Un oligarca russo fa causa a una delle più importanti case d’asta al mondo. L’accusa mossa da Dmitrij Rybolovlev (imprenditore del settore dei fertilizzanti al potassio, proprietario della squadra di calcio francese del Monaco, e classificato da Forbes come il 428° uomo più ricco del mondo) contro Sotheby’s è quella di aver gonfiato i prezzi di alcune opere d’arte da lui acquistate. Il processo è cominciato l’altro ieri, 8 gennaio.
Secondo gli avvocati di Rybolovlev, Sotheby’s avrebbe agito in complicità con il consulente d’arte e mercante svizzero Yves Bouvier, consulente per Rybolovlev in molte delle sue transazioni, ingaggiato per ottenere le opere al miglior prezzo, e contro il quale l’oligarca già negli anni passati ha mosso diverse azioni legali. A Bouvier sono contestate le transazioni relative a 38 opere d’arte, che hanno comportato a Rybolovlev un esborso, ritenuto eccessivo, di 1 miliardo di dollari.
Tra le transazioni contestate, quella per una Testa di Amedeo Modigliani, scultura acquistata nel 2013 dall’oligarca per 83 milioni di dollari: Bouvier trattò la transazione in qualità di consulente di Rybolovlev, affermando, secondo la documentazione legale, che la cifra di 83 milioni era la più bassa che il venditore era disposto ad accettare per cedere l’opera, solo che, sempre secondo i documenti, il venditore era lo stesso Bouvier, ma gli avvocati di Rybolovlev sostengono che il loro assistito non avrebbe ricevuto questa informazione e che per via di ciò avrebbe perso milioni di dollari.
E ancora, viene contestata anche la transazione relativa al Salvator Mundi, l’opera attribuita a Leonardo da Vinci andata poi in asta da Christie’s nel 2017, dove ha raggiunto la cifra di 450,3 milioni di dollari diventando l’aggiudicazione più costosa della storia (soldi incassati da Rybolovlev, che era il proprietario del Salvator Mundi). Quattro anni prima di questo evento, nel marzo del 2013, Rybolovlev stava ragionando su di un eventuale acquisto del Salvator Mundi, all’epoca valutato a cifre molto più basse della sua aggiudicazione del 2017. Secondo il New York Times, un rappresentante di Sotheby’s si sarebbe recato a vedere di persona il Salvator Mundi in un appartamento di New York assieme a Rybolovlev e a Bouvier. Qualche settimana dopo, Bouvier, in un’email inviata a un assistente dell’oligarca, disse che l’allora proprietario del Salvator Mundi aveva rifiutato offerte comprese tra i 90 e i 125 milioni di dollari. Tuttavia, secondo la documentazione del tribunale, Bouvier avrebbe acquistato il Salvator Mundi tramite Sotheby’s il 2 maggio del 2013 (a 83 milioni di dollari), per poi rivenderlo a Rybolovlev alla cifra di 127,5 milioni di dollari.
Due anni più tardi, Rybolovlev ruppe i rapporti con Bouvier dopo aver scoperto, a seguito di una conversazione con un altro consulente, che il prezzo pagato per un dipinto di Modigliani era stato di molto superiore rispetto al prezzo che il venditore era disposto ad accettare (e Bouvier avrebbe tenuto per sé la differenza), anche se all’inizio del 2015 aveva già cominciato a sospettare del suo collaboratore, e chiese così una valutazione del Salvator Mundi a Sotheby’s, che suggerì un prezzo di 114 milioni. Stando alla documentazione legale, pare che l’incaricato di Sotheby’s che visionò l’opera assieme a Bouvier e Rybolovlev chiese al collega che doveva stimare il quadro di omettere ogni riferimento all’acquisto da parte di Bouvier nel 2013.
Sempre secondo i legali dell’oligarca, Sotheby’s avrebbe aiutato Bouvier a gonfiare le valutazioni delle opere, coprendo il presunto doppio gioco del mercante svizzero. Al momento, Bouvier non è imputato a New York, e in una decisione preliminare, emanata dal giudice distrettuale Jesse Furman nel marzo 2023, venivano rigettate molte delle accuse di Rybolovlev contro Sotheby’s, o per prescrizione o per mancanza di prove. Tuttavia, il giudice ha consentito che il processo con giuria, quello che parte in questi giorni, vada avanti in relazione a 4 delle 38 opere contestate (oltre alla Testa di Modigliani e al Salvator Mundi, ci sono due dipinti, uno di Gustav Klimt, Wasserschlangen II, e uno di René Magritte, Le Domaine d’Arnheim). Bouvier, come riporta il New York Times, da tempo insiste di esser stato chiaro sul fatto che non stava operando solo come consulente, ma anche come operatore indipendente, e come prove avrebbe presentato i contratti di vendita per i primi acquisti di Rybolovlev in cui risulterebbe che operava apertamente come commerciante, libero di addebitare qualsiasi prezzo l’oligarca fosse disposto a pagare. Rybolovlev tuttavia contesta il fatto che poi il ruolo di Bouvier ha avuto una evoluzione in quello di consigliere e agente e cita email in cui Bouvier descrive trattative con i venditori che sembrerebbero non aver avuto veramente luogo. Gli avvocati di Bouvier continuano a sostenere che il loro cliente si oppone fermamente a qualsiasi accusa di frode e citano gli esiti di azioni legali già intentate contro di lui a Monaco, Singapore e Ginevra, che sarebbero prova del fatto che il consulente non avrebbe fatto niente di male. A Monaco, il processo si era chiuso con l’archiviazione. A Singapore, l’azione si era conclusa con la decisione di trasferire il procedimento in Svizzera. A Ginevra, l’ultimo dei processi in corso tra Rybolovlev e Bouvier, la Procura della città svizzera ha archiviato il procedimento dopo che le parti l’hanno informata di aver raggiunto un accordo in privato, e Rybolovlev ha dunque ritirato la denuncia (le spese processuali di 100mila franchi svizzeri sono state comunque assegnate a Bouvier). Anche il coinvolgimento di Sotheby’s non è una novità: nel 2016, un tribunale di New York invitò la casa d’aste a pronunciarsi in merito alla transazione del Salvator Mundi. Sotheby’s negò di aver fatto parte di un eventuale piano perpetrato da Bouvier per frodare sia i venditori del dipinto nel 2013, sia Rybolovlev. L’oligarca citò poi in giudizio Sotheby’s nel 2018 sostenendo che la casa d’aste aveva comunque reso possibile la frode in maniera consapevole e intenzionale, poiché era a conoscenza di quanto avesse pagato Bouvier ai venditori originali. Una successiva sentenza a New York costrinse Sotheby’s a produrre documenti penali utilizzati già nei procedimenti di Monaco e Ginevra, decisione a cui la casa d’aste si oppose per ragioni di riservatezza. Poi, nel 2023, la decisione del giudice Furman di far partire il processo relativo alle quattro opere.
“Al processo”, ha dichiarato al New York Times l’avvocato Marcus Asner, uno dei legali di Sotheby’s, “il querelante dovrà dimostrare che Sotheby’s in qualche modo sapeva che Bouvier stava mentendo al signor Rybolovlev riguardo a quanto lui, Bouvier, aveva pagato per le opere quando le aveva acquistate. Ma non ci sono prove che Sotheby’s sapesse che Bouvier mentiva”.
Indipendentemente dall’esito del processo, come osserva il New York Times, si prevede che il processo fornirà una rara finestra sui meccanismi interni, spesso segreti, del commercio d’arte, dove persino gli acquirenti raramente sanno da chi stanno acquistando tesori che valgono una piccola fortuna. Gli esperti sostengono infatti che il processo con giuria potrebbe fornire nuove linee guida per un mercato dell’arte più trasparente. “C’è così tanta segretezza nel mondo dell’arte che gli acquirenti a volte non conoscono la quantità di denaro guadagnata da altri nelle transazioni”, ha affermato, sempre al New York Times, Leila A. Amineddoleh, avvocata specializzata in arte e beni culturali. “Quindi questo caso aiuterà a chiarire le responsabilità e i doveri fiduciari dovuti ai clienti da parte dei concessionari e delle case d’asta”.
Oligarca russo fa causa a Sotheby's, accusata di aver gonfiato prezzi di opere d'arte |