca fino al 1890, che quello dei Rose+Croix, guidato tra il 1892 e il 1897 dallo scrittore “Sar” Joséphin Péladan, che seguiva le credenze occulte del presunto visionario del XV secolo Christian Rosenkreuz e perseguiva la dimensione spirituale dell’arte.

I Nabis, sebbene non attribuissero le stesse opinioni religiose o politiche ai soggetti degli altri simbolisti, credevano che l’artista avesse il ruolo di un “profeta”, traduzione della parola ebraica e araba “nab?”, che ha il potere di rivelare l’invisibile. Il loro stile traeva ispirazione dalla lezione di Paul Gauguin sul significato dei colori usati in modo piatto, non imitativo ma soggettivo, e si arricchiva di una componente mistica e spirituale, una vera fede artistica nell’espressione simbolica di un sentire interiore. Molti degli artisti Nabis pubblicarono sulla rivista simbolista “La Revue Blanche” insieme alle loro controparti letterarie.

La confraternita dei Rose+Croix, di natura esoterico-religiosa, rifiutava il materialismo dell’epoca legandosi a un’idea di arte mistica e occulta, idealista e al servizio della bellezza. L’arte per questo gruppo era un’iniziazione alla rivelazione religiosa. Le opere da loro prodotte assumevano la forma di allegorie mistiche, ma erano stilisticamente più tradizionali di quelle degli esponenti propriamente simbolisti, esposte in occasioni dedicate, Salons de la Rose+Croix di Parigi, decisamente significativi per aver messo in risalto il lavoro di numerosi artisti di paesi diversi dalla Francia.

Odilon Redon, Ciclope (1914; olio su cartone montato su tavola, 65,8 x 52,7 cm; Otterlo, Kröller-Müller Museum)
Odilon Redon, Ciclope (1914; olio su cartone montato su tavola, 65,8 x 52,7 cm; Otterlo, Kröller-Müller Museum)
Arnold Böcklin, Giocare tra le onde (1883; olio su tela, 180 x 238 cm; Monaco di Baviera, Neue Pinakothek)
Arnold Böcklin, Giocare tra le onde (1883; olio su tela, 180 x 238 cm; Monaco di Baviera, Neue Pinakothek)
Arnold Böcklin, Ulisse e Calipso (1883; olio su mogano, 103,5 x 149,8 cm; Basilea, Kunstmuseum)
Arnold Böcklin, Ulisse e Calipso (1883; olio su mogano, 103,5 x 149,8 cm; Basilea, Kunstmuseum)
Arnold Böcklin, La peste (1898; tempera su abete, 149,5 x 105,1 cm; Basilea, Kunstmuseum)
Arnold Böcklin, La peste (1898; tempera su abete, 149,5 x 105,1 cm; Basilea, Kunstmuseum)
Arnold Böcklin, L'isola dei morti (maggio 1880; olio su tela, 110,9 x 156,4 cm; Basilea, Kunstmuseum)
Arnold Böcklin, L’isola dei morti (maggio 1880; olio su tela, 110,9 x 156,4 cm; Basilea, Kunstmuseum)
Pierre Puvis de Chavannes, Il sogno (1883; olio su tela, 82 x 102 cm; Parigi, Musée d'Orsay)
Pierre Puvis de Chavannes, Il sogno (1883; olio su tela, 82 x 102 cm; Parigi, Musée d’Orsay)

Temi e stili dei maggiori rappresentanti Moreau, Redon, Puvis, Böcklin

Gli artisti dell’epoca fin-de-siècle preferirono soggetti allegorici, letterari, mitici e religiosi, carichi di simboli arcani. Attratti dalla mitologia greca, dai precetti e dall’arte del primo Rinascimento italiano, dalle narrazioni del Nuovo Testamento e da stereotipi femminili come la femme fatale minacciosa o la femme fragile immacolata, svilupparono un interesse per il morboso, il mondo dei sogni e un’inclinazione al sentimento della malinconia.

Gustave Moreau (Parigi, 1826 –1898) fu il primo a esprimere il proprio mondo fantastico e visionario, attraverso una rappresentazione che rende il senso pauroso nascosto sotto la realtà visiva. Sottolineando l’importanza dell’immaginazione per la creazione artistica, si oppose alle due correnti dominanti nella pittura francese negli anni Cinquanta dell’Ottocento: da un lato il Realismo, che sottolineava la rappresentazione nuda e cruda di persone e soggetti della realtà quotidiana, e dall’altro il Naturalismo oggettivo, che era culminato nelle innovazioni formali dell’Impressionismo. Era un pittore figurativo che creava scene basate su temi leggendari e antichi con soggetti mitologici e religiosi, caratterizzati da un accento allusivo erotico e uno splendore decorativo.  

I dipinti di Moreau sono popolati da simboli visivi ambigui e figure scarsamente vestite colte in pose statuarie, espressione di un’immaginazione sintetica, con elementi cristiani in rapporto ad elementi classici e pagani, in atmosfere oniriche senza tempo. Nel suo stile altamente originale utilizzava colori brillanti e catturava immagini con precisione fotografica, per quanto facesse esperimenti tecnici, incluso il raschiare le sue tele, che lo condussero a dipinti non figurativi, eseguiti in modo sciolto con impasto spesso.

Come L’Edipo e la Sfinge (1864), il dipinto Orfeo (1865) rappresenta una sorta di punto di svolta sia per l’arte visiva francese che per lo stile personale di Moreau, presentando vari motivi compositivi poi ripetuti e una densità e oscurità di dettagli simbolici, che andavano ben al di là della pittura storica accademica. Due audaci interpretazioni di famose scene della mitologia greca, in cui aspetti del concetto e della composizione furono elementi chiave dell’estetica simbolista, quali la rappresentazione di una testa decapitata e il focus sulla figura femminile come una femme fatale o la direzione dello sguardo dei volti dipinti. 

Artisti successivi come Odilon Redon (Bordeaux, 1840 – Parigi, 1916) avrebbero rappresentato la testa mozzata, come un’immagine dello spirito fantasioso liberato dai vincoli terreni, e la natura androgina dei suoi personaggi quale espressione del regno spirituale nella sua natura intrinsecamente ibrida.

Redon è uno degli artisti simbolisti più importanti e originali. Le sue opere visionarie riguardano il mondo dei sogni e dell’immaginazione con cui ha esplorato temi mistici, fantastici e spesso macabri nella sua grafica e nei suoi dipinti. Divenne famoso per le serie chiamate “Noirs”, disegni a carboncino (Spirito custode delle acque, 1878) e stampe litografiche (L’occhio, come uno strano palloncino si muove verso l’infinito, 1882), in cui affiorano mostri spesso incroci uomo-pianta o creature uomo-animale, figure alate e, come si diceva, teste mozzate, sfruttando le suggestioni del colore nero. Più tardi, Redon iniziò ad adottare la tavolozza colorata usando gli olî, i pastelli e gli acquerelli in ritratti e nature morte floreali dai soggetti altamente personali e onirici. 

Gli occhi chiusi (1890) segnò una svolta per Redon, diventata una sorta di icona simbolista, visto che fu anche il suo primo dipinto ad essere acquistato per la collezione nazionale francese nel 1904 dal Musée du Luxembourg. Il motivo degli occhi chiusi, ispirato all’iconografia del Cristo morto, rappresentava un’allusione alla fuga dal mondo reale e dalle limitazioni terrene della vita cosciente. Stilisticamente Ciclope (1914) può essere considerata la sintesi della sua carriera, poiché combina l’interesse per la pittura a olio con la tavolozza dei colori del suo periodo pastello, insieme all’immagine di un mostro che si rifà ai primi “Noirs”. Il suo incontro con i Nabis lo introdusse a un’estetica più decorativa, l’uso del colore non naturalistico e le sue invenzioni di scene misteriose ebbero un enorme impatto sull’arte dei suoi contemporanei, come Paul Gauguin, così come sugli artisti moderni.

Mentre i pittori come Moreau e Redon dotavano le loro opere simboliche di un’intensità minacciosa, Arnold Böcklin (Basilea, 1827 – San Domenico di Fiesole, 1901) spesso rielaborava le immagini del mito con umorismo macabro: una strana miscela di comicità grottesca e incubo. 

Sebbene avesse studiato e lavorato nel Nord Europa e Parigi, Böcklin trovò la sua vera ispirazione nel paesaggio in Italia, verso cui viaggiava di tanto in tanto e dove trascorse gli ultimi anni della sua vita. Gran parte dell’opera di Böcklin è costituita da paesaggi marini, in cui l’artista con un approccio irriverente reinterpreta motivi e fonti classiche con soggetti mitologici, creature favolose o rifacendosi a temi allegorici oscuri. Ne è un importate esempio Giocare tra le onde del 1883. Tuttavia la sua opera più conosciuta è L’isola dei morti della quale dipinse cinque versioni tra il 1880 e il 1886, che presenta un’ambiguità tematica e stilistica. La fonte letteraria della scena è abbinata a un modello visivo realistico per il soggetto dell’isola dai colori drammatici, e amplificata dall’enfasi sulla bellezza e grandiosità naturale che sono tipici elementi poetici del Romanticismo, declinati sui temi invece ricorrenti nel Simbolismo come l’onore della morte e l’enigmaticità simbolica dei personaggi rappresentati. Altre scene spettrali come Ulisse e Calipso (1883) e La Peste (1898) rivelarono il suo personale simbolismo. 

Pierre Puvis de Chavannes (Lione, 1824 – Parigi, 1898) invece si specializzò nella pittura murale, grandi composizioni di contenuto simbolico dei temi dell’antichità che decoravano edifici pubblici e musei, e ne divenne il principale esponente francese della fine del XIX secolo. Sviluppò uno stile caratterizzato da forme semplificate, una linea ritmica e colorazione pallida, piatta, simile all’affresco. Tra le altre gli furono commissionate grandi opere per l’università Sorbona (1887–89) e il municipio Hôtel de Ville (completato nel 1893) e prima ancora per il Panthéon a Parigi, lavoro questo dal successo critico immediato completato dai suoi studenti dopo la sua morte. I pannelli de La vita pastorale di Saint Geneviève (1874-1878 circa, ciclo poi ultimato nel 1893-1898) installati nell’ex chiesa del Pantheon trasformata in edificio civico, presentavano un tripudio di elementi decorativi e una costruzione compositiva alla maniera della pittura rinascimentale che gli procurò i successi incarichi.

Puvis fu anche tra i fondatori e il primo presidente della Société Nationale des Beaux-Arts e sostenne una generazione di artisti più giovani e radicali che condividevano il suo desiderio di sfuggire alle realtà della società moderna e industrializzata attraverso i sogni, il simbolismo esoterico o la mitologia. Oltre ai cicli murali, realizzò ed espose regolarmente ai Saloni di Parigi dal 1860 in poi. L’olio su tela Il sogno del 1883 è rappresentativa della sua poetica simbolista.


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