Polemica in Francia: distrutto allineamento di menhir per costruire un capannone?


In Francia è polemica per un fatto accaduto a Carnac: un allineamento di menhir sarebbe stato distrutto per costruire un capannone della catena Mr Bricolage. Ma chi ha dato i permessi difende la scelta: “oggetti di scarso valore archeologico”. Un pasticcio amministrativo a cui ormai non si può più rimediare.

In Francia è su tutti i giornali una questione che riguarda uno dei principali complessi megalitici al mondo, quello di Carnac, dove si trovano migliaia di menhir disposti in diversi allineamenti. Secondo un abitante della cittadina della Bretagna, Christian Obeltz, già vice-presidente dell’associazione Menhirs Libres, sarebbe stato distrutto un allineamento di 39 menhir per fare spazio a un capannone della catena Mr Bricolage, operante nella grande distribuzione specializzata nell’edilizia, nel bricolage, nel fai-da-te. Lo scorso 2 giugno, Obeltz ha pubblicato, sul sito Sites & Monuments, un dettagliato articolo in cui parlava di “sviluppi brutali attorno agli allineamenti dei menhir”: secondo Obeltz, infatti, il sindaco di Carnac (che peraltro è presidente di un’altra associazione, Paysages de Mégalithes), Olivier Lepick, ha rilasciato un permesso per la costruzione di un grande capannone su di un terreno che insisterebbe su di un’area catalogata nel 2015 nell’atlante del patrimonio francese (un catalogo online istituito dal Ministero della Cultura), inclusa in una zona candidata a diventare Patrimonio Mondiale dell’Umanità dell’Unesco, e dove si trovavano dei monoliti che, a suo avviso, costituivano probabilmente uno degli allineamenti più antichi della Francia (si tratterebbe di pietre risalenti a circa settemila anni fa).

Il permesso di costruzione era stato richiesto nel 2014, e la prefettura del Morbihan (il dipartimento, omologo delle nostre province, in cui si trova Carnac) aveva richiesto un’analisi archeologica. Il sito era stato dunque studiato dall’INRAP, l’Istituto Nazionale di Ricerche Archeologiche Preventive, che nel 2015 aveva tuttavia parlato, nel rapporto conclusivo, di un ritrovamento “contraddittorio”, da approfondire con ulteriori osservazioni, oppure con uno scavo archeologico, per certificare l’origine neolitica dell’allineamento. Tuttavia, il parere della Direzione Regionale per gli Affari Culturali (DRAC, omologa delle nostre soprintendenze), a seguito di ulteriori accertamenti, aveva stabilito che le pietre di una delle due file dell’allineamento non mostravano i segni di usura caratteristici che avrebbero consentito di stabilire che si trovavano lì da millenni: di conseguenza, sarebbero state spostate e non si potrebbe parlare di un allineamento di menhir. Il permesso di costruire, revocato nel 2015, è stato poi nuovamente rilasciato il 26 agosto del 2022: il lungo periodo tra la revoca e il rilascio è servito per fare ulteriori accertamenti.

Il sindaco di Carnac afferma di aver rispettato la normativa, e in un’intervista all’agenzia France Presse ha sottolineato il “basso valore archeologico” degli oggetti rivenuti (“a Carnac”, ha detto, “accade quindici volte l’anno: appena scaviamo ci imbattiamo in focolari neolitici e nel 99% dei casi gli archeologi ci dicono che non hanno valore”), aggiungendo poi che il sito non figurava in un’area di prescrizione archeologica obbligatoria nel piano urbanistico locale. Anche la DRAC difende la propria scelta, rilevando che l’area su cui il capannone è in costruzione non figura neppure tra le “aree di presunzione archeologica”, ovvero quelle che giustificherebbero un parere del servizio archeologico regionale.

Ci troveremmo allora dinnanzi a un caso di negligenza amministrativa: Obeltz, infatti, sostiene che la mancata inclusione dell’area nel piano urbanistico locale è stata una svista da parte di chi doveva includerla, anche perché era comunque inserita in una zona di prescrizione dell’ex piano regolatore della città. E afferma che occorreva approfondire meglio il sito. Un pasticcio, insomma, a cui ormai non è più possibile porre rimedio.

Alla fine comunque una associazione per la difesa del patrimonio, Koun Breizh (che significa “memoria bretone” in bretone), ha annunciato di aver sporto denuncia questo mercoledì presso il procuratore di Vannes per “distruzione volontaria aggravata” di beni culturali. “L’obiettivo di questa denuncia non è quello di coinvolgere questo o quel funzionario ma di far luce sul processo decisionale che ha portato a questa distruzione nonostante tutte le forme di protezione previste dalla legge”, ha sottolineato il presidente dell’associazione, Yvon Olivier. “Si tratta di fare in modo che questi fatti non si riproducano più”.

Nella foto, le pietre ammassate nel cantiere del capannone che Obeltz descrive come “probabili resti di megaliti”.

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