Graziano Debellini (TH Group): “Il turismo di qualità? Non dipende dalla ricchezza, ma dalle persone”


Una lunga intervista a Graziano Debellini, alla guida della catena di resort TH Group, sul turismo. Come è cambiato in questi anni? La politica comprende le esigenze del turismo? E soprattutto: cosa vuol dire fare turismo di qualità?

“Si possono insegnare tante cose, ma le più importanti, le cose che importano di più, non si possono insegnare: si possono solo incontrare”. Parte così, con una frase di Oscar Wilde, l’intervista a Graziano Debellini. Citazione che poi ha usato come manifesto per i raduni con tutti i dipendenti prima di iniziare ogni stagione, che spiega bene lo spirito, l’attenzione alla persona (a partire dai dipendenti), con cui svolge il suo lavoro. È diventato albergatore partendo da un’amicizia e dalla passione comune per la montagna, da cui è scaturita la decisione di provare a prendere in gestione nel 1977 un rifugio sul Monte Adamello. Graziano Debellini guida adesso un gruppo, TH Group, che con i marchi TH Resorts, Touring Club Italiano e i TO Baobab e Markando gestisce oltre trenta strutture alberghiere, di cui nove sulle Alpi, soprattutto in Valle D’Aosta e Trentino, diventando così leader dell’ospitalità in montagna. Un imprenditore che ha diversificato la sua attività negli anni: dalla gestione alberghiera all’organizzazione viaggi con tour operator su più segmenti del mercato, per arrivare alla gestione dei i villaggi in collaborazione con Touring Club Italiano. Il gruppo offre, inoltre servizi di consulenza che spaziano dal digitale alle operazione di engineering, fino alla formazione. Nel 2017 nell’azionariato è entrata Cassa Depositi e Prestiti, che con il suo apporto ha consentito di investire e pianificare con solidità: insieme a CDP TH ha dato vita alla “Scuola Italiani di Ospitalità”, un progetto formativo costruito sul modello delle grandi scuole di hotellerie europee, per insegnare un mestiere nel quale l’Italia ha una grande tradizione, ma che con l’evoluzione dei tempi ha bisogno di nuove professionalità, di potenziare la capacità di gestione dei cambiamenti dei gusti e delle esigenze dei viaggiatori. Ed è nato così, in collaborazione con l’Università Ca’ Foscari di Venezia il primo Corso di Laurea Triennale in Hospitality Innovation and e-tourism, in lingua inglese, dedicato a giovani che hanno una passione per l’ospitalità e desiderano specializzarsi in questo settore. Abbiamo parlato con lui su temi riguardanti il turismo.

Graziano Debellini
Graziano Debellini
Il TH Resort di Corvara (Bolzano)
Il TH Resort di Corvara (Bolzano)

AL. Come sta andando la stagione e (facendo un bilancio sull’anno appena passato) come è andato il post emergenza e la fine delle restrizioni da Covid?

GD. La stagione invernale è partita in maniera straordinaria: abbiamo quasi esaurito tutta la disponibilità, siamo oltre al 92% di occupazione delle camere, neanche nel 2019 era andata così. E anche il 2022 è stato molto positivo con bilancio chiuso (il bilancio noi lo chiudiamo a fine ottobre) con 135 milioni di fatturato. L’anno precedente abbiamo aperto tutto ma era ancora presente il virus e dovevamo quindi gestire anche i casi di eventuale isolamento di lavoratori e clienti, è stato più complicato. Adesso abbiamo incidenza Covid praticamente zero: siamo in una nuova fase, nel post Covid c’è un atteggiamento nuovo delle persone, grandissima voglia di fare vacanza, di fare turismo.

Come hanno prenotato: con anticipo o all’ultimo minuto?

In tutti e due i modi. Ma le dico che quest’anno abbiamo aperto la stagione già con oltre il 70% di prenotato, poi man mano che passano i giorni arrivano gli altri.

Lo chiamano “revenge tourism” da Covid, quanto incide secondo lei e ci sono gli elementi per dire che questa nuova voglia di viaggiare possa diventare strutturale?

È come se questa malattia avesse portato una incertezza sulla sicurezza della vita e così, appena c’è stata la possibilità, la vacanza ha rappresentato il vaccino in positivo per tutti. La gente vuole andare in vacanza perché è un bisogno ritenuto essenziale per uscire da un lungo periodo che è stato come un tunnel. Questa percezione si è vista di più in questo settore rispetto agli altri. Ma il mondo politico non dedica ancora la giusta attenzione a questo fenomeno. È un settore che certo bisogna imparare a conoscere, fatto di alberghi in città d’arte, in settemila km di coste, oltre mille di Alpi e montagne, ma è come se qualche volta si notasse che non c’è una conoscenza appropriata. Perché, se ci fosse, sarebbero più chiare le modalità di sostegno necessario: non abbiamo bisogno di aiuti a pioggia: c’è bisogno di una strategia sul turismo.

Può fare un esempio?

Prenda l’esempio dei voucher: uno strumento utilizzato dai datori di lavoro, tanto combattuto. Chi è dentro il mondo del lavoro stagionale capisce che si devono assumere le persone, ci mancherebbe, ma ci sono anche andamenti altalenanti di presenze turistiche nel corso della stagione [feste comandate, ponti, i fine settimana – ndr] che creano picchi di lavoro magari solo per due-tre giorni. In questi casi, i voucher diventano degli strumenti essenziali, in virtù della loro flessibilità. Penso che non ci sia comprensione approfondita delle dinamiche del nostro settore, di come funziona questo tipo di lavoro.

È un lavoro particolare il vostro: lavorate quando per gli altri è vacanza o è tempo libero.

La maggior parte dei 33mila alberghi italiani sono stagionali, e il personale di questi alberghi vive all’interno, fornendo un servizio 24 ore al giorno. Bisognerebbe che la politica potesse fermarsi a guardare al 17% dell’occupazione e il 14% del Pil, e fornire strumenti chiari ed efficaci.

Voi siete partiti da un rifugio sull’Adamello e ora siete leader dell’ospitalità in montagna. Cosa determina o cosa è necessario per il passaggio da una attività alberghiera fatta in maniera artigianale, la pensione a conduzione familiare per intenderci, a quella fatta in modo più professionale e strutturato? Cosa deve cambiare nella mentalità di chi porta avanti una struttura?

Coglie un punto strategico che riguarda tutti, grandi e piccoli. Andiamo con ordine. Il tema del personale. Con il Covid si è verificato un fenomeno opposto a quello messo in atto dai clienti: mentre le persone corrono verso il prodotto turistico, il personale è diventato incerto, insicuro, in crisi. Perché è un lavoro che comporta un sacrificio: le serate, le feste.... si intraprende questo percorso professionale con la consapevolezza di sentire penalizzati aspetti della vita come stare in famiglia o fare le proprie vacanze nei periodi tradizionali. Il Covid ha moltiplicato per mille questa difficoltà ma ha messo in risalto che questo settore è stato troppo dato per scontato.

Si può spiegare meglio?

Sì, c’è stato troppo un turismo da auto-didatta in Italia: serve consolidare esperienze e conoscenze che permettano al settore di avere tutti i requisiti di successo.

Soluzioni?

Insieme a Cassa Depositi e Prestiti e all’Università Ca’ Foscari di Venezia il primo corso triennale in lingua inglese paragonabile alle scuole di che ci sono in Svizzera, penso a Losanna [in tutta la Svizzera le scuole di alta formazione di questo tipo sono ben 11 con rette anche da 60mila euro l’anno – ndr] e la battaglia da fare è il salto nella formazione e nella professionalità, dal lavapiatti al direttore. Pensiamo alla figura del cameriere, in un bar, un ristorante, un albergo: è un pilastro del turismo in Italia! E’ il punto primo e ultimo di approccio con il cliente nel servire. L’idea del Servire è una cosa grande! Questa figura non può più essere parcheggiata in mezzo ai tavoli da noi imprenditori, deve essere valorizzata: dobbiamo insegnare a servire,a conquistare il cliente, a incontrarlo, scambiarci due battute, e così via.

E sul digitale?

In tantissimi alberghi dal punto di vista delle applicazioni siamo veramente alle prime armi in Italia purtroppo. Parlo ad esempio del Crm, per fidelizzare la clientela, di Rms (revenue management system) che è un processo attraverso cui si arriva a coordinare il prezzo,che dipende da molte variabili, tra cui la location, la qualità dell’offerta, l’accoglienza del mercato. Molto utile è anche il Channel Manager, software per espandere la propria visibilità online, e il Pms (property management system) che coordina prenotazioni,disponibilità e pagamenti. Al Revenue Manager è richiesta una forte competenza perché deve essere in grado di elaborare i dati storici. C’è una grande necessità di rivedere il Revenue management negli alberghi [il compito di massimizzare entrate e profitti dell’hotel, attraverso lo sviluppo e l’implementazione di strategie di prezzo, inventario e di distribuzione – ndr] perché non siamo più nell’epoca in cui il cliente passa davanti all’hotel e suona il campanello. La scelta del prodotto avviene con processi completamente diversi che richiedono professionalità e strumenti digitali adeguati. Su questo è tutto ancora da costruire.

Come giudica il boom dell’ospitalità extra-alberghiera? Perché il turista secondo lei ha ritenuto che il farsi ospitare e coccolare in un hotel non fosse più l’ideale per una vacanza? E poi, il turismo organizzato ha da temere dalla disintermediazione con il cliente dei portali web?

Cosa cerca una persona quando viene in un albergo? Non solo il mare, se andiamo al mare, ma anche di poter fare un’esperienza di un certo tipo, di gusto, di incontro, durante il suo soggiorno. Dal rapporto con l’intrattenimento, allo sport al cibo vuole fare una esperienza. “Esperienza” vuol dire non semplicemente erogare dei servizi, buttati lì da un albergatore, ma costruire questa esperienza durante il soggiorno in albergo. Se a un certo punto questo livello di experience si è ridotto al minimo allora il cliente ha guardato solo il prezzo e sui portali della locazione turistica si trovano appartamenti a prezzi concorrenziali anche più bassi. Ma senza incontrare nessuno, al massimo si vede una volta la persona che dà la chiave. Quindi,è dove l’esperienza del turismo si è troppo impoverita che il portale dell’extra-alberghiero diventa un concorrente. Ma dove nell’esperienza del turismo si conservano le caratteristiche di un vero servizio, di una vera ospitalità, di una experience, da come si versa il vino a come si pulisce la camera…. allora è un’altra musica ed è un altro criterio di scelta.

Come vede il turismo oggi? Dopo la pandemia c’è una guerra poi il caro bollette. Cosa chiede al Governo?

Il successo del turismo in questo momento in tutti i suoi comparti, quindi viaggi, anche internazionali, alberghi ecc è evidente ma l’aumento dei costi dell’energia e delle materie prime è una cosa di non poco conto: passato il Covid questa è la nuova spada di Damocle che pesa sul risultato finale della stagione. È sicuramente positivo che sia stato confermato il Ministero del Turismo. Vorrei però evidenziare che negli ultimi mesi i fattori trainanti della ripresa dell’economia sono stati proprio quelli del turismo, tanto è vero che il mondo finanziario internazionale ha una attenzione verso il settore che non aveva prima del Covid. Molti Fondi stanno guardando all’Italia come un Paese su cui investire nel turismo:non era così prima del Covid.

In questo contesto quali sono le strategie del suo gruppo?

La nostra strategia è molto semplice: vogliamo restare leader nella montagna e stiamo continuando a seminare e vorremmo crescere sia in Italia che all’estero. Per due ragioni: noi nasciamo nella montagna, che è un luogo di grande spessore umano e formazione, e quindi c’è tutta una storia che ci portiamo dietro. Inoltre la montagna ha due stagioni e permette anche una integrazione col mare che può dare più stabilità anche ai lavoratori. E più stabilità ai nostri lavoratori è il nostro progetto.

La montagna oggi ha di nuovo una attrattiva grandissima: siamo in un pianeta tendente al surriscaldamento e alla confusione, la montagna è un posto fresco e di pace. Quindi sta crescendo enormemente la domanda, in controtendenza rispetto al pre-Covid, in tutte le classi sociali e tipologie di clienti, e noi quindi puntiamo su questo perché è la nostra storia e permette di stabilizzare i costi di lavoro, che è vitale. Lo stagionale che d’inverno lavora da noi in montagna, d’estate può lavorare nelle nostre strutture al mare e questo arriva molto vicino al tempo pieno. Abbiamo le strutture in montagna aperte in estate ma l’estate in montagna è un prodotto diverso rispetto a quello invernale e la tipologia di clientela e di servizio richiesta è diversa.

Al turismo di massa spesso si contrappone concettualmente il turismo “di qualità”, come antidoto per un turismo sano. A mio modo di vedere con questo turismo “di qualità” in realtà molti intendono quello fatto dal movimento di persone economicamente facoltose, si usa “di qualità” come sinonimo di “ricco”. Pur riconoscendo il valore di turisti big spender, che hanno una ricaduta su tutta la filiera dei servizi legati al turismo, non trova fuorviante la ricerca di questa “qualità” così intesa?

Cosa bisogna fare per avere quella certa “qualità” nel turismo? Perché io mi guardo attorno e vedo strutture ricettive e professionalità espresse di estremo valore… il Turismo di qualità non può coincidere con il turismo dei ricchi. Si può avere una barca di 70 metri ma fare un’esperienza triste. Tra 32 mila alberghi italiani, ne abbiamo 28mila sotto le 30 camere e dobbiamo quindi immaginare che tantissimi siano gestiti da famiglie. Ci sono tante famiglie che lo fanno, io lo vedo in Trentino, in un modo straordinario e ti fanno vivere una grande esperienza, perché c’è una valorizzazione del concetto di ospitalità e un’attenzione ai dettagli: hanno una o 2 stelle ma ti danno un “prodotto” da 12 stelle! Quindi la qualità, il riscontro positivo non dipende dalla ricchezza, dalla capacità di spesa o dalla quantità di servizi erogabili. Dipende dalle persone. La nostra catena è prevalentemente costituita da hotel a 4 stelle, cerchiamo ogni anno di far crescere sempre di più la reputation attribuitaci nostri clienti, e questo dipende da come il personale è educato, da come si è attenti ai dettagli e da come si accolgono gli ospiti, da come si superano i problemi (che sono inevitabili in ogni settore)... e non dobbiamo dimenticare che questi lavoratori, questi dipendenti, dormono nella ’fabbrica’ in cui producono accoglienza. Pensare quanto questo aspetto possa incidere è esistenziale. È un mestiere che è aperto 24 ore al giorno, di notte perlopiù si dorme, ma se qualcuno ha una esigenza bisogna saper rispondere prontamente. Questa è qualità. La qualità è legata allo spessore umano di chi accoglie.

Cosa avremmo dovuto imparare come sistema paese – mondo del turismo e politica - in questi due anni per fare turismo che prima non c’era il tempo di fare? Come avremmo potuto sfruttare questi due anni? Penso alla questione dell’over tourism che si è ripresentato negli stessi termini dopo due anni.

Ma perché non guardiamo ai nostri vicini come la Francia? Non hanno questo problema. Lo hanno risolto allargando. Noi abbiamo delle situazioni in cui tutti vogliono andare... anche Venezia: che si allarghi il bacino dell’offerta! L’Italia è così ricca che può distribuire meglio la sua domanda di turismo. Basti pensare ai borghi: abbiamo tantissimi luoghi da visitare. La Francia è riuscita a costruire un tessuto di riferimenti artistici, storici e ambientali impressionante. Mentre noi tendiamo ad avere delle mode. Dobbiamo allargare, e c’è spazio per tutti.


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