Oggi è la Giornata del Teatro, ma i teatri sono chiusi. E il lockdown forse proseguirà


Una triste Giornata Mondiale del Teatro, che per il secondo anno di fila si celebra coi teatri chiusi. E forse il lockdown andrà avanti fino al 30 aprile. Ma è possibile trovare soluzioni per aprire in sicurezza? C'è chi prova a suggerire qualcosa.

Si celebra oggi la Giornata Mondiale del Teatro, una ricorrenza nata nel 1962, che per il secondo anno consecutivo deve però fare a meno dei teatri, almeno in Italia e in altri paesi dove, come nel nostro, sono in vigore regimi di lockdown più o meno esteso. E questo nonostante le illusioni che il pubblico si era fatto dopo le aperture della politica: il ministro della cultura, Dario Franceschini, aveva infatti aperto alla possibilità di riaprire i teatri, almeno nelle regioni in zona gialla, proprio in occasione della Giornata Mondiale. Risultato? Oggi nessuna regione è in zona gialla, e non solo: pare infatti che la cabina di regia anti-Covid stia pensando a un decreto legge che di fatto abolirà le zone gialle fino al 30 aprile. Si preannuncia dunque una prosecuzione del lockdown: fino a maggio niente teatri, ma neanche cinema, musei, siti archeologici (nonostante siano luoghi sicuri, dove è estremamente difficile contagiarsi).

Qual è stata finora la risposta del Ministero della Cultura? La tendenza all’assistenzialismo. Con il decreto sostegni sono stati rifinanziati i fondi per l’emergenza: 200 milioni di euro che serviranno per indennità speciali riservate ai lavoratori della cultura. E poi ancora 35,9 milioni per gli artisti e le maestranze, 25 per lo spettacolo viaggiante, 10 per risarcire gli spettacoli annullati, 5 per i fornitori di beni e servizi. E poi fondi per il sostegno alle realtà dello spettacolo, ma anche per mostre e musei. Ma il problema è che non sembrano esserci le possibilità di un dialogo volto a trovare dei modi per aprire limitatamente e in sicurezza. “In Italia”, ha dichiarato il ministro Franceschini riferendosi alla Giornata Mondiale del Teatro, “doveva essere una giornata di festa, una data di una prima ripartenza. Purtroppo non è così: la grave emergenza sanitaria non ha consentito la riapertura di teatri e cinema, già prevista nelle zone gialle, essendo purtroppo tutta Italia in zona rossa o arancione”. Secondo il titolare del Collegio Romano, “arriverà presto il momento in cui riapriranno e fino ad allora continueremo a aiutare gli artisti, le maestranze e tutti gli operatori dello spettacolo e a sostenere con misure straordinarie le arti di scena”. Tuttavia, al momento non è possibile sapere quando arriverà il momento di riaprire, e soprattutto non è chiaro quali dovrebbero essere le condizioni per permettere le riaperture. Possibile che nelle zone arancioni o rosse i teatri (così come i musei o i siti archeologici) siano luoghi a così alto rischio?

Le reazioni durante la Giornata Mondiale del Teatro

Il mondo della cultura però adesso sembra meno disposto ad accettare le imposizioni. Assume in questo quadro un significato particolare l’occupazione del Piccolo Teatro Grassi di Milano, avvenuta questa mattina per opera di una cinquantina di lavoratori del Coordinamento Spettacolo della Lombardia. L’Italia sta dunque timidamente seguendo l’onda di quanto accaduto in Francia, dove diversi teatri sono occupati da inizio marzo (al momento sono più di settanta gli istituti nei quali continua la protesta, che in diversi casi è pure sostenuta dai direttori dei teatri, e dalle amministrazioni locali).

In piazza oggi scendono anche i precari dello spettacolo: nelle piazze di tutta Italia, i lavoratori che aderiranno alla mobilitazione indetta da CLAP - Camere del Lavoro Autonomo e Precario si danno appuntamento per ribadire la necessità di reddito e di una riforma strutturale del settore che vada oltre l’emergenza e affronti le problematiche che affliggono il comparto da molto prima dell’esplosione della pandemia. CLAP preannuncia e si augura “una lunga primavera fatta di lotte, per restituire voce e protagonismo a tutte le lavoratrici e i lavoratori che stanno pagando il prezzo più alto della crisi, che non intendono rassegnarsi, che pretendono dignità”.

A Macerata, il festival della canzone popolare e d’autore Musicultura ha scelto la settimana dal 21 al 28 marzo per le audizioni live del festival, che si svolgono presso il Teatro Lauro Rossi. Dal 21 gli artisti si stanno alternando sul palco del teatro, tutte le sere, a porte chiuse e dunque senza pubblico, ma con le maestranze del teatro che stanno lavorando, dato che per questa edizione le audizioni sono trasmesse in diretta tv e streaming. “È bello rivedere al lavoro tante maestranze che purtroppo in questo anno non hanno potuto lavorare”, ha dichiarato il direttore del festival, Ezio Nannipieri. “Noi non forniamo soluzioni; abbiamo voluto tenere viva una luce con la speranza che, dopo quest’anno trascorso, si possa finalmente giungere a una cornice giuridica che da un lato riconosca il valore intrinseco della creazione artistica, dall’altro garantisca ai lavoratori dello spettacolo delle tutele per quei periodi di inattività che sono insiti nella loro professione”.

Tra le voci più autorevoli del mondo del teatro a levarsi oggi, figura quella dell’attore Giancarlo Giannini, fresco di fiction con Leonardo della Rai, dove interpreta il Verrocchio. Per Giannini, oggi non c’è niente da festeggiare. “Giornata mondiale del teatro? E cosa c’è da festeggiare? È un disastro”, dichiara all’Adn Kronos. “Viva il teatro, sì, ma il teatro è chiuso, a noi non pensano mai e ci sono tante persone che non lavorano da un anno. Tenere aperti i teatri sarebbe possibile, facendolo in sicurezza, perché il miglior vaccino è mantenere le distanze e questo si può fare. Ma certo, se poi diminuisci troppo le presenze a un cinema o a un teatro non riescono nemmeno a pagare le spese”. Giannini non sottovaluta comunque i rischi del virus: “è una brutta bestia, attraversarlo non è divertente e bisogna stare molto attenti a non prenderselo e adottare ogni misura necessaria. Gli italiani, durante lo scorso lockdown, si sono comportati benissimo, perché noi siamo così, siamo bravissimi”. E di conseguenza, secondo l’attore, “se tenessero aperto, come fanno in molti paesi del nord, e dicessero che si può andare ovunque ma tenendo le distanze e adottando le misure di sicurezza, noi saremmo bravissimi, i più bravi di tutti”.

Che cosa fare?

Che cosa fare dunque? C’è da aspettare per forza, o si possono trovare dei punti di equilibrio? La nuova capogruppo del Pd al Senato, Simona Malpezzi, propende per la tattica attendista, il che significa aspettare che i vaccini consentano di tornare alla normalità. “Nella giornata mondiale del teatro”, afferma, “il mio pensiero va al mondo dello spettacolo dal vivo, ai tanti artisti, ai tecnici, alle maestranze. Fa male saperli fermi. Sono convinta che accelerando sui vaccini torneremo presto a respirare arte e cultura nei nostri meravigliosi teatri”. Il soprintendente del teatro alla Scala, Dominique Meyer, suggerisce di vaccinare gli artisti: “Capisco la situazione politica molto difficile, tutti vogliono essere considerati prioritari, ma se si vogliono riaprire i teatri è possibile facendo vaccinare. Io posso aspettare, chi lavora in amministrazione può aspettare, ma questi artisti che non possono portare la mascherina, se si vuole riaprire, si dovrà vaccinarli. Non vogliamo essere trattati meglio del resto della società, ma diciamo semplicemente che se vogliamo riaprire i teatri dobbiamo farlo”. Si tratta però di una strada poco praticabile, dato che i vaccini servono per proteggere la popolazione fragile (quindi anziani e soggetti deboli) ed è a loro che deve andare incondizionatamente la precedenza.

Una soluzione equilibrata potrebbe essere quella suggerita dall’attore Moni Ovadia, direttore del Teatro Comunale di Ferrara, che dalle colonne del Resto del Carlino non si risparmia di tuonare “una classe politica inadeguata e ignorante”, perché con la chiusura della cultura “il nutrimento dell’anima è venuto totalmente a mancare. È ora di riaprire”. Ovadia a suggerire una possibile soluzione per riaprire in sicurezza: “Sarebbe auspicabile un ritorno garantito al 40% del totale della capienza delle sale. Con questa percentuale di pubblico e i relativi biglietti venduti, assieme alle sovvenzioni pubbliche, il teatro può reggere. In alternativa, si potrebbe pensare (al pari di quanto è accaduto nei locali e nei ristoranti) di installare tra una seduta e l’altra una barriera di plexiglas. Ovviamente l’intero pubblico sarebbe obbligato a tenere la mascherina per tutta la permanenza in teatro. In questo modo il rischio si ridurrebbe ancora, tanto più che anche per gli ingressi e per le uscite non ci sarebbero grossi problemi visto che generalmente è un pubblico ordinato”. Ci sarà la volontà di intavolare una discussione con le parti (non soltanto il teatro, ma tutta la cultura) per trovare delle forme di apertura che riescano a garantire sia le necessità del contenimento del contagio, sia quelle del settore, che è tra i più duramente colpiti?

Nella foto: Parma, Teatro Regio

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