Un capolavoro che si credeva perduto, firmato da uno dei massimi protagonisti del fauvismo europeo, riemerge sorprendentemente in Italia. Giovedì 26 giugno 2025, la casa d’aste Capitolium Art di Brescia presenterà al pubblico e batterà all’incanto un’opera inedita di Maurice de Vlaminck (Parigi, 1876 - Rueil-la-Gadelière, 1958), Champ de Blé, databile intorno al 1906. La scoperta della tela, scomparsa da decenni e considerata dispersa dalla comunità scientifica, rappresenta un evento di sicura rilevanza.
Il dipinto sarà esposto in anteprima lunedì 23 e martedì 24 giugno presso la sede di Palazzo Cigola Fenaroli Valotti, in via Cattaneo 55, con orario 10:00-13:00 e 15:30-18:30. È l’occasione per ammirare da vicino un’opera che appartiene al periodo più esplosivo e iconoclasta del fauvismo, movimento che ha segnato una frattura netta con l’arte ottocentesca e aperto la via all’espressionismo e all’arte moderna tout court. La stima assegnata all’opera è compresa tra i 30.000 e i 40.000 euro. La base d’asta è fissata a 15.000 euro. Non è raro che opere di questo calibro, date per disperse e improvvisamente riemerse, suscitino dinamiche di mercato sorprendenti. I dipinti fauve originali e certificati sono rari, ancor più se riconducibili al momento di massima energia creativa del movimento.
Champ de Blé era conosciuto soltanto attraverso una fotografia in bianco e nero archiviata nel 1973 dal Wildenstein Institute di New York. Già allora l’opera risultava introvabile. Ora, grazie al lavoro di ricerca e attribuzione compiuto dagli esperti di Capitolium Art, è stato possibile ricostruirne il percorso storico.
Dalle indagini condotte emerge che l’opera, dipinta in Francia nel 1906, entrò subito in una collezione privata statunitense. Nei primi anni Settanta fu trasferita in Italia, a Milano, dove sarebbe rimasta per oltre mezzo secolo in una raccolta privata, invisibile al pubblico e agli studiosi. Solo di recente, grazie al fiuto e alla competenza del team guidato dalla famiglia Rusconi, è stata nuovamente identificata e autenticata.
Il dipinto si inserisce pienamente nel momento più fauve della produzione di de Vlaminck, un periodo in cui il colore e il gesto pittorico raggiunsero livelli di potenza espressiva inediti. La tavolozza è dominata da gialli squillanti, rossi incandescenti, blu elettrici e aranci vibranti, in un tripudio di tonalità pure che richiamano direttamente il linguaggio pittorico dei Salon d’Automne di inizio Novecento.
La datazione dell’opera, 1906, è significativa. Si colloca appena un anno dopo la celebre edizione del Salon d’Automne del 1905, che consacrò il movimento e battezzò, quasi per scherno, i suoi protagonisti con il celebre soprannome di Les Fauves. Fu infatti il critico Louis Vauxcelles, colpito dal contrasto tra una scultura classica e le tele selvagge esposte nella sala 7, a parlare di “un Donatello tra le belve feroci”. Il termine, nato come insulto, fu adottato con orgoglio da de Vlaminck, Derain e Matisse.
De Vlaminck incarnava pienamente lo spirito ribelle e iconoclasta del fauvismo. Autodidatta, violento nel tratto e nello spirito, vedeva nella pittura un mezzo per infrangere le convenzioni. In un suo scritto, definì il proprio lavoro come “una bomba” lanciata contro l’accademismo: “Ho soddisfatto la mia volontà di distruggere le vecchie convenzioni, di disobbedire…ciò che non avrei potuto fare se non gettando una bomba, ho pensato di realizzarlo con la pittura, usando al massimo il colore puro”.
Champ de Blé è esattamente questo: una detonazione visiva, un paesaggio rurale trasformato in energia cromatica. Il soggetto, un campo di grano, è un chiaro omaggio a Van Gogh, che Vlaminck scoprì nel 1901 grazie alla retrospettiva organizzata dalla galleria Bernheim-Jeune. Fu una folgorazione. L’intensità emotiva dell’olandese diventò da allora una costante nella pittura di Vlaminck, che vedeva in lui il padre spirituale del suo linguaggio.
Non è un caso che il soggetto dell’opera ritrovata evochi in modo così diretto le celeberrime distese dorate del maestro olandese. Ma in Champ de Blé la rielaborazione è totale. Non c’è pacificazione nella natura, bensì una tensione espressiva che porta il paesaggio a vibrare, a lacerarsi. La pennellata è furiosa, istintiva. Il colore diventa corpo, emozione, respiro.
La tela può essere considerata una sorta di dichiarazione d’intenti artistica. In essa convivono il tributo e la sfida, la memoria e la rottura, l’ammirazione e il superamento. Un dialogo silenzioso, ma intensissimo, con Van Gogh, trasformato in materia fauve. Lo stesso André Derain, compagno di avventure pittoriche di de Vlaminck, usava definire i colori come “cartucce di dinamite”: nulla di più vero, osservando l’opera che Capitolium Art porterà in asta.
Con questo ritrovamento, Capitolium Art non solo contribuisce alla valorizzazione del patrimonio artistico internazionale, ma dimostra anche come il mercato dell’arte possa essere ancora luogo di scoperte, di riscoperte, di emozioni. “Champ de Blé” non è soltanto un’opera fauve: è una testimonianza viva di quella voglia di disobbedire che, ancora oggi, resta l’anima pulsante dell’arte.