Falsi arredi per Versailles: condannati esperto e restauratore francese


Un esperto d’arte e un restauratore hanno ingannato collezionisti privati e la Reggia di Versailles con sedie contraffatte presentate come autentici esemplari del XVIII secolo, danneggiando l’immagine internazionale della Francia come centro di eccellenza del patrimonio.

Un esperto di mobili francesi e un restauratore d’arte sono stati riconosciuti colpevoli di una sofisticata truffa milionaria ai danni del mercato dell’antiquariato, nella quale autentiche sedie del XVIII secolo venivano contraffatte per essere rivendute come arredi originali appartenuti a personaggi storici, tra cui Maria Antonietta. Il caso, giudicato da molti come uno dei più gravi scandali di falsificazione che abbiano colpito la Francia negli ultimi decenni, ha coinvolto anche collezionisti di fama internazionale e istituzioni pubbliche come la Reggia di Versailles, contribuendo ad alimentare un dibattito più ampio sulla gestione del patrimonio e sull’autenticazione delle opere. Bill Pallot, 61 anni, figura di riferimento a livello mondiale nello studio e nella valutazione dei mobili reali francesi del Settecento, e Bruno Desnoues, uno dei restauratori e intagliatori più noti del Paese, sono stati condannati dal tribunale di Pontoise per aver orchestrato una frode che ha prodotto danni stimati in oltre 4,5 milioni di euro. L’indagine ha ricostruito un’attività illecita portata avanti tra il 2008 e il 2015, in cui le due figure professionali hanno introdotto nel mercato oggetti falsi ma estremamente convincenti, venduti a cifre elevate attraverso gallerie e case d’asta parigine.

Tra i clienti truffati compare anche un principe del Qatar, mentre sei delle sedie contraffatte sono finite direttamente tra le collezioni della Reggia di Versailles, che le ha acquistate per una somma superiore a 1,5 milioni di euro. La truffa è stata tanto più efficace grazie all’accurata selezione dei materiali: le sedie venivano assemblate utilizzando telai in legno originali dell’epoca, in modo da superare eventuali test di datazione, ma ogni altro elemento, dalla struttura alle decorazioni, era frutto di ricostruzioni contemporanee, realizzate con tale maestria da ingannare anche esperti del settore. Secondo quanto emerso in aula, l’operazione avrebbe avuto origine quasi per gioco: una scommessa tra i due uomini per capire chi sarebbe stato in grado di creare sedie false talmente perfette da confondere anche i migliori conoscitori del settore. In realtà, lo schema si è presto trasformato in una vera e propria attività sistematica di produzione e vendita. La collaborazione tra Pallot e Desnoues, favorita anche dai legami professionali e dalla reputazione di entrambi, ha consentito l’infiltrazione dei pezzi contraffatti in circuiti di altissimo profilo. Le vendite sono state veicolate attraverso alcune tra le gallerie e le case d’asta più prestigiose della capitale francese.

La portata dello scandalo è diventata evidente nel 2014, quando le autorità fiscali francesi hanno intercettato transazioni sospette legate a operazioni immobiliari di rilievo, eseguite da una coppia residente in un sobborgo di Parigi, il cui reddito dichiarato risultava però incompatibile con le movimentazioni rilevate. L’indagine, originariamente avviata per riciclaggio di denaro, ha finito per individuare un collegamento diretto con Desnoues e, da lì, con l’intero sistema di falsificazione. L’inchiesta ha richiesto complessivamente nove anni di lavoro e ha coinvolto esperti, investigatori del patrimonio artistico e consulenti tecnici. Alla luce della gravità dei fatti, la sentenza è stata emessa mercoledì. Bill Pallot è stato condannato a una pena detentiva sospesa di quattro anni, accompagnata da una multa di 200.000 euro. Il tribunale ha disposto anche una pena accessoria di quattro mesi di reclusione, già scontati in stato di arresto provvisorio. Pallot era già noto al grande pubblico per i suoi studi considerati autorevoli nel campo dell’arredamento francese del XVIII secolo e per la pubblicazione di un volume ritenuto un riferimento nel settore. Il suo soprannome, “Père La Chaise”, evocava fino a pochi anni fa una figura di grande autorevolezza nel mondo dell’antiquariato.

“Abbiamo detto che l’avremmo fatto come un gioco, per vedere se il mercato dell’arte se ne accorgeva o meno. Si dice che non esiste un crimine perfetto. Non esiste nemmeno un falso perfetto. Avevamo potuto fare di meglio. Non siamo buoni annomi. Non abbiamo fatto ritrattare il legno”, ha detto Pallot alla corte.

Bill Pallot
Bill Pallot

Anche Bruno Desnoues è stato condannato a una pena detentiva sospesa di tre anni e al pagamento di una multa pari a 100.000 euro. Al pari di Pallot, ha scontato una pena detentiva di quattro mesi in stato di sospensione. Restauratore di lunga esperienza, Desnoues aveva lavorato per conto della Reggia di Versailles su importanti progetti, tra cui il restauro del letto di Luigi XVI. Durante il procedimento, la sua posizione è stata aggravata dalle dichiarazioni rese da testimoni e familiari.

“Mi piace il lavoro e la scultura. Non sono mai stato appassionato di soldi”, ha dichiarato.

In particolare, la moglie di Desnoues ha definito il settore dell’antiquariato “un ambiente detestabile in cui gli antiquarieri vogliono fare soldi ad ogni costo”.

Il coinvolgimento diretto della Reggia di Versailles ha contribuito a rendere il caso ancora più delicato sul piano istituzionale. Nel 2016, a seguito delle prime indiscrezioni relative all’indagine, il Ministero della Cultura francese ha ordinato un audit completo sulla politica di acquisizione delle collezioni da parte del castello. L’episodio ha sollevato interrogativi sulla capacità degli enti pubblici di verificare l’autenticità delle opere prima dell’acquisto, mettendo in discussione le competenze di curatori e responsabili scientifici. Il danno, in ogni caso, non si limita agli aspetti economici e legali. Diversi osservatori del settore hanno sottolineato l’impatto simbolico della vicenda, che rischia di compromettere la reputazione della Francia come uno dei principali poli mondiali per la conservazione e valorizzazione del patrimonio artistico. L’inganno perpetrato nei confronti di uno dei luoghi più conosciuti del Paese, come Versailles, ha infatti avuto una risonanza internazionale, sollevando dubbi sulla trasparenza delle transazioni e sul rigore delle perizie.

Laurent Kraemer, commerciante d’arte e antiquariato della rinomata Kraemer Gallery, che aveva venduto quattro delle sedie, ha dichiarato in aula che lui e il suo staff erano “convinti al 100%, senza dubbio, che queste fossero sedie autentiche”. Il tribunale ha escluso ogni responsabilità della galleria per negligenza. Vari specialisti hanno sostenuto in tribunale che la truffa risultava “evidente” e sarebbe stata smascherabile se i falsi fossero stati messi a confronto con gli originali conservati a Versailles. Uno di loro ha sottolineato che le irregolarità apparivano già a occhio nudo, in particolare per l’assenza dei naturali segni di ritiro del legno dovuti al tempo. Il caso Pallot-Desnoues si inserisce in un contesto più ampio di attenzione verso la tracciabilità e l’autenticità delle opere d’arte, in particolare per quanto riguarda l’antiquariato e le arti decorative. Le dinamiche del mercato, sempre più orientato verso investimenti ad alto rendimento, hanno contribuito ad accrescere il valore simbolico e finanziario di oggetti storici, rendendo il settore particolarmente esposto a episodi di falsificazione.

Falsi arredi per Versailles: condannati esperto e restauratore francese
Falsi arredi per Versailles: condannati esperto e restauratore francese


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Noemi Capoccia

L'autrice di questo articolo: Noemi Capoccia

Originaria di Lecce, classe 1995, ha conseguito la laurea presso l'Accademia di Belle Arti di Carrara nel 2021. Le sue passioni sono l'arte antica e l'archeologia. Dal 2024 lavora in Finestre sull'Arte.




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