Era stata annunciata come una grandissima scoperta, da alcuni era addirittura stata definita la scoperta del secolo: i famosi (presunti) cento disegni di Caravaggio, che sono stati il “caso” storico-artistico dell’estate 2012, e a cui anche noi di Finestre sull’Arte abbiamo dedicato diversi pezzi. Articoli, conferenze stampa, conferme, smentite: il mondo della storia dell’arte nel luglio dello scorso anno è stato in subbuglio per diversi giorni. E poi? Passati i primi giorni, il silenzio più totale. Che fine hanno fatto questi presunti cento disegni di Caravaggio? Sui grandi quotidiani e addirittura anche sulla stampa e sui siti web specialistici, non se ne è quasi più parlato. Per chi si fosse perso qualcosa, vi raccontiamo come sono andate le vicende dopo la scoperta.
È il 5 luglio quando viene dato l’annuncio della “scoperta”1, ma la risposta del Comune di Milano non tarda ad arrivare: appena quattro giorni dopo, il 9 luglio, a Milano si riunisce un comitato di esperti chiamati proprio per studiare il Fondo Peterzano2, il fondo che secondo gli autori dello studio, Maurizio Bernardelli Curuz e Adriana Conconi Fedrigolli, conterrebbe i disegni del giovane Caravaggio. Il comitato è formato da Maria Teresa Fiorio, Giulio Bora, Claudio Salsi e Francesca Rossi, e al termine dell’incontro preliminare al Castello Sforzesco, la conclusione è che il comitato “si riserva di considerare con i tempi e il rigore dovuti le proposte attributive avanzate dagli autori dell’e-book che riconosce in cento disegni del Fondo Peterzano la mano del Caravaggio”3.
Passa qualche mese e si arriva a dicembre 2012: la risposta del comitato di esperti prende la forma di una mostra che inaugura al pubblico il 15 dicembre nella Sala del Tesoro del Castello Sforzesco4. La mostra si intitola Simone Peterzano (ca.1535-1599) e i disegni del Castello Sforzesco ed espone moltissimi dei disegni del fondo, che Bernardelli Curuz e Conconi Fedrigolli asserivano essere di mano di Caravaggio (e a detta di alcuni, Bernardelli Curuz e Conconi Fedrigolli non avrebbero neppure studiato gli originali ma avrebbero condotto i loro studi su riproduzioni di bassa qualità)5. Il comitato scientifico della mostra vede partecipare gli esperti sopraccitati assieme ad altri due esperti provenienti dall’estero: Jonathan Bober, conservatore delle stampe antiche alla National Gallery di Washington, e Hugo Chapman, conservatore dei disegni italiani e francesi dal 1400 al 1800 al British Museum di Londra.
La mostra, come spiegato su Storie dell’Arte, ha esposto tutti i “cento disegni”, tranne sei per ragioni conservative. Il comitato arriva alla (scontata) conclusione che non si tratta di opere di Caravaggio: alcuni disegni sono autografi di Simone Peterzano, il maestro di Caravaggio, altri sono stati realizzati dalla bottega di Peterzano, altri ancora da diverse botteghe attive tra XVI e XVII secolo, ancora altri sono copie e infine un gruppo è costituito da studi accademici risalenti al Seicento6. Non c’è traccia alcuna di Caravaggio, anche perché, com’è noto, non esistono disegni che siano attribuibili a Caravaggio, e quindi assegnargli dei disegni senza avere riscontri è materia assai difficile7.
Il 15 dicembre stesso, un articolo sul Corriere della Sera8 conteneva le reazioni di Bernardelli Curuz alla mostra appena inaugurata al Castello Sforzesco: il direttore artistico di Brescia Musei dichiarava di non aver visto la mostra e che lui e la sua collega non erano stati invitati all’inaugurazione. In più, dichiarava che “la mostra Peterzano è una mostra di parte, un’arringa, una difesa delle ricerche di Bora e della sua cerchia”. Il seguito poi è di quelli meno simpatici, in quanto il racconto della ricerca si trasforma in cronaca giudiziaria: il Comune di Milano decide di intentare una causa per diffamazione nei confronti degli autori della scoperta, chiedendo il risarcimento dei danni d’immagine9. Da parte sua, Bernardelli Curuz dichiara di essere pronto al contrattacco10. Per il momento, qui si conclude la vicenda.
Questo è il racconto dei fatti, che induce a riflettere su un particolare aspetto della questione, che riguarda il modo in cui la storia dell’arte viene vista a livello massmediatico. Il giorno dello scoop, abbiamo visto la notizia pubblicata sulle prime pagine di pressoché tutti i quotidiani nazionali, e abbiamo visto numerosi servizi in diverse edizioni di telegiornali, anch’essi a livello nazionale, sulle principali emittenti televisive. Invece, la ricerca di articoli che parlassero degli studi del comitato di esperti o anche semplicemente dell’organizzazione della mostra sui disegni del fondo Peterzano al Castello Sforzesco, è stata piuttosto difficoltosa. Segno che per i mass media, è ancora il sensazionalismo delle “grandi scoperte”, delle “scoperte del secolo” il motivo che li spinge a parlare di storia dell’arte. Sarebbe stato altrettanto interessante vedere lo stesso fervore nell’annunciare la controrisposta del comitato scientifico alle tesi di Bernardelli Curuz e Conconi Fedrigolli (controrisposta verso la quale propendiamo anche noi di Finestre sull’Arte, che del resto siamo stati tra i primi ad avanzare dubbi sulla scoperta, con un articolo uscito il 6 luglio). Ma finché la storia dell’arte sarà vista come mero intrattenimento, probabilmente continueremo ad assistere a situazioni di questo tipo da parte della stampa.
Gli autori di questo articolo: Federico Giannini e Ilaria Baratta
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