Si è aperta oggi l’edizione 2025 di AMART, la rassegna di antiquariato di Milano che ormai da tempo si conferma ai vertici per qualità della proposta e rilevanza dei galleristi che vi partecipano: quest’anno, l’appuntamento è dal 5 al 9 novembre, come sempre al Museo della Permanente. L’edizione di quest’anno vede la partecipazione di 61 gallerie da tutta Italia che coprono secoli di storia per offrire ai clienti una proposta di antiquariato di alta qualità e che si rivolge sia agli esperti sia, in qualche caso, anche a chi intende avviare la propria collezione. Organizzata dall’Associazione Antiquari Milanesi con Promo.Ter, la mostra è presieduta da Michele Subert, titolare dell’omonima galleria, e la qualità delle opere esposte è garantita da un comitato scientifico che coadiuva il presidente per rendere la manifestazione un punto di riferimento per collezionisti, appassionati, studiosi d’arte antica. “Grazie alla collaborazione di tutti gli attori coinvolti, che ringrazio sentitamente, AMART si conferma un appuntamento imperdibile del calendario culturale italiano”, afferma Subert. “Qui non si viene solo per ammirare opere d’arte di altissima qualità, ma per dialogare e comprendere la posizione che l’antiquariato occupa nell’era contemporanea, tracciando così la nuova rotta del collezionismo”.
Nonostante la giovane età (AMART è infatti alla settima edizione), la fiera milanese si è in breve tempo ritagliata uno spazio di tutto rispetto nel panorama delle manifestazioni dell’antiquariato proprio in virtù della sua qualità, con tante opere di primo piano, disposte in stand che fanno respirare i lavori esposti, con allestimenti curati, e con l’obiettivo di conciliare la dimensione commerciale con quella culturale. Diversi gli inediti e le novità nell’edizione di quest’anno.
L’itinerario, qui in ordine di come si presentano gli stand nel percorso espositivo, può cominciare con Carlo Orsi che porta in mostra due tempere su tavola di Zanetto Bugatto (Milano, 1440 – 1476), inedite, appena riscoperte: sono tra i lavori più interessanti che si trovino in questa edizione di AMART, un San Paolo e un San Pietro su fondo oro punzonato, frammenti di un polittico del pittore (la richiesta è tra i 200 e i 250mila euro). A poca distanza, Capozzi Antichità propone uno dei dipinti del ciclo del Pio Albergo Trivulzio di Angelo Morbelli (Alessandria, 1853 – Milano, 1919), Mi ricordo quand’ero fanciulla – Ultime ore serene: per quest’opera il prezzo è di 130mila euro. Proseguendo s’incontra lo stand di Mainetti Milano 1955 che porta al Museo della Permanente un dipinto di Anselmo Bucci (Fossombrone, 1887 – Monza, 1955) del periodo parigino, una singolare veduta di Boulevard Haussman (uno dei principali viali della città, dove ha sede il Musée Jacquemart-André), in vendita a una cifra compresa tra i 50 e gli 80mila euro. Si passa poi allo stand di Milani Antichità: qui, il dipinto di maggior interesse è un’opera di Domenico Pellegrini (Galliera Veneta, 1759 – Roma, 1840), Amore e Venere che si specchiano del 1792, dipinto fondamentale nel catalogo dell’artista neoclassico, testimonianza importante e diretta del suo rapporto con Canova (il prezzo è di 150mila euro).
La galleria torinese Secol-Art di Masoero ha riportato alla luce, nelle scorse settimane, un capolavoro dimenticato dell’Ottocento italiano: si tratta di un Episodio di Casamicciola. L’aurora del 29 luglio 1883, di cui abbiamo abbondantemente parlato su queste pagine, in vendita a 75mila euro. E, a pochi passi, lo stand di Fineart by Di Mano in Mano porta ad AMART diversi arredi tra cui una bella coppia di carte da parati di artigiano cinese del primo quarto del XIX secolo: la richiesta è di 12mila euro.
Scendendo al piano inferiore, ci s’imbatte subito nello stand della galleria romana W. Apolloni, che propone una mostra in piena regola su Francesco Hayez (Venezia, 1791 – Milano, 1882), allestita in occasione con la galleria londinese Laocoon Gallery: tra le opere più interessanti ecco la Testa tagliata del conte di Carmagnola del 1834, opera di straordinaria potenza drammatica (a indossare i panni del conte è in realtà un brigante decapitato, dipinto dal vero da Hayez: viene venduta a 120mila euro) e L’educazione di Achille, opera giovanile, del 1813, con le forme che richiamano la scultura di Canova e la ninfa in basso che anticipa le bagnanti che l’artista veneziano dipingerà nel prosieguo della carriera (richiesta 400mila euro). Molto curiosi, allo stand di Paolo Antonacci, i gattini di Eugène Delacroix (Charenton-Saint-Maurice, 1798 – Parigi, 1863): i suoi Studi di gatti, a penna e inchiostro su carta, con timbro dell’atelier dell’artista, sono in vendita a 12mila euro. Lorenza Salamon include nella sua proposta alcuni bulini di Albrecht Dürer (Norimberga, 1471 – 1528), uno dei quali stampato quando l’artista tedesco era ancora in vita: si tratta della Vergine sulla proda erbosa, del 1503, venduto a 24mila euro. Sull’altro lato del corridoio, lo stand di Altomani & Sons è tra i pochi che hanno i prezzi esposti: ci si aggira dunque tra una bella Madonna col Bambino su falce di luna del Sassoferrato (Giovanni Battista Salvi; Sassoferrato, 1609 – Roma, 1685), 150mila euro, uno scenografico olio su alabastro raffigurante l’Adorazione dei Pastori, opera di Antonio Tempesta (Firenze, 1555 – Roma, 1630), proposta a 120mila euro, e due importanti bozzetti preparatori di Bernardino Nocchi (Lucca, 1741 – Roma, 1812), due Sibille per gli affreschi della Sala dei Fasti Prenestini di Palazzo Stoppani Vidoni a Roma di cui sono noti anche i disegni e che sono stati di recente esposti alla mostra sul neoclassicismo lucchese curata da Vittorio Sgarbi (richiesta 45mila euro). Prezzi esposti anche allo stand della legnanese Romigioli e della romagnola Alice Fine Art, che confinano: da Romigioli a catturare l’attenzione sono soprattutto un Capriccio di Francesco Guardi (Venezia, 1712 – 1793), olio su carta applicato su tela, proposto a 70mila euro, e un San Girolamo penitente di Pedro Machuca (Toledo, 1488 circa – Granada, 1550), con studio della studiosa Liliana Campos, in vendita a 110mila euro. Da Alice Fine Art, si guarda con una certa insistenza un raffinato altorilievo in avorio di Dominikus Stainhart (Weilheim, 1655 – Monaco di Baviera, 1712), raffigurante Sant’Agnese sul rogo, opera del 1676-1682 circa, schedata da Adriano Amendola e Cristiano Giometti, in vendita a 70mila euro, e alcune interessanti tavole di artisti anonimi ma di alta qualità con prezzi che vanno dai 2.600 ai 7mila euro.
La giovane galleria genovese Goldfinch Fine Arts è al suo esordio ad Amart e si presenta subito con una rarità: un Ritratto di gentiluomo di Europa Anguissola, sorella della più celebre Sofonisba (una curiosità: sulla tela, Europa si firma proprio come “sorella di Sofonisba”, evidentemente ben conscia della sua fama), pulito e restaurato per l’occasione e riportato alla pittura originaria. La richiesta è di 90mila euro.
Singolare, allo stand di Piva & C., il cannocchiale decorato, in lacca policroma su sfondo rosso, che raffigura paesaggi e figure entro cornici gialle: esempio di artigianato artistico veneziano della metà del XVIII secolo, viene venduto a 14mila euro. Da non perdere, sempre presso lo stand della galleria milanese, una bella Madonna col Bambino di Benvenuto Tisi detto il Garofalo (Ferrara, 1481 – 1559), che è stata inclusa anche nel percorso della recente mostra Il Cinquecento a Ferrara – Mazzolino, Ortolano, Garofalo, Dosso, curata da Vittorio Sgarbi e Michele Danieli (la richiesta, data l’importanza dell’opera, è di 100mila euro). In mezzo a tanto antico c’è anche uno sprazzo di contemporaneo: è la Galleria Giampaolo Abbondio che porta alcuni pezzi di arte del presente: da segnalare, in particolare, le fotografie di John Randolph Pepper, tra cui un’immagine quasi astratta del deserto di Dasht-e Lut in Iran (del 2017, prezzo 5mila euro i.e.), e un grande olio su tela, due metri per due, di Maurizio Cannavacciuolo (Napoli, 1954), lavoro importante del pittore partenopeo in vendita a 16mila euro. La particolarità? Allo stand di Abbondio tutte le opere sono in bianco e nero, inclusa la grande tela di Cannavaccuolo.
Andando verso la conclusione del percorso, Hartford Fine Art – Lampronti Gallery porta in mostra un grande Canaletto, l’opera più costosa della fiera (siamo nell’ordine dei diversi milioni di euro), già presente anche all’edizione dello scorso anno: L’arrivo dell’ambasciatore francese Jacques-Vincent Languet, conte di Gergy, a Palazzo Ducale il 5 novembre 1726 è una delle opere più grandi di Canaletto (un metro e ottanta d’altezza per oltre due e mezzo di larghezza). Prezzi più contenuti invece per un San Francesco in preghiera dell’ultimo Guido Reni (Bologna, 1575 – 1642), richiesta 400mila euro, e per una veduta di Giovanni Battista Cimaroli (Salò, 1687 – Venezia, 1771), raffigurante il Cannaregio dal Canal Grande (250mila euro). Sul corridoio opposto, la galleria veneta Antichità La Pieve scopre un inedito di Benedetto Gennari (Cento, 1633 – Bologna, 1715), una Susanna e i vecchioni appena studiata da Massimo Pulini, grande esperto di arte del Seicento: prezzo a cinque zeri per portarla a casa. C’è arte del XVII secolo anche allo stand della veneta Santa Tecla srl con una bella Lucrezia romana di Luca Ferrari detto Luca da Reggio (Reggio Emilia, 1605 – Padova, 1654), che richiama il miglior Guido Reni, e che è in vendita a 100mila euro.
La Società di Belle Arti di Viareggio propone, tra i vari dipinti di fine Ottocento-inizio Novecento, una Gwendolen che legge con scialle rosso, lavoro del 1931 di Llewellyn Lloyd (Livorno, 1879 – 1949), dipinto quando l’artista toscano di origini gallesi era all’apice della sua carriera (e si prodiga qui in un’opera che fonde il ritratto, in questo caso della figlia, e la natura morta: la richiesta è di 45mila euro) e un dipinto di Bambine al mare, tema tipico del Plinio Nomellini maturo, al prezzo di 20mila euro. La torinese Galleria Giamblanco propone, come di consueto, tanto Seicento: ecco allora un San Giuseppe con Gesù Bambino di Giovanni Antonio Galli detto lo Spadarino (Roma, 1585 – 1652), olio su tela, in vendita a 45mila euro, e un Memento mori di Salvator Rosa (Napoli, 1615 – Roma, 1673), a 40mila euro, tra le varie proposte. Chiusura ancora per arte del XIX e dell’inizio del XX secolo con la livornese 800/900 Artstudio che propone una mostra di spessore tutta dedicata a Thayaht (Ernesto Michahelles; Firenze, 1893 – Pietrasanta, 1959): già venduto uno dei pezzi più singolari, una dimostrazione del teorema di Pitagora, ma molte di queste opere che spaziano tra simbolismo e futurismo attendono ancora un acquirente e i prezzi sono compresi tra i 2 e i 14mila euro. Richieste più alte invece per due capolavori, uno di Benvenuto Benvenuti (Livorno, 1881 – 1959), Suese, del 1903, opera che ha una certa storia espositiva e che rappresenta un puro distillato del divisionismo materico e luminoso dell’artista labronico (22mila euro), e uno di Lorenzo Viani (Viareggio, 1882 – Lido di Ostia, 1936).
AMART 2025 si conferma, anche in questa edizione, una delle rassegne di punta del panorama antiquariale italiano, capace di coniugare rigore, ricerca e una proposta espositiva di altissimo livello. Lungo il percorso della Permanente si percepisce la solidità di una manifestazione che, pur giovane, ha saputo costruirsi un’identità riconoscibile e un ruolo di riferimento per collezionisti, studiosi e semplici appassionati.
La qualità delle opere, la varietà dei linguaggi e la presenza di gallerie storiche accanto a realtà emergenti testimoniano la vitalità di un settore che, lontano dall’essere relegato al passato, trova nel dialogo tra epoche e sensibilità differenti la propria forza propulsiva. La fiera conferma dunque la propria vocazione a essere non solo un appuntamento imprescindibile del calendario culturale milanese, ma anche un simbolo di come la tradizione possa rinnovarsi attraverso la qualità, la competenza e la passione.
Gli autori di questo articolo: Federico Giannini e Ilaria Baratta
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