Come si attribuisce un disegno (di Caravaggio e non): intervista a Francesca Cappelletti


Un'intervista a Francesca Cappelletti, esperta di Caravaggio, sulla recente vicenda dei cento disegni e su come si attribuisce seriamente un disegno a un artista

Dopo che si sono spenti i toni entusiastici della prima ora ed è possibile ragionare con mente un po’ più fredda, noi di Finestre sull’Arte abbiamo deciso di avere un parere esperto sulla questione dei cento disegni di Caravaggio. Abbiamo pertanto raggiunto Francesca Cappelletti (che ringraziamo nuovamente per la disponibilità e la gentilezza con cui ci ha accolti, nonché per i complimenti per il nostro lavoro, che noi ricambiamo a lei per il suo serio impegno nella storia dell’arte), docente di Storia dell’Arte Moderna all’Università di Ferrara nonché una delle persone che in Italia meglio conoscono l’arte di Caravaggio. Le abbiamo chiesto alcune cose sia sui disegni attribuiti a Michelangelo Merisi sia, più in generale, su come si attribuisce un disegno.

Sappiamo che lei, come molti altri suoi colleghi, è scettica sull’attribuzione a Caravaggio degli ormai famosi cento disegni del Fondo Peterzano. Ci può dire perché secondo lei questi disegni non sono ascrivibili a Caravaggio?

Per attribuire i disegni in genere si procede facendo dei confronti con altri disegni, e nel caso di Caravaggio sappiamo bene che purtroppo non abbiamo disegni attribuibili a lui, anzi questa è stato sempre una grave lacuna nella ricostruzione del suo percorso e anche un problema critico su cui ci si è interrogati: ci sono studiosi che pensano che sia vero che lui non disegnasse, come racconta una parte delle fonti antiche sul pittore, altri che pensano che lui non disegnasse in maniera tradizionale ma che disegnasse facendo degli abbozzi già colorati sulla tela, e altri che pensano che lui distruggesse i disegni in seguito, comunque è un fatto che non ci siano testimonianze grafiche dell’opera di Caravaggio. Quindi è abbastanza difficile attribuirgli dei disegni non potendo fare dei confronti con altro materiale dello stesso tipo.

L’altro motivo per cui è difficile attribuire questi disegni a Caravaggio consiste nel fatto che proprio questi disegni, o perlomeno quelli che abbiamo potuto vedere al momento in queste immagini a bassa risoluzione, oltretutto non pubblicate in sede scientifica (senza confronti e senza un apparato critico di note, ma sul sito dell’ANSA), sono stati oggetto di confronti che a me sembrano più che altro tipologici, non mi sembrano dei confronti stilistici con le opere pittoriche, perché anche questo sarebbe molto difficile. Inoltre il procedimento non mi sembra particolarmente scientifico... o meglio, filologico, perché, nel caso in cui alcuni disegni che vogliamo attribuire a un artista non siano confrontabili con altri disegni eseguiti da lui, deve esserci una somiglianza stringente e una somiglianza anche cronologica. Non dobbiamo dimenticarci che questo fondo raccoglie disegni eseguiti negli anni Ottanta del Cinquecento a Milano nella bottega o comunque nell’ambito di Simone Peterzano. Francamente confrontarli con opere che sono state eseguite a partire dal 1600 non mi sembra un procedimento accettabile dal punto di vista della storia dell’arte, quindi secondo me se queste sono le basi, si tratta di ipotesi che lasciano un po’ perplessi.

Aggiungo un’altra cosa: è anche vero che questo fondo è molto importante e che andrebbe studiato, per cui secondo me l’unico lato positivo di questa vicenda è stato quello di portare alla luce l’esigenza di studiare in maniera seria e di catalogare il fondo Peterzano.

A causa dei molti commenti che leggiamo in giro, specialmente sui social network, la vicenda potrebbe far perdere credibilità agli storici dell’arte perché se tutti possiamo improvvisare attribuzioni allora non si comprende quale sarebbe il vostro ruolo, il ruolo degli esperti, degli storici dell’arte. Quindi per ristabilire un po’ di ordine può dirci perché è difficile attribuire un disegno e perché questo sarebbe un compito riservato agli esperti?

Secondo me ci sono due problemi: da un lato, in effetti (senza togliere nulla agli interessi degli appassionati), è chiaro che le modalità sono diverse da quelle degli studiosi, perché io credo che su un fondo che conta 1.300 pezzi e che è un fondo riconducibile a una bottega della quale non si sa moltissimo, sia necessario fare un lavoro molto serio. Se si considerano studiosi delle persone che non hanno mai affrontato (da quanto si evince dai loro scritti) il problema di Simone Peterzano e il problema del Manierismo a Milano alla fine del Cinquecento, il lavoro finisce col sembrare un po’ improvvisato, anche se fatto con le migliori intenzioni. Quindi non è possibile dare l’etichetta di studiosi un po’ a chiunque.

Il secondo problema: il ruolo dello storico dell’arte credo sia quello di lavorare con grande serietà sulle testimonianze storiche e sulle testimonianze documentarie. Non ci sono soltanto le foto delle opere in circolazione su internet, per cui solo sulla base di queste fotografie non ci si può avventurare nel fare ipotesi: la storia dell’arte è una disciplina un po’ più complicata. C’entrano tante cose: la conoscenza del contesto, la conoscenza delle fonti, dei documenti, del resto del catalogo dell’artista e degli altri artisti con cui ci sono state delle relazioni. Diciamo quindi che uno studio serio è uno studio prima di tutto molto più lungo e che può anche non portare a dei risultati eclatanti, però porta a una ricostruzione di una situazione storica. Sono tutti aspetti che mi sembra esulino da questa vicenda, vicenda che, per questi motivi, mi sembra che abbia poco a che fare con il ruolo dello storico dell’arte...

Molti sul web, a difesa dei due “scopritori”, invocano la libertà dello studio e della ricerca e allo stesso tempo additano all’invidia dei colleghi lo scetticismo sulle nuove scoperte. Secondo lei fino a che punto può spingersi questa libertà quando si tratta di attribuire un’opera d’arte a un pittore? E che ruolo giocano gli attriti tra colleghi quando si tratta di scoprire nuove opere oppure di formulare nuove attribuzioni per opere che già si conoscevano?

Io credo che il mondo degli studi, quello degli studi seri che procedono anche con molta cautela (e non con delle improvvisazioni), sia in realtà un mondo molto variegato, per cui non si può dire che ci sia invidia da parte di un gruppo contro un altro... gli studiosi discutono anche molto tra di loro, non credo si possa parlare di questo. Oltretutto, per restare sul caso specifico, questo era un fondo molto conosciuto e studiato da parte degli specialisti di Caravaggio, e appunto perché sono specialisti seri di Caravaggio e lo hanno studiato per tutta la vita non si avventurano in queste ipotesi un po’ avventate.

Per esempio Maria Teresa Fiorio, che si era occupata di questo fondo, aveva tirato fuori un disegno preparatorio per una Sibilla di Simone Peterzano, che ha lo stesso tratto un po’ più veloce che possiamo forse immaginare appartenente al giovane Caravaggio e che possiamo ritrovare nel Bacchino malato, e già nel 1979 (quando pubblicò questi disegni), e poi in occasione interventi successivi (in un numero di Paragone del 2002, che raccoglie anche altre indagini su questo fondo), altri studiosi avevano trovato dei raffronti con opere di Caravaggio e si sono limitati a parlare di un terreno comune e di un terreno di formazione dell’artista: mi sembra più corretto. Poi è chiaro che uno si può lanciare in ipotesi che forse hanno più riscontro tra il pubblico, perché sono delle ipotesi più eclatanti, ma mi sembra un modo diverso di procedere... e non si tratta di divergenze tra persone che lavorano allo stesso modo. Si tratta solo di diversità di modo di lavorare, per essere eufemistici. Anche se non conosco direttamente le persone e non vorrei essere troppo dura, mi sembrano ipotesi poco sostenute dalla ricerca documentata, proprio perché questo fondo era stato già studiato e ci sono dei disegni che potevano essere attribuiti a Caravaggio ancor più di quelli che abbiamo visto recentemente. Io stessa ne riprendo uno nel mio libro, anche se con grande cautela l’ho lasciato a Peterzano... ! Ci sono però disegni molto simili a cose che Caravaggio fa, ma non nel 1600, bensì nel 1592 quando arriva a Roma. Quindi tutti gli studiosi si guardano bene dall’assegnarli a lui perché, ripeto, noi non sappiamo come disegnasse Caravaggio a 14-15 anni... non si può proprio dire, purtroppo.

Sappiamo che Lei è una grande esperta di arte del Seicento, ha partecipato a diversi comitati scientifici di mostre, ha scritto molte pubblicazioni su Caravaggio e sull’arte del Seicento... ci piacerebbe quindi, giusto in breve e in poche battute per quanto l’argomento sia complesso, informare i nostri lettori su qual è il processo di attribuzione di un disegno o più in generale di un’opera d’arte, quali sono le variabili che entrano in gioco, in che modo si arriva a formulare dei nomi, insomma come si fa ad attribuire un’opera a un artista...

Io credo che un disegno si attribuisca quando si fa una comparazione stilistica, di modi di procedere dell’artista, e non di somiglianze tra le pose delle figure, perché una somiglianza di questo tipo può essere molto più generica di quanto sembri. Oppure si avvicina il disegno (ma deve essere un disegno preparatorio) a un’opera: se in questo caso avessimo trovato disegni preparatori, per esempio, per le tele della Cappella Contarelli con tutte le figure e con la composizione, la cosa sarebbe cambiata. Per attribuire quindi un disegno correttamente ci vuole innanzitutto una somiglianza specifica con altri disegni certi (che in questo caso non ci sono), oppure con l’opera... però ci dev’essere una vicinanza cronologica. Se uno conosce un po’ di storia dell’arte sa che non esiste un artista che faccia tutti i disegni prima del 1600 e poi esegua tutte le opere dopo il 1600. È una cosa totalmente irrealistica. L’altro modo per attribuire dei disegni può essere un modo documentario: a volte noi possiamo trovare testimonianze nelle fonti, firme, documenti di pagamento che possono essere legati direttamente a un’opera, e alla fine si procede con l’attribuzione. Ma anche in questo caso gli studiosi seri fanno anche altri tipi di vaglio, nel senso che a volte ci sono i documenti che funzionano bene per l’attribuzione di un’opera, e poi quest’ultima, dal punto di vista dello stile, non è del tutto convincente. Quindi è un lavoro molto lungo, perché si cerca di mettere insieme il maggior numero di dati possibili.

In questo caso per esempio noi non abbiamo il catalogo recente di Peterzano, e secondo me per prima cosa bisogna studiare bene Simone Peterzano. Perché magari si nota che questi disegni che sembrano di Caravaggio, quando si studia bene il pittore, poi invece tornano di più con opere (eseguite) di Peterzano. Quindi trovo che il procedimento della recente vicenda non sia molto scientifico.


Breve nota su Francesca Cappelletti
Francesca Cappelletti insegna Storia dell’Arte Moderna all’Università di Ferrara. Si è laureata alla Sapienza di Roma nel 1987 (relatore Maurizio Calvesi) e ha conseguito nel 1995 il titolo di dottore di ricerca. Ha tenuto conferenze e seminari in Italia e all’estero, ha fatto parte dei comitati scientifici di diverse mostre e ha al suo attivo numerose pubblicazioni sull’arte del Seicento e su Caravaggio. A questo indirizzo è possibile trovare il suo curriculum.


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Gli autori di questo articolo: Federico Giannini e Ilaria Baratta

Gli articoli firmati Finestre sull'Arte sono scritti a quattro mani da Federico Giannini e Ilaria Baratta. Insieme abbiamo fondato Finestre sull'Arte nel 2009. Clicca qui per scoprire chi siamo



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