Nella mattinata del 24 luglio 2025, presso la Sala del Concordato del Palazzo Lateranense a Roma, è stato siglato un accordo che rende nuovamente accessibile al pubblico la Chiesa di Sant’Ivo alla Sapienza. Il documento, sottoscritto dal Direttore Generale Archivi del Ministero della Cultura Antonio Tarasco, dal Cardinale Vicario della Diocesi di Roma Baldassare Reina e dal Direttore dell’Archivio di Stato di Roma Riccardo Gandolfi, stabilisce le modalità di gestione e valorizzazione del luogo sacro, esempio eminente del barocco romano.
La chiesa si trova all’interno del complesso monumentale di Sant’Ivo alla Sapienza, oggi sede dell’Archivio di Stato di Roma. Si tratta di un bene culturale di proprietà demaniale, sottoposto alla tutela della Soprintendenza Speciale Archeologia, Belle Arti e Paesaggio di Roma. Attualmente è oggetto di interventi di restauro finanziati attraverso i fondi del PNRR – Missione 1, Componente 3 Turismo e cultura, nell’ambito dell’investimento Caput Mundi.
“Con la firma di questo accordo”, ha spiegato Antonio Tarasco, Direttore generale Archivi, “si compie un gesto concreto di tutela e valorizzazione del nostro patrimonio storico e culturale. La riapertura della Chiesa di Sant’Ivo alla Sapienza rappresenta non solo il recupero di uno dei più straordinari capolavori dell’architettura barocca, ma anche un segnale di come la collaborazione tra la Diocesi di Roma possa restituire alla collettività luoghi di bellezza, di memoria e di ispirazione. Gli Archivi di Stato sono custodi di storia, e questa iniziativa ci ricorda che la storia vive anche nei luoghi che la incarnano”.
L’accordo firmato nel luglio 2025 prevede una durata di dieci anni. L’Archivio di Stato di Roma, su delega della Direzione Generale Archivi, gestirà le aperture al pubblico senza costi per la Diocesi di Roma, mentre il personale dell’Archivio si occuperà dell’accoglienza dei visitatori, del controllo dei flussi, della vigilanza durante gli orari di apertura e della promozione delle attività attraverso i canali istituzionali e social. Sono inoltre previste visite guidate in occasione di eventi culturali. L’accesso sarà gratuito e, per eventi speciali, potranno essere concordate aperture straordinarie.
La Diocesi di Roma, rappresentata dal Cardinale Vicario Baldassare Reina, insieme al Rettore della chiesa, Monsignor Rosario Matera, garantirà il rispetto delle esigenze liturgiche e la fruizione del luogo sacro. Il Direttore dell’Archivio di Stato, Riccardo Gandolfi, coordinerà l’attuazione delle attività previste. La riapertura della Chiesa di Sant’Ivo alla Sapienza si colloca all’interno delle iniziative di valorizzazione del patrimonio culturale promosse dal Ministero della Cultura. Il luogo, oltre a essere uno dei massimi esempi dell’architettura sacra barocca, è incluso tra le tappe dei quattro Cammini giubilari (i luoghi interessati sono: Santa Maria Sopra Minerva, Santa Brigida a Campo dei Fiori, Sant’Ivo alla Sapienza, Santa Maria della Vittoria, Trinità dei Monti e Santa Cecilia in Trastevere) pensati per i pellegrini che partecipano all’Anno Santo del 2025. L’accordo tra Diocesi e Ministero rappresenta perciò un esempio di collaborazione istituzionale volto a coniugare tutela del patrimonio, esigenze religiose e accessibilità pubblica.
“Siamo molto contenti della firma di questa convenzione, che attraverso l’apertura di una Chiesa che tutti noi ammiriamo e apprezziamo, consentirà uno scambio reciproco con gli Archivi”, ha detto S.EM. Baldassare Reina.“Speriamo che tutti coloro che accederanno a Sant’Ivo alla Sapienza, ammirando la bellezza architettonica e artistica, possano anche vivere dei momenti di preghiera. Ancora una volta la cultura e il culto si avvicinano e ci spingono verso l’alto e penso che di questi tempi abbiamo tutti bisogno di una spinta verso l’alto, mentre il mondo sprofonda ogni giorno di più verso il basso”.
“L’accordo”, ha dichiarato Riccardo Gandolfi, Direttore Archivio di Roma, “fermamente voluto dall’amministrazione archivistica, permetterà di riconsegnare alla pubblica fruizione un luogo di altissimo valore culturale, così da rafforzare ancor più il rapporto tra l’Archivio di Stato di Roma e la città. Al termine del restauro – previsto per la fine del 2025 – sarà riaperto al pubblico un monumento di inestimabile valore”.
Nel 1642 papa Urbano VIII Barberini incaricò Francesco Borromini (Bissone, 1599 – Roma, 1667) di edificare una chiesa per lo Studium Urbis, l’attuale Università degli Studi di Roma “La Sapienza”. La sua costruzione, che richiese circa vent’anni di lavoro, fu coronata dalla realizzazione della lanterna centrale, nota con il nome di capriccio del Borromini e visibile ben al di sopra delle altre cupole del centro storico di Roma. L’audacia della struttura suscitò inizialmente diffidenza tra gli oppositori dell’architetto, i quali predissero il crollo imminente dell’opera. Borromini, certo della sua stabilità, si dichiarò invece pronto a risarcire eventuali danni, confermando in questo modo la fiducia nella propria concezione tecnica.
L’edificio rivela un impianto fortemente simbolico. La pianta nasce dall’intersezione di due triangoli equilateri, schema che rimanda alla stella di Davide e, attraverso di essa, alla Trinità e alla sapienza di Salomone. Concavità e convessità si alternano con equilibrio nella planimetria, nel tamburo e nella cupola. Alcuni studiosi vi hanno individuato il disegno stilizzato di una grande ape, emblema della casata Barberini. Non mancano riferimenti araldici a pontefici successivi, Innocenzo X Pamphilj e Alessandro VII Chigi, che mantennero l’incarico a Borromini dopo la morte di Urbano VIII. Nel cortile compaiono altri simboli familiari: l’aquila e il grifone dei Borghese, il drago dei Boncompagni, il leone dei Peretti, le stelle e i monti dei Chigi.
La lanterna spiraliforme, coronamento della cupola, concentra invece significati eruditi e mistici. Probabile il richiamo a modelli dell’architettura romano-orientale; i dodici gradoni esterni potrebbero alludere alle discipline insegnate nello Studium, interpretate come tappe di un’ascesa intellettuale. La spirale, forse ispirata alle conchiglie raccolte da Borromini, è stata collegata alla Torre di Babele, al Faro di Alessandria o alla salita dantesca verso il Purgatorio. In cima, una fiamma simboleggia Fede e Sapienza, sigillando il carattere di tempio della conoscenza dell’edificio, la cui purezza formale richiama la luce.
L’altare della chiesa custodisce invece una pala attribuita a Pietro da Cortona, completata poi dal discepolo Giovanni Ventura Borghesi. Vi è raffigurato San Ivo (di origine francese e poco noto in Italia), patrono degli avvocati, nell’atto di accogliere le suppliche di poveri clienti. La dedica riflette il legame con l’ambito giuridico, nonostante la scarsa presenza in Italia, di avvocati canonizzati. Solo in epoca recente è stato aggiunto un dipinto di Santa Maria Sedes Sapientiae, copia da Giovanni Battista Salvi detto il Sassoferrato, dono di papa Paolo VI, promotore del recupero funzionale della chiesa. Consacrata e frequentata da studenti e docenti per circa due secoli, Sant’Ivo alla Sapienza subì un destino diverso alla fine del XIX secolo. Con Roma proclamata Capitale e i beni ecclesiastici nazionalizzati, il complesso passò allo Stato. La chiesa, pur restando consacrata, venne poi chiusa e adibita a deposito per gli archivi universitari.
L'autrice di questo articolo: Noemi Capoccia
Originaria di Lecce, classe 1995, ha conseguito la laurea presso l'Accademia di Belle Arti di Carrara nel 2021. Le sue passioni sono l'arte antica e l'archeologia. Dal 2024 lavora in Finestre sull'Arte.Per inviare il commento devi
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