Bologna, al MAMbo la prima italiana di MIKE, performance di Dana Michel sul tema del lavoro


Il 1° e il 2 giugno si terrà al MAMbo la prima italiana di MIKE, performance dell’artista e coreografa canadese Dana Michel, dedicata al tema del lavoro e progettata dopo una lunga esperienza in azienda, e col lavoro d’ufficio, dell’artista.

Per la prima volta in Italia, il MAMbo di Bologna presenta, sabato 1° giugno (dalle ore 19 alle 22) e domenica 2 giugno (dalle 17 alle 20), in collaborazione con Xing, la durational performance intitolata MIKE, opera dell’artista canadese Dana Michel.

MIKE è una performance che, attraverso due sessioni di tre ore ciascuna, esplora il concetto di “lavoro”, offrendo un’esperienza che intende suggerire una ribellione silenziosa, ma paziente. Con questo lavoro, Dana Michel vuole infatti aprire una breccia nelle convenzioni sociali non tanto per provocare, quanto per indagare con curiosità. Delicatamente, porta al centro del dibattito presunte “figure marginali”. La performer crea dunque una serie di situazioni che si sviluppano secondo una logica interna, muovendosi in un mondo di oggetti ai quali attribuisce nuovi significati e funzioni, discostandosi da un pensiero binario e lineare. Tra le righe, riflette sulla sua esperienza aziendale e sul lavoro d’ufficio che ha svolto per anni, mentre evoca un futuro lavorativo rivoluzionario e inclusivo. Con umorismo e sensibilità, mette in discussione le nostre stesse modalità di esistenza. MIKE presenta così un’ecologia temporale legata al concetto di rallentamento, emergendo da un panorama di oggetti e procedure spogliati di qualsiasi valore funzionale. L’approccio ai materiali e allo spazio temporale è caratterizzato da un’orizzontalità che suggerisce un pensiero non gerarchico.

Per Dana Michel, “la creazione e produzione di MIKE sono anche un impegno a evidenziare l’idea che senza fiducia in noi stessi e negli altri è impossibile vivere vite pubbliche che riflettano la nostra vita interiore. Ristagniamo in uno stato di semi-vita e disarmonia... intrappolati nel traffico infinito di non sapere come rispettare o addirittura riconoscere veramente l’altro. Dobbiamo credere l’uno nell’altro”.

“Ciò che condivido con il pubblico”, spiega l’artista, “è un amalgama, un sistema di pensieri, suoni, silenzio e dissonanze che ha raggiunto, nel tempo, una densità che posso esplorare in pubblico. Dettagli minuti emergono nella mia visione cinetica rendendo manifesti piccoli movimenti, risonanze, colori, textures. Entro in grande intimità con tutto ciò e lo condivido. Voglio rendere visibile il processo di riflessione. Uso la difficoltà come metodologia di navigazione, per spingere le mie performance in luoghi di vulnerabilità e scoperta. È da qui che posso ascoltare da una distanza più ravvicinata e condividere con gli altri. Pensare agli esseri come portali matematici, costituiti da miliardi di possibilità, approfondisce questo ascolto. Ciò che offro nella performance è un deposito di segni che rimane aperto all’interpretazione, un vasto spazio per incontrare e ampliare la propria logica di vedere e sperimentare. Con MIKE sono interessata ad esplorare come cambia il mio coinvolgimento e quello del pubblico. Già entrare in un edificio che non è uno spazio teatrale provoca sottili cambiamenti. So che il concetto di fiducia è lì, che scorre e porta alle scelte che faccio. Sento davvero il bisogno di esplorare questo argomento e non credo di essere l’unica. Quindi confido che possa entrare in risonanza con chi è presente. Come per tutti i miei lavori, non sto cercando di illustrare nessun soggetto particolare. Ciò che mi interessa principalmente è creare più spazio per una diversità di prospettive e di modi di essere e di vivere. Sembra evidente che le nostre società sono state costruite sulla base di modelli di efficienza personale. Il mio lavoro mira ad allentare le redini dei nostri comportamenti sociali e a generare più spazio nel processo. Mi sembra che questo sia l’unico modo in cui possiamo evolvere insieme: creando più spazio per tutti. È una proposta forse idealistica e, allo stesso tempo non lo è per niente”.

Sono tre i punti che chiariscono i nuclei attorno ai quali Dana Michel ha immaginato la sua performance: il primo è la fiducia nel fatto che non possiamo continuare a lavorare in modo sano e coerente con modalità e ambienti che non sono stati progettati per una diversità di menti e sperare di prosperare o addirittura sopravvivere. Il secondo è la fiducia nel fatto che ’le arti’ sono il luogo in cui approda una grande percentuale di esseri umani con menti molto diverse per prendersi una tregua, alla ricerca di un rifiorire. Gli artisti, il pubblico e i lavoratori della cultura ricercano un luogo in cui costruire altre possibilità di esistenza nel mondo, e tutti, secondo l’artista, potremmo trarre grandi benefici dal passaggio a una modalità che rifletta un maggiore riconoscimento di questa diversità di menti nelle nostre pratiche di lavoro quotidiano. Infine, il terzo è l’aver fiducia e credere nelle proprie esperienze interiori per difenderle e costruire futuri sostenibili e possibilmente utili agli altri.

Dana Michel è un’artista, coreografa e performer con sede a Montreal, Canada. Prima di conseguire una laurea in Danza Contemporanea presso la Concordia University, ha avuto esperienze eterogenee, che includono il ruolo di dirigente nel marketing, l’attività di corridore agonista e il coinvolgimento nel football. Michel esplora l’identità come una molteplicità disordinata, adottando una pratica “espansa” che si nutre di coreografia, improvvisazione, gesto intuitivo, arti performative, cinema, hip-hop, techno, poesia, psicologia, dub e riflessione sociale.

In scena, si appropria di oggetti e rielabora la sua storia personale, i desideri futuri e le preoccupazioni attuali, partendo dai concetti di alchimia performativa e bricolage post-culturale. Questo processo crea una centrifuga empatica tra lei e il suo pubblico. Dal 2012, ha prodotto opere performative in solitario, tra cui “Yellow Towel”, “Palna Easy Francis”, “Mercurial George”, “Cutlass Spring” e “MIKE”.

Nel 2014, ha ricevuto l’Impulstanz Award a Vienna ed è stata riconosciuta come una delle coreografe più influenti dell’anno dal New York Times. Nel 2017, le è stato conferito il Leone d’Argento per l’Innovazione alla Biennale Danza di Venezia. Nel 2018, è stata la prima artista di danza in residenza al National Arts Centre di Ottawa, in Canada. Nel 2019, ha ricevuto il Premio Internazionale ANTI Festival for Live Art a Kuopio, in Finlandia.

Xing è un’organizzazione culturale con sede a Bologna, impegnata nella progettazione, cura e organizzazione di eventi, produzioni e pubblicazioni che si distinguono per uno sguardo interdisciplinare sui temi della cultura contemporanea. Il suo lavoro è caratterizzato da una particolare attenzione alle tendenze generazionali e ai nuovi linguaggi artistici.

Nell’immagine, un momento di MIKE.

Bologna, al MAMbo la prima italiana di MIKE, performance di Dana Michel sul tema del lavoro
Bologna, al MAMbo la prima italiana di MIKE, performance di Dana Michel sul tema del lavoro


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