Biennale, il Padiglione della Francia sarà un'installazione cinematografica immersiva


Affidato all’artista di origini algerine Zineb Sedira, il Padiglione della Francia alla Biennale 2022, presentato oggi, sarà una grande installazione immersiva (“I sogni non hanno titolo”) che ci riporterà al cinema franco-algerino-italiano degli anni Sessanta.

È stato presentato stamani il Padiglione della Francia alla 59. Esposizione Internazionale d’Arte della Biennale di Venezia, che si svolgerà dal 23 aprile al 27 novembre 2022. La Francia sarà rappresentata da Zineb Sedira (Gennevilliers, 1963), che trasformerà il Padiglione francese ai Giardini con un’installazione cinematografica in cui il suo film Les rêves n’ont pas de titre (“I sogni non hanno titoli”) farà immergere i visitatori in un universo dalle “fondamenta profondamente umanistiche” (così in una nota). Partendo dallo slancio militante, culturale e politico che ha animato il cinema degli anni Sessanta e Settanta in Francia, Italia e Algeria, l’artista abbraccerà più ampiamente temi intrisi di universalismo e di particolare attualità come la lotta alla discriminazione e al razzismo, la decolonizzazione, la libertà, la solidarietà, l’identità o anche la famiglia. Per realizzare questo progetto, Zineb Sedira si è circondata di tre co-curatori: Yasmina Reggad e il duo formato da Sam Bardaouil e Till Fellrath.

Dall’inizio della sua carriera, Zineb Sedira ha sviluppato un’opera polimorfica che affonda le sue radici nella narrativa autobiografica e nel documentario. A Venezia, Zineb Sedira svelerà il suo interesse per il cinema degli anni Sessanta e Settanta periodo in cui emersero le prime coproduzioni tra Francia, Italia e Algeria. La produzione cinematografica di quest’ultimo paese era allora in piena costruzione e, spinta da un desiderio di scambi culturali internazionali, beneficiava del supporto di alcuni affermati professionisti francesi e italiani. Le indagini di Zineb Sedira per il progetto del Padiglione (il cui titolo è proprio Les rêves n’ont pas de titre) le hanno permesso in particolare di trovare il film Les mains libres, prodotto dall’italiano Ennio Lorenzini nel 1964. Questo ritratto di un giovane Stato che aveva appena vinto la sua lotta contro la potenza coloniale è il primo film dell’Algeria dopo l’indipendenza. Proiettato al Festival di Cannes, in Italia e in Algeria, è poi scomparso dagli schermi e dai ricordi. L’opera inedita prodotta per il Padiglione francese testimonierà queste solidarietà intellettuali e artistiche nel contesto delle utopie degli anni Sessanta per mettere in discussione in modo più ampio la decolonizzazione, le nozioni di identità, accettazione dell’altro, memoria, e guardare alla storia nella sua dimensione collettiva o individuale.

Zineb Sedira trasformerà il Padiglione francese in un’installazione cinematografica, un’esperienza immersiva che confonderà i confini tra finzione e realtà. Per mettere in luce la ricerca svolta per più di due anni da Zineb Sedira, ci saranno anche tre pubblicazioni che strizzeranno l’occhio alle riviste militanti degli anni Sessanta, forniranno al pubblico una moltitudine di riferimenti e domande, e cercheranno di suscitare curiosità approfondendo ulteriormente l’argomento.

Zineb Sedira è stata scelta per il Padiglione francese nel 2019 da un comitato di esperti presieduto da Charlotte Laubard (storica dell’arte e curatrice di mostre, professoressa e capo del dipartimento di arti visive dell’Haute École d’art et de design de Genève - HEAD). Il Padiglione francese è prodotto dall’Institut français e per la prima volta nella sua storia verrà misurata la sua carbon footprint al fine di raggiungere l’obiettivo minimo di una riduzione del 25% dell’impatto del Padiglione (funzionamento e produzione) entro la fine del 2026.

Les rêves n'ont pas de titre
Les rêves n’ont pas de titre. Foto di Thierry Bal
Les rêves n'ont pas de titre
Les rêves n’ont pas de titre. Foto di Thierry Bal
Les rêves n'ont pas de titre
Les rêves n’ont pas de titre. Foto di Thierry Bal
Les rêves n'ont pas de titre
Les rêves n’ont pas de titre. Foto di Thierry Bal
Les rêves n'ont pas de titre
Les rêves n’ont pas de titre. Foto di Thierry Bal
Ritratto di Zineb Sedira. Foto di Thierry Bal
Ritratto di Zineb Sedira. Foto di Thierry Bal

Le dichiarazioni

“La prima parola che mi viene in mente per aprire questa prefazione è: ’finalmente!’, con questa particolare punteggiatura”, scrive Eva Nguyen Binh, presidente dell’Institut Français. “Finalmente! Troveremo presto l’effervescenza della Biennale d’Arte di Venezia che ha dovuto decidere di far passare il 2021 a causa della pandemia. Finalmente! Potremo ancora una volta meravigliarci o criticare, rimanere affascinati o scioccati dalle nuove opere. Finalmente! Scopriremo il Padiglione francese immaginato dall’artista Zineb Sedira. Il Padiglione come l’ha progettato Zineb è un’opera complessa, che tocca temi universali. È un’opera che porta in sé un umanesimo particolarmente necessario alla luce dell’attualità nel mondo che ci circonda. Prendendo come spunto le coproduzioni cinematografiche e dalla solidarietà intellettuale e artistica tra Francia, Italia e L’Algeria degli anni Sessanta, Zineb srotola il filo della sua riflessione, intreccia le sue storie personali, associa la sua famiglia, il sangue, il cuore, la mente. Le storie che racconta, la sua, quella dei suoi genitori, quella del suo paese, la Francia, quella del paese dei suoi genitori, l’Algeria, quella della decolonizzazione, ci interrogano sui concetti di sradicamento, discriminazione, razzismo. Ma, oltre a ciò, Zineb Sedira ci fa vedere anche solidarietà, libertà, orgoglio, speranza. E umorismo, discreto, sobrio, in piccoli tocchi di luce. Ognuno può riconoscere una parte della propria esperienza in questo lavoro che ci parla del mondo. Zineb Sedira interroga il nostro tempo, le sue contraddizioni e le sue lotte. Se Zineb è appassionata degli anni Sessanta, è in realtà un’artista decisamente contemporanea che offre l’immagine di una Francia aperta, che lavora a favore di un umanesimo basato sulla condivisione, sul pluralismo e sulla diversità. Finalmente! Sono felice che questo Padiglione sia l’inizio di una riflessione sulle nostre pratiche e sul loro impatto sul nostro ambiente. Così, quest’anno, l’Institut Français misurerà l’impronta di carbonio del Padiglione francese, con l’obiettivo di ridurla in modo significativo nei prossimi anni”.

“Il progetto di Zineb Sedira per il Padiglione della Francia palpita il nostro tempo”, spiegano Sam Bardaouil e Tim Fellrath. “Rivisitando un periodo di prolifiche coproduzioni cinematografiche tra Algeria, Francia e Italia, la mostra mette in luce l’influenza che diversi film di questi lunghi anni Sessanta hanno esercitato sul desiderio di emancipazione che sta alla base di molti progetti post-coloniali. Al centro dell’installazione progettata da Zineb Sedira, si dispiega un magistrale gioco di dialogo tra realtà e finzione, in cui elementi personali della biografia dell’artista si intrecciano con scene chiave di film iconici di questo. In questo insieme fatto di film, fotografie, suoni, sculture e collage, emerge un ambiente immersivo che, pur tenendo conto di un passato non così lontano, cerca di decostruire la contestata politica del presente”.

Zineb Sedira, artista di origine algerina, segue un itinerario nutrito da tre paesi: la Francia, il paese in cui è nata e cresciuta, l’Algeria, il paese di origine dei suoi genitori, e l’Inghilterra, il paese in cui vive. Nata a Gennevilliers nel 1963, Zineb Sedira vi ha trascorso un’infanzia segnata dallo sviluppo della sua passione per il cinema e dall’apprendimento delle differenze culturali, della sua ricchezza, delle sue difficoltà. Nel 1986 è partita per studiare in Inghilterra e da allora ha sempre vissuto lì. In Inghilterra ha sviluppato un lavoro autobiografico attorno alle questioni dell’identità e delle memorie individuali e collettive. Nel 2002 è stata invitata professionalmente per la prima volta in Algeria, circostanza che ha segnato una tappa importante nel suo lavoro artistico. Dall’inizio della sua carriera, ha sviluppato un corpus vario di lavori che prendono a prestito a loro volta dalla narrativa autobiografica e dal documentario. Per diversi anni il suo lavoro si è spostato da un’opera commemorativa legata alla storia familiare verso questioni più universali, allargando la questione coloniale a quella dei flussi economici e umani, e più in generale a quella della circolazione delle idee. Il suo lavoro è stato oggetto di numerose mostre personali, tra le altre al Bildmuseet (Umeå, Svezia, 2021), allo SMoCA (Scottsdale Museum of Contemporary Art) (2021), al Jeu de Paume (Parigi, Francia, 2019), ecc. Le sue opere saranno presto esposte al De La Warr Pavilion (Bexhill on Sea, Regno Unito, 2022), al Dallas Contemporary (Stati Uniti, 2022), e al Museo Gulbenkian (Lisbona, 2023). Il suo lavoro è stato anche esposto in numerose mostre collettive come MuCEM (Marsiglia, Francia, 2013 e 2016), MAC/VAL (Vitry-sur-Seine, Francia, 2017), Tate Modern, (Londra, Regno Unito, 2017), al Birmingham Museum (Regno Unito, 2018), al Frac Centre-Val de Loire (Orléans, Francia, 2021-2022), solo per citare alcuni esempi.


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