Ricordate il busto attribuito a Donatello, spuntato qualche mese fa in Slovacchia, esposto al Museo Spiš di Levoča e di cui si è parlato per qualche tempo anche da noi? Ebbene, a fine dello scorso maggio lo stesso busto in marmo attribuito all’artista italiano (l’Opera di Santa Maria del Fiore, come avevamo raccontato su queste pagine, smentisce categoricamente che sia mai stato espresso un parere sull’attribuzione dell’opera a Donatello) è stato rimosso con modalità altamente rocambolesche dal Museo Spiš. Il busto, alcuni giorni fa, è infatti stato portato via dal museo durante un’irruzione di alcuni funzionari del governo con il volto coperto da un passamontagna. L’opera è stata poi trasferita in una località segreta, mentre per giorni il governo slovacco si è chiuso nel silenzio, senza rivelare né il luogo in cui si trovava né fornire spiegazioni sull’accaduto.
L’opera, che rappresenterebbe la nobildonna rinascimentale Cecilia Gonzaga, era stata ritrovata in un deposito del museo dalla storica Marta Herucová, e la sua attribuzione allo scultore fiorentino era stata ipotizzata sulla base della scritta “Opus Donatelli” presente sul basamento, simile a quella riscontrabile su altre opere certe del maestro toscano. La notizia del ritrovamento e dell’attribuzione era stata diffusa ufficialmente lo scorso febbraio e, da quel momento, l’opera è diventata improvvisamente oggetto di forte interesse politico e istituzionale in Slovacchia.
L’attribuzione, va detto, è tutt’altro che certa. Il busto, scolpito in marmo di Carrara, non è mai stato sottoposto ad analisi approfondite che possano confermarne con precisione la paternità, né è mai stato esposto al pubblico. Fino alla scoperta recente, veniva considerato una copia posteriore rispetto all’epoca di Donatello, vissuto tra il 1386 e il 1466. In passato, l’opera apparteneva alla famiglia aristocratica ungherese Csáky, poi fuggita dalla Cecoslovacchia durante la Seconda guerra mondiale. Il busto si trovava nel palazzo di famiglia a Spišský Hrhov, trasformato nel dopoguerra in riformatorio dal regime comunista. Solo nel 1975 fu affidato ufficialmente al museo di Levoča, dove è rimasto conservato in un deposito e ignorato dalla critica fino al recente intervento della storica Herucová.
Il busto non è mai stato mostrato al pubblico e, a parte qualche fotografia, l’unico modo per osservarlo è attraverso una scansione 3D resa disponibile dal museo sul portale Sketchfab. Le incertezze sull’attribuzione a Donatello derivano anche dal fatto che, fino ad ora, non è stato possibile effettuare analisi approfondite, e la gestione della scoperta non ha certo contribuito a renderle più semplici. Poi, sul finire di maggio, un funzionario del ministero della Cultura, Lukáš Machala, ha messo l’operazione di cui abbiamo accenato sopra. Machala, uomo di fiducia della ministra della Cultura Martina Šimkovičová, espressione del partito ultranazionalista SNS, è parte di una compagine che negli ultimi mesi ha avviato una campagna di epurazioni all’interno delle istituzioni culturali slovacche. L’intervento di rimozione del busto dal museo non era stato annunciato né alle autorità né alla cittadinanza di Levoča, e i suoi scopi sono apparsi poco chiari sin dall’inizio. Oltre che per i metodi adottati, l’azione è stata duramente criticata anche per l’apparente assenza di precauzioni.
Machala, attuale segretario generale del ministero, si è recato al deposito del museo insieme a un gruppo di persone con il volto coperto da un passamontagna, accompagnato da una scorta di polizia. Una televisione locale ha ripreso la scena, ma ha ricevuto l’ordine di non diffondere il filmato finché il trasferimento non fosse completato. Il gruppo, simile a un piccolo commando, non ha rivelato la destinazione della statua. Anche la ministra ha mantenuto il silenzio per giorni, e solo il 3 giugno ha fornito una spiegazione tramite il proprio profilo Facebook, parlando di motivi di sicurezza, ma solo a operazione conclusa.
“Il Ministero della Cultura ha adottato misure di sicurezza straordinarie per garantire la protezione di un oggetto da collezione eccezionalmente raro - il busto di Cecilia Gonzaga, attribuito all’importante maestro rinascimentale italiano Donatello”, scrive la ministra Martina Šimkovičová nel suo post. “Questo artefatto unico del XV secolo, di proprietà della Repubblica Slovacca, rappresenta un’opera d’arte di straordinario valore storico, culturale e sociale. Il Ministero della Cultura ha proceduto in stretta collaborazione con il Museo nazionale slovacco, le forze di polizia e altri componenti specializzati del Ministero dell’Interno della Repubblica slovacca. Dato che i locali depositi del Museo Spiš di Levoča non soddisfano i più elevati standard di sicurezza necessari per la conservazione di oggetti da collezione di così eccezionale importanza, è stato necessario avvicinarsi ad una soluzione straordinaria. Le domande relative al trasporto e allo stoccaggio dell’oggetto di raccolta sono state oggetto di discussione con il Presidente del Dipartimento di Polizia. Sulla base dell’accordo, il luogo di deposito è stato determinato nell’ambito della struttura organizzativa del Ministero dell’Interno slovacco. Tutte le informazioni dettagliate sul processo o sul luogo specifico di archiviazione non sono pubbliche. Poiché il trasporto e lo stoccaggio di un oggetto da raccolta erano un rigoroso regime di riservatezza, esortiamo il pubblico e i media a non condividere informazioni sensibili”.
“In questo contesto”, prosegue la ministra, “occorre menzionare correttamente alcune affermazioni fuorvianti apparse nello spazio pubblico negli ultimi giorni. Il Ministero della Cultura respinge fermamente ogni accusa di attività arbitraria o illegale. Il processo di ricollocazione e deposito del busto è stato effettuato nel pieno rispetto della legge, in stretta collaborazione con esperti e forze di sicurezza. L’ex ministra della Cultura Natália Milanová, nonché la direzione del Museo nazionale slovacco sotto la guida di Branislav Panis, secondo la documentazione disponibile, non hanno mostrato alcun interesse professionale o operativo per la scoperta e hanno trascurato l’obbligo di prendere provvedimenti per mettere in sicurezza l’oggetto da collezione secondo la legge. Un capolavoro come il busto di Cecilia Gonzaga non può essere conservato in un deposito standard. Non basta aggiungere una serratura alla porta. Ha bisogno di un regime di sicurezza globale a un livello che nessun museo o galleria in Slovacchia incontra attualmente. Salvare un oggetto da collezione è una questione di conservazione, non di prestito, come erroneamente affermato. Per quanto riguarda le condizioni di conservazione di un oggetto da collezione, sono state applicate le norme comunemente riservate ai manufatti in pietra naturale, in questo caso in marmo di Carrara. Tale lavoro non dovrebbe essere esposto alla luce solare diretta, l’umidità relativa dovrebbe essere intorno al 50% e la temperatura compresa tra i 18 e i 20 °C. Anche queste condizioni sono attualmente osservate. L’assistenza professionale e il regime di protezione sono pertanto adeguati e corrispondono al carattere e al valore dell’oggetto”.
“Il Ministero della Cultura”, conclude Šimkovičová, “ribadisce che il protocollo per la presa in carico dei lavori è stato predisposto e firmato sul posto. Due restauratori presenti alla consegna, uno per il Ministero della Cultura e l’altro per il Museo Spiš di Levoča, hanno documentato lo stato del busto nel protocollo, includendo documentazione fotografica in formato digitale e stampata. L’intero processo si è svolto secondo i più elevati standard professionali e di sicurezza e oltre al Museo Nazionale della Slovacchia, membri del Ministero dell’Interno, delle Forze di polizia slovacche e altri esperti hanno partecipato alla sua preparazione per diverse settimane. Il Ministero della Cultura assicura quindi al pubblico, alla comunità professionale e alle istituzioni internazionali che tutte le misure intraprese in relazione al busto di Cecilia Gonzaga sono state condotte nel rispetto del sistema giuridico slovacco e degli standard internazionali, tenendo conto delle raccomandazioni degli esperti, per non parlare degli aspetti etici di tale decisione. Alla luce di un regime di riservatezza in vigore per quanto riguarda la conservazione di un oggetto da collezione, invitiamo il pubblico e i media a prendere in considerazione qualsiasi ulteriore informazione sulla sua ubicazione. Il rispetto di questo regime è fondamentale per motivi di sicurezza ed è nell’interesse della tutela del patrimonio culturale nazionale. Si prega di notare che in caso di divulgazione deliberata o negligente di informazioni che potrebbero mettere a repentaglio la sicurezza dell’oggetto da raccolta o l’azione illegale, saranno intraprese azioni legali in conformità delle leggi applicabili”.
Dopo le dichiarazioni della ministra, abbiamo raccolto anche l’opinione dell’ex direttrice del Museo Spiš, Mária Novotná e le abbiamo fatto due domande ben specifiche cercando di capire meglio la situazione. Le abbiamo chiesto, intanto, se è vero, come sostiene la ministra, che il Museo Spiš non garantisce adeguate condizioni di sicurezza per il busto.
Il Museo fa parte del Museo Nazionale Slovacco e, in quanto tale, possiede una vasta collezione con una moltitudine di preziosi manufatti nei suoi depositi, protetti con gli stessi standard di qualsiasi museo delle sue dimensioni, con un servizio di sicurezza, serrature codificate, sensori di movimento e allarmi antincendio, oltre a molte altre misure. Detto questo, c’è sempre margine di miglioramento, quindi eventuali problemi possono essere risolti con investimenti finanziari. Il Ministero è responsabile del bilancio del Museo.
“Non lo è”, ci ha detto Novotná. “Il Museo fa parte del Museo Nazionale Slovacco e, in quanto tale, possiede una vasta collezione con una moltitudine di preziosi manufatti nei suoi depositi, protetti con gli stessi standard di qualsiasi museo delle sue dimensioni, con un servizio di sicurezza, serrature codificate, sensori di movimento e allarmi antincendio, oltre a molte altre misure. Detto questo, c’è sempre margine di miglioramento, quindi eventuali problemi possono essere risolti con investimenti finanziari. Il Ministero è responsabile del bilancio del Museo”. Alla domanda su quale pensa che sarà il destino dell’opera d’arte, ovvero se verrà restituita al museo o no, anche alla luce del fatto che finora la ministra non ha rilasciato dichiarazioni in merito al futuro del busto, la direttrice non può che sperare che il ministero ponga rimedio. “Il busto”, ci dice, “dovrebbe essere affidato alla cura e alla custodia del Museo, in conformità con la legge, poiché fa parte della sua collezione (di proprietà statale). Non rientra nelle competenze del Ministero prendersi cura delle opere d’arte. Non conosciamo i piani effettivi del Ministero. Le loro dichiarazioni cambiano. Nella prima comunicazione ai media slovacchi, hanno affermato che la ragione principale era la conservazione sicura dell’opera in uno spazio di proprietà della polizia slovacca. Si tratta di un luogo non attrezzato principalmente come museo e galleria. Allo stesso tempo, hanno comunicato di voler interpellare due esperti stranieri. L’analisi peritale del busto dovrebbe riguardare l’accertamento della paternità (accertamento dell’originalità) e la determinazione del valore dell’opera. I termini di riferimento e l’obiettivo esatti dell’analisi non sono stati pubblicati dal Ministero. Una simile procedura da parte del Ministero non è mai stata registrata in Slovacchia. L’amministrazione locale (la città di Levoča e la regione di Spiš) e la società civile slovacca non concordano con la procedura del ministero. Non sappiamo ancora quali siano i piani effettivi del ministero per il busto, e pertanto non posso dire al momento se il busto tornerà al museo che lo ha acquisito 50 anni fa, lo ha avuto nella sua collezione e ne ha sostenuto la ricerca scientifica negli ultimi 6 anni. È possibile che venga esposto nella Galleria Nazionale Slovacca senza il consenso del museo, ma anche questo non è chiaro al momento”.
Al momento, il museo non ha rilasciato alcuna dichiarazione ufficiale in merito alla situazione del busto, né ha fornito elementi di contesto utili a comprendere meglio la propria posizione o a valutare l’accuratezza della recente copertura mediatica e delle dichiarazioni ministeriali. Resta quindi da vedere quale sarà il futuro dell’opera, ancora avvolta da incertezze e silenzi.
L'autrice di questo articolo: Noemi Capoccia
Originaria di Lecce, classe 1995, ha conseguito la laurea presso l'Accademia di Belle Arti di Carrara nel 2021. Le sue passioni sono l'arte antica e l'archeologia. Dal 2024 lavora in Finestre sull'Arte.