TikTok per i musei, istruzioni per l'uso. Parla l'esperta Emma June Huebner


In che modo i musei possono usare TikTok per coinvolgere il loro pubblico? Quali le pratiche migliori? Quali gli esempi da seguire? Ne parliamo con l'esperta canadese Emma June Huebner.

TikTok e i musei: un tema molto sentito. Come si stanno comportando i musei sul social popolare tra i più giovani? Quali le migliori pratiche? In che modo dovranno orientarsi i musei per utilizzare TikTok a loro vantaggio? Di questo e altro abbiamo parlato con Emma June Huebner, artista e insegnante di tecnologie multimediali alla scuola Ville Sainte-Marcelline di Westmount (Quebec, Canada), e assistente di ricerca alla Concordia University di Montréal, specializzata nel campo delle pratiche educative museali. Huebner terrà un intervento dal titolo TikTok and Museum Education: A visual content analysis nell’ambito del convegno MUŻE.X - S - Shaping Museum futures, di cui Finestre sull’Arte è partner. L’intervista è di Ilaria Baratta.

Emma June Huebner. Foto di Olivya Leblanc
Emma June Huebner. Foto di Olivya Leblanc

IB. I musei si sono sempre più aperti ai social network. TikTok è l’ultimo della serie: quanto diventerà diffuso l’uso di Tik Tok nei musei?

EJH. Sebbene TikTok sia stato scaricato 2,6 miliardi di volte ed è ampiamente utilizzato in tutto il mondo, le organizzazioni culturali hanno tardato a seguire la tendenza. Al momento, TikTok è utilizzato principalmente dai musei europei. La maggior parte dei musei canadesi al contrario non ha un account. Tuttavia, con il panorama dei social media in rapida evoluzione, è difficile sapere esattamente l’impatto che l’app avrà sul settore museale.

E i musei che lo usano, in che modo lo stanno adoperando? Quali contenuti pubblicano in generale? In media, quante volte in una settimana i musei pubblicano su Tik Tok?

I musei utilizzano principalmente quelli che nella mia ricerca ho chiamato, da una parte, “performative trends”, e dall’altra “expert voice” (“voce esperta”), ovvero pratiche museali tradizionali adattate a TikTok. I video basati sulle tendenze, i video basati sull’editing e i video basati sulla danza sono tre tipi di post TikTok associati al tema dei performative trends. I video basati sulle tendenze e sull’editing seguono prevalentemente le pratiche di TikTok piuttosto che le pratiche di educazione museale, mentre i video basati sulla danza adottano un approccio più ibrido che incorpora sia le pratiche di TikTok che le pratiche di educazione museale. In genere, questi video includono post che utilizzano i trend di TikTok, per esempio le sfide basate sulla danza o i brani musicali popolari sulla app. Tutto questo ha portato a musei che integrano contenuti generati dagli utenti nel processo di creazione dei loro video: si tratta cioè di contenuti che sono già presenti nella app, e che il museo può riutilizzare nella creazione dei propri video. In questo modo, video del genere si presentano secondo gli schemi e le convenzioni del social, ed entrano a far parte di reti consolidate. Dall’altro lato (“expert voice”), i video TikTok che includono presentazioni di un curatore della durata di 60 secondi oppure descrizioni dettagliate di opere, sono tipi di video che posiziono come presentazioni informative di esperti su opere della collezione. Oltre a seguire il formato di 60 secondi di TikTok, questi video non utilizzano alcuna pratica TikTok e seguono principalmente le pratiche museali tradizionali. Questi video utilizzano un approccio espositivo e didattico nel quale l’“insegnante” non deve essere un umano in tempo reale (Hein 1998). I video di TikTok e altre forme più recenti di materiali didattici che coinvolgono i social media e la tecnologia digitale potrebbero essere aggiunti a questo elenco. Ad esempio, il Rijksmuseum ha creato una serie di video TikTok chiamata “un’opera d’arte in 60 secondi”. Questo genere di video vede sullo schermo un curatore davanti a un’opera d’arte mentre la descrive in modo formale. Lo spettatore può vedere una sovrapposizione di un orologio nell’angolo in alto a sinistra, contando i secondi del video. Il nome del curatore e la sua area di specializzazione compaiono in sovraimpressione all’inizio del video. Allo stesso modo, un’altra pratica ricorrente nei video TikTok con la “voce esperta” sono le semplici descrizioni di quadri. Questi video non contengono persone e tendono a ingrandire i dettagli del dipinto. Le descrizioni, raccontate secondo un tono narrativo, forniscono informazioni sui dettagli dell’opera.

Possiamo dunque considerare Tik Tok una nuova pratica artistica partecipativa per i musei?

Se TikTok viene utilizzato in collaborazione con i visitatori, vedo sicuramente la app come una pratica artistica partecipativa. Per il momento, la maggior parte dei musei crea contenuti e li distribuisce ai visitatori. Questo approccio non riconosce un elemento importante, ovvero che uno dei motivi principali per cui le piattaforme di social media sono popolari è che incoraggiano i contenuti generati dagli utenti, e cioè i contenuti creati da persone e non da istituzioni o marchi. Sulla base dello studio che ho condotto, i video che si distinguono tra il genere dei “performative trends” sono quelli basati sulla danza. Ciò che è degno di nota rispetto agli altri video performativi (al di là del modo in cui si pongono nei confronti dell’arte) è che sono prodotti in collaborazione con i giovani visitatori. Uno dei motivi principali per cui TikTok è popolare è perché i contenuti sono generati soprattutto dagli utenti. Condividere i contenuti prodotti dai visitatori sull’account del museo, invece di condividere i contenuti prodotti dal museo stesso, è un approccio in linea con le tendenze più generali della didattica museale che coinvolgono i visitatori che partecipano e co-creano nello spazio museale. In futuro, immagino che i visitatori potrebbero non solo ballare in risposta alle opere d’arte, ma potrebbero creare i propri dialoghi per oggetti e dipinti del museo, ricreare i paesaggi sonori delle opere d’arte, registrare e condividere la propria interpretazione di un’opera o imparare a montare video e condividere le proprie creazioni in modi efficaci. Gli educatori possono facilmente integrare tutto ciò nella loro pratica perché molti musei possiedono già iPad o altre tecnologie mobili e TikTok consente la modifica in-app, il che significa che non è necessario materiale aggiuntivo. Inoltre, i giovani avranno già familiarità con questa modalità di espressione, il che suggerisce che si sentiranno a loro agio e forse saranno motivati ??a partecipare ad attività che richiedono l’utilizzo di piattaforme di loro gradimento. I contenuti creati dai musei e dai visitatori potrebbero poi, a loro volta, essere sviluppati o ampliati da altri utenti da casa nelle proprie creazioni.

Uffizi su TikTok
Uffizi su TikTok
Rijksmuseum su TikTok
Rijksmuseum su TikTok

Tik Tok permette di pubblicare contenuti molto brevi, solo pochi secondi... Sono più seri e informativi o più divertenti e ironici?

Sulla base del mio studio, e come accennato in precedenza, i musei hanno adottato diversi stili di video. I musei creano principalmente video espositivi e didattici o video che seguono tendenze. Questi video sono quindi incorporati nelle pratiche museali tradizionali o nelle convenzioni sociali popolari. Nel contesto delle teorie dell’apprendimento nel museo, i risultati del mio studio suggeriscono che i musei dovrebbero tentare di creare una pratica ibrida per raggiungere sia gli obiettivi dei musei che gli obiettivi di TikTok.

Può fare qualche esempio di musei che utilizzano Tik Tok nel migliore dei modi?

È difficile determinare quali musei stanno facendo meglio nell’uso di TikTok, perché è tutta una questione di equilibrio.

Qui in Italia il modo in cui le Gallerie degli Uffizi utilizzano Tik Tok ha sollevato molto dibattito. Cosa ne pensa del canale Tik Tok di questo importante museo?

La mia ricerca si è concentrata principalmente sugli Uffizi e sul Rijksmuseum ed entrambi i musei hanno avuto approcci molto contrastanti all’uso dell’app. Penso che entrambi i musei stiano facendo un lavoro incredibile, innovando a modo loro e contribuendo a rendere i musei più accessibili ai giovani. Sulla base di quanto è emerso dalla ricerca, che ha preso in esame TikTok e l’educazione museale, i musei su TikTok non hanno unito senza soluzioni di continuità le pratiche educative tradizionali e le pratiche dei social media, creando una sorta di via di mezzo. Prevalentemente, hanno adottato un approccio espositivo e didattico alla loro creazione di contenuti oppure, al contrario, hanno utilizzato appieno le pratiche popolari di TikTok, mettendo da parte quasi tutte le pratiche di educazione museale. Sorgono dunque spontanee alcune domande: quali sono le implicazioni dell’uso di TikTok per gli educatori museali? In che modo gli educatori museali possono utilizzare l’app per connettere i visitatori con le collezioni e adottare le pratiche di TikTok? Poiché TikTok è un social network sui generis, i musei possono raggiungere il loro pubblico normale partecipando alle sfide del social, ma queste sfide e tendenze possono anche comunicare qualcosa sulla loro collezione oppure consentire ai visitatori di connettersi con l’opera d’arte in modo significativo? Occorrerà fare ulteriori ricerche per affrontare il tema dell’educazione museale attraverso i social media, al fine di comprendere meglio gli obiettivi degli educatori museali e per capire quale sia l’attuale risposta dei giovani ai contenuti condivisi, cosa che ho cercato di fare con la mia ricerca (i risultati saranno pubblicati il prossimo anno). Inoltre, dato lo spostamento verso pratiche partecipative nell’educazione museale, suggerisco di condurre anche uno studio di ricerca-azione partecipativa con bambini e ragazzi all’interno del museo per comprendere meglio la portata di ciò che TikTok offre agli educatori museali. Spero di condurre questo progetto come parte della mia ricerca di dottorato a partire dal prossimo autunno.


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Ilaria Baratta

L'autrice di questo articolo: Ilaria Baratta

Giornalista, sono co-fondatrice di Finestre sull'Arte con Federico Giannini. Sono nata a Carrara nel 1987 e mi sono laureata a Pisa. Sono responsabile della redazione di Finestre sull'Arte.

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