In Grecia si protesta per una riforma dei musei simile a quella di Franceschini


Cinque dei principali musei nazionali della Grecia, finora legati alla direzione generale dell’archeologia, stanno per diventare autonomi, com’è successo da noi con la riforma Franceschini: e nel paese si protesta. 

In Grecia sta facendo molto discutere un progetto di legge che ricorda per certi versi la riforma Franceschini del 2014-2015. La riforma greca, portata avanti da Lina Mendoni, ministra della cultura del governo di Kyriakos Mītsotakīs, prevede infatti che cinque dei principali musei del paese (il Museo Archeologico Nazionale di Atene, il Museo Bizantino e Cristiano di Atene, il Museo Archeologico di Salonicco, il Museo della Cultura Bizantina di Salonicco e il Museo Archeologico di Candia) non siano più dipendenti dalla Archaiologikí Ypīresía, ovvero il “Servizio Archeologico” del ministero (un omologo della nostra Direzione Generale Archeologia, Belle Arti e Paesaggio, competente però solo per l’archeologia come lo era la ex Direzione Generale Archeologia), ma acquistino autonomia finanziaria e gestionale. Nel dettaglio, i musei acquisiranno lo status di NPDD (Nomikó Prósopo Dīmosiou Dikaiou, “Persona giuridica di diritto pubblico”).

È simile a quello che è successo in Italia nel 2014, quando i musei erano legati alle soprintendenze, e divennero poi autonomi in seguito alla riforma Franceschini. Finora, l’unico museo greco che godeva di autonomia era il Museo dell’Acropoli. Quali sono i principi che guidano la riforma, lo ha spiegato Lina Mendoni rispondendo a un’interrogazione parlamentare del deputato dell’opposizione Kleon Grigoriadis. “I nostri musei”, ha dichiarato Mendoni, “hanno un enorme potenziale, ma hanno bisogno di uno sforzo per un cambiamento strutturale, perché non possono funzionare pienamente nel soffocante quadro amministrativo ed economico statale. Questa visione è sostenuta da molti esperti a livello internazionale ed è già stata adottata nei più grandi musei all’estero, dove è avvenuto il disimpegno istituzionale dei musei dallo stretto abbraccio dello Stato, al fine di gestirli meglio e in modo più efficace, per anni”.

Mendoni ha detto che l’autonomia dei musei rientra nei suoi obiettivi programmatici, e la stesura della legge, ha assicurato, arriverà dopo la necessaria consultazione con tutte le parti interessate e con la società. L’autonomia, ha spiegato Mendoni, servirà per fare in modo che i musei siano più efficienti e vengano gestiti “attraverso l’utilizzo di metodi di amministrazione e gestione aziendali”, oltre che secondo un approccio orientato alla comunicazione e al marketing. Per i nuovi musei autonomi ci saranno anche consigli d’amministrazione, come in Italia. Quanto ai dipendenti che già lavorano presso i musei, la ministra Mendoni ha fatto sapere che non ci sarà alcuna variazione nei rapporti di lavoro (i lavoratori rimarranno in forza al ministero), mentre i lavoratori assunti in futuro, lo saranno secondo le procedure legali previsti dagli organismi che godono dello status di NPDD.

La protesta degli ex lavoratori del ministero

Contro il progetto di legge si è sviluppato un movimento d’opposizione guidato da 119 lavoratori, tutti ex funzionari del ministero della cultura, alcuni dei quali vi hanno lavorato sin dagli anni Sessanta (ci sono curatori, direttori, dirigenti, capi dipartimento, direttori generali). Assieme hanno firmato una lettera aperta che chiede di far rimanere i cinque musei nell’alveo del Servizio Archeologico. “Siamo rimasti sorpresi”, scrivono nella lettera, “di sentire, da parte della direzione politica del Ministero e dello stesso Primo Ministro, l’annuncio della conversione dei cinque maggiori musei del paese (Museo Archeologico Nazionale, Museo Bizantino e Cristiano, Museo Archeologico di Salonicco, Museo della Cultura Bizantina, Museo Archeologico di Salonicco) in persone giuridiche di diritto pubblico. Comprendiamo che l’attuale Ministro della Cultura (un’archeologa lei stessa), invece di formulare una politica museale nazionale completa, integrata in piani culturali più ampi e aggiornati (ricerca, istruzione, consapevolezza intellettuale e sociale su questioni nazionali e globali contemporanee, partecipazione culturale, sviluppo culturale, cooperazione), abbia formulato un progetto che ha fini politici e intende istituire, con argomentazioni insufficienti, musei ‘autonomi’ e ‘sollevati dal soffocamento statale’”.

“Recidere i legami del museo con il Servizio Archeologico”, argomentano i funzionari ministeriali, “comporterà la fine della mobilità delle conoscenze scientifiche specialistiche. Significherà la fine della possibilità per i musei di avvalersi della linfa vitale di archeologi, museologi, educatori museali, conservatori, architetti, artigiani, che portano sempre la loro preziosa specializzazione ed esperienza, sia per gli istituti stessi, sia per i visitatori, in primis gli studenti delle nostre scuole. [...] Questi musei saranno semplicemente spazi espositivi, prodotti di mercato, con ristoranti e negozi”.

“La maggior parte di noi ha conosciuto i vecchi e storici direttori dei grandi musei del paese e ha imparato da loro. Si intuisce, quindi, che tagliare i musei dal Servizio Archeologico determinerà la modifica dei criteri di selezione della loro amministrazione. Significherà il passaggio da un sistema di selezioni scientifiche e amministrative tra centinaia di professionisti specializzati del Ministero, ad un sistema di nomine di governo del Presidente e dei membri dei Consigli, che sarà dettato dai criteri di uno solo, cioè il Ministro. In altre parole, significherà il passaggio da un sistema di eccellenza alla tattica dell’assegnazione”.

“Uniamo quindi la nostra voce a quella dei colleghi attuali”, concludono i 119 ex funzionari, “e chiediamo al Presidente del Consiglio e alla direzione politica del Ministero della Cultura di non escludere i cinque musei dal Servizio Archeologico. Chiediamo loro di non procedere con la catastrofica mutilazione del Servizio Archeologico, che in futuro potrebbe portare alla secessione di altri musei e grandi siti archeologici. La ristrutturazione radicale di un servizio pubblico che ha una storia di quasi 187 anni, per quanto nobili siano le sue motivazioni, deve essere fatta con ponderazione, preceduta da un dibattivo scientifico creativo, che non richiami un atto di distruzione. Questo però non è avvenuto e chiediamo che avvenga anche all’ultimo minuto”.

Foto: la sala 15 del Museo Archeologico Nazionale di Atene. Ph. Credit Ricardo André Frantz

In Grecia si protesta per una riforma dei musei simile a quella di Franceschini
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