Musei chiusi, la CGIL: “le misure sono state congrue. Ma riaprire non significherà ripartire”


Prima parte della nostra conversazione con i sindacati della funzione pubblica nei beni culturali sulle chiusure dei musei. Oggi parliamo con Claudio Meloni, coordinatore di CGIL Funzione Pubblica Beni Culturali.

Pubblichiamo oggi la prima parte della nostra “conversazione” con i sindacati della funzione pubblica nei beni culturali in merito alla chiusura dei musei. Ecco le risposte di Claudio Meloni, coordinatore di CGIL Funzione Pubblica Beni Culturali. Seguiranno nei prossimi giorni CISL, UIL e Confintesa.

Visitatore alla mostra su Rembrandt della Galleria Corsini di Roma in periodo Covid. Ph. Ministero della Cultura - DG Musei
Visitatore alla mostra su Rembrandt della Galleria Corsini di Roma in periodo Covid. Ph. Ministero della Cultura - DG Musei

Sulle chiusure dei musei, si è detto che la decisione è stata presa per limitare le occasioni di contagio, ma ci sono studi che affermano che, in osservanza delle misure di contenimento del contagio, sono i luoghi più sicuri in assoluto, e del resto l’esperienza della Spagna (dove diversi musei non hanno mai chiuso) insegna che l’apertura dei luoghi della cultura poteva tranquillamente convivere con il contenimento del Covid-19. Qual è la vostra posizione in merito al tema delle chiusure indiscriminate dei musei?

Per quanto riguarda le riaperture noi pensiamo che le stesse possano avvenire in condizioni di sicurezza. Ma questo non riguarda le misure di sicurezza interne ai luoghi della cultura. Noi abbiamo sottoscritto due protocolli sicurezza, uno riguarda le misure a sito chiuso e l’altro a sito aperto, che hanno funzionato. Quindi in generale non ci sono problemi dal punto di vista della messa in sicurezza dei luoghi della cultura e le decisioni assunte che dispongono le chiusure hanno evidentemente un contesto più generale di riferimento. Abbiamo avviato già nella cosiddetta Fase 2 della pandemia le riaperture: riteniamo che, fatti salvi i noti deficit strutturali del ministero, il sistema è in grado di ripartire in sicurezza. Ovviamente nel pieno rispetto delle decisioni che il CTS e il Ministero della Salute assumeranno al riguardo e noi francamente non riteniamo che le misure assunte finora non siano state congrue o abbiano discriminato i luoghi della cultura.

Perché secondo voi non è stata fatta almeno differenza tra musei grandi e piccoli? Ci sono musei grandi e molto gettonati nei centri storici delle grandi città (come gli Uffizi, il Museo Egizio di Torino o i musei civici di Venezia, per esempio), ma ci sono anche piccoli musei di provincia, facilmente raggiungibili dal pubblico e dai lavoratori, e già poco visitati di loro.

La differenza può riguardare le dimensioni dei musei ma non solo. Ad esempio le condizioni entropiche di sicurezza in rapporto alla specificità del sito. Ma non può diventare per tale motivo un criterio generale. In ogni caso i criteri prescelti sono altri e sono rapportati ai livelli di gradazione che lo stato della pandemia determina. Se una zona diventa rossa sono evidenti i riflessi rispetto alle chiusure e aperture di uffici pubblici, scuole e attività produttive. Quindi, considerando le gradazioni dell’ultimo periodo, ben poco avrebbe inciso questo criterio.

Per le grandi città si è detto che il problema è soprattutto nei trasporti e riguarda in particolar modo i lavoratori. Avete mai chiesto al ministero o agli enti che gestiscono i musei di far rimborsare ai dipendenti viaggi con mezzi propri onde evitar di far prender loro i mezzi pubblici?

La mobilità è stata sempre garantita per gli spostamenti verso il luogo di lavoro. Non riteniamo che incentivare l’uso del mezzo proprio sia la soluzione e comunque per soddisfare questa richiesta servirebbe una modifica normativa, in quanto è una fattispecie certamente non considerata. Attualmente ad esempio è pressoché vietato l’uso del mezzo proprio per le missioni e comunque dovrebbe essere una misura generale per tutti coloro che si spostano per motivi lavorativi. Purtroppo in questa situazione non ci sono soluzioni semplificate.

Ci sono stati dipendenti pubblici che hanno chiesto al vostro sindacato di aprire i musei? E se sì, in quale percentuale?

Non abbiamo avuto grandi richieste in tal senso. Anche perché il problema purtroppo generalmente riguarda i lavoratori esternalizzati dei cicli dell’offerta culturale e molto meno gli interni. Spesso i contingenti di lavoratori interni sono sufficienti a malapena a coprire i presidi di sicurezza.

Secondo voi cosa bisogna fare per aprire un museo in sicurezza?

Applicare i protocolli di sicurezza vigenti.

Avete fatto o state facendo pressioni sul ministero della cultura per chiedere di riaprire tutto il prima possibile, logicamente in sicurezza e nel rispetto dei protocolli vigenti?

Noi auspichiamo le riaperture dei luoghi della cultura e riteniamo che l’incremento della campagna vaccinale annunciato possa consentirle. Per questo abbiamo mantenuto il Piano di valorizzazione 2021 e faremo la nostra parte per farlo attuare. Ci auguriamo certamente che possa avvenire in breve: migliaia di lavoratori sono fermi in cassa integrazione o espulsi dal mercato del lavoro. La riapertura non significherà la ripartenza e quello che oggi ci preoccupa è che il Ministero non sarà in grado di assicurare i suoi servizi per la gravissima carenza di personale. Invece noi dobbiamo garantire un servizio pubblico in grado di reggere e di qualificarsi. C’è una grande occasione con le risorse che arrivano dall’Europa, si rischia di non saperle utilizzare adeguatamente se non si corre subito ai ripari con un piano di occupazione straordinario.


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