A Londra apre il V&A East Storehouse, un museo-deposito che espone oltre mezzo milione di opere


Dal 31 maggio a Londra è visitabile il nuovo deposito del Victoria and Albert Museum: 16mila metri quadrati di collezioni raramente esposte, tra cui un’opera di Picasso, architetture brutaliste e pezzi storici da tutto il mondo. Il progetto è firmato dallo studio Diller Scofidio + Renfro.

A Londra ha aperto uno spazio espositivo che sfida i modelli tradizionali di fruizione museale. Si chiama V&A East Storehouse (qui il video di presentazione) ed è, tecnicamente, un deposito anche se, l’architettura, l’allestimento e il principio che ne regola il funzionamento lo collocano a metà strada tra magazzino, museo e laboratorio. La nuova struttura, inaugurata il 31 maggio, è parte del Victoria and Albert Museum, una delle istituzioni più importanti del Regno Unito nel campo delle arti decorative e applicate. Qui vengono conservate ed esposte gratuitamente centinaia di migliaia di opere che normalmente rimarrebbero nei magazzini del museo principale di South Kensington.

L’obiettivo dichiarato è aprire al pubblico quella porzione della collezione permanente che, per ragioni logistiche o curatoriali, non trova spazio nelle sale espositive tradizionali. Secondo quanto dichiarato da Tim Reeve, vicedirettore e direttore operativo del V&A, circa il 95 per cento del patrimonio del museo non viene esposto con regolarità. Il V&A East Storehouse nasce con l’intenzione di invertire questa tendenza, offrendo a ricercatori, studenti e visitatori comuni l’opportunità di esplorare l’intero universo materiale di uno dei più grandi musei del mondo. Il deposito è ospitato all’interno di un edificio di 16mila metri quadrati, ricavato da una delle strutture costruite per i media internazionali durante i Giochi Olimpici di Londra del 2012. Si trova nella parte orientale della capitale britannica, una zona oggetto di continui interventi di rigenerazione urbana. Il progetto architettonico è stato affidato allo studio newyorchese Diller Scofidio + Renfro, già autore di interventi museali innovativi come il The Shed a New York e l’ampliamento del Museum of Modern Art.

V&A East Storehouse, Alcune delle opere conservate nel nuovo deposito (Stuart C. Wilson/Getty Images)
V&A East Storehouse, alcune delle opere conservate nel nuovo deposito (Stuart C. Wilson/Getty Images)

Lo spazio è stato concepito per essere al tempo stesso funzionale e accessibile. L’ingresso principale conduce a una grande scalinata che immette direttamente nello spazio espositivo centrale. Qui, i tre livelli del deposito sono disposti in anelli concentrici. Il più interno è completamente accessibile al pubblico, mentre quello esterno è riservato al personale. Nonostante ciò, l’intero complesso è progettato per favorire la trasparenza: al piano superiore si trovano le stanze dedicate allo studio e alla manutenzione delle opere, ma grazie a grandi vetrate è possibile osservare l’attività degli artigiani e dei restauratori in tempo reale. Le collezioni sono organizzate in modo da mantenere un certo ordine funzionale, ma l’effetto visivo richiama più quello di un magazzino industriale che di un museo canonico. Opere d’arte classiche e oggetti quotidiani sono disposti su scaffali, griglie metalliche e pallet in legno. Si possono osservare busti antichi, cartelli stradali, dipinti, chitarre elettriche e lampadari. Il visitatore si muove in un ambiente in cui il valore storico o estetico degli oggetti non è messo su un piedistallo, ma integrato in un contesto operativo. Tra le opere permanenti spiccano alcuni pezzi di particolare rilievo: un’enorme tela dipinta da Pablo Picasso per una scenografia dei Balletti russi nel 1924, che misura 10 metri per 11; due piani della facciata dei Robin Hood Gardens, un complesso residenziale brutalista costruito nel 1972 e recentemente demolito; una ricostruzione fedele dell’ufficio progettato negli anni Trenta da Frank Lloyd Wright per un imprenditore di Pittsburgh. Tra le installazioni più imponenti, anche parte di un colonnato proveniente dal nord dell’India, del peso di 18 tonnellate, e la riproduzione del soffitto di un palazzo spagnolo del Quattrocento.

Nel complesso, il deposito conserva 250mila oggetti, 350mila libri e circa un migliaio di archivi. L’accesso è gratuito e l’intenzione è quella di attrarre un pubblico più ampio, incluso quello giovanile, spesso percepito come più distante dai contesti museali. Reeve ha sottolineato come molti visitatori si sentano intimiditi da strutture museali che possono apparire fredde e inaccessibili. Per questo motivo, lo spazio è stato progettato per essere più immediato e accogliente, pensato non solo come luogo di studio ma anche di intrattenimento. Il V&A East Storehouse si inserisce in una tendenza museale che punta alla trasparenza e all’inclusività. Un esempio simile è il Depot Boijmans Van Beuningen, inaugurato a Rotterdam nel 2021. Più piccolo rispetto al nuovo deposito londinese, ospita circa 150mila opere tra cui lavori di Rembrandt, Van Gogh e Bosch. Entrambe le strutture rispondono alle crescenti critiche rivolte ai grandi musei per l’eccessiva opacità nella selezione delle opere esposte e, in alcuni casi, per la scarsa chiarezza nella provenienza delle collezioni. Il tema delle restituzioni di beni trafugati o sottratti in epoca coloniale è infatti diventato centrale nel dibattito museologico contemporaneo.

V&A East Storehouse, Una sezione dei Robin Hood Gardens ricostruita al deposito (Stuart C. Wilson/Getty Images)
V&A East Storehouse, una sezione dei Robin Hood Gardens ricostruita al deposito (Stuart C. Wilson/Getty Images)
V&A East Storehouse, Una porzione del soffitto del palazzo Torrijos, che risale al Quattrocento, mette insieme elementi di arte cristiana e araba, e si trovava a Toledo, in Spagna (Stuart C. Wilson/Getty Images)
V&A East Storehouse, una porzione del soffitto del palazzo Torrijos, che risale al Quattrocento, mette insieme elementi di arte cristiana e araba, e si trovava a Toledo, in Spagna (Stuart C. Wilson/Getty Images)
V&A East Storehouse, Due persone accanto agli scaffali in un'area dello spazio espositivo (Stuart C. Wilson/Getty Images)
V&A East Storehouse, due persone accanto agli scaffali in un’area dello spazio espositivo (Stuart C. Wilson/Getty Images)

Secondo Elizabeth Diller, cofondatrice dello studio di architettura incaricato del progetto, il V&A East Storehouse non è “né un deposito né un museo, ma piuttosto un ibrido”. Lo ha definito una sorta di “enorme camera delle meraviglie” contemporanea, in cui la stratificazione delle opere e delle epoche crea un’esperienza di visita eterogenea e non lineare.

Il deposito è il primo dei due grandi progetti previsti dal Victoria and Albert Museum nella zona orientale di Londra. Il secondo, il V&A East Museum, aprirà al pubblico nella primavera del 2026 e avrà funzioni più vicine a quelle di un museo tradizionale. Entrambi fanno parte del masterplan di espansione voluto dall’istituzione per estendere la propria influenza al di fuori dei quartieri centrali della città. Anche se il costo complessivo dell’operazione non è stato ufficialmente reso noto, Reeve ha confermato che il Dipartimento britannico per la Cultura, i Media e lo Sport ha finanziato l’intervento con 50 milioni di sterline, pari a circa 59 milioni di euro. Il V&A East Storehouse ospiterà in futuro anche una parte della collezione di David Bowie, recentemente acquisita dal museo. Una mossa che contribuirà ulteriormente ad arricchire la varietà delle opere presenti e ad attrarre nuovi segmenti di pubblico. Nel frattempo, il deposito rimane aperto come spazio di osservazione, studio e confronto, accessibile a tutti, in un momento storico in cui l’accessibilità culturale è sempre più centrale nelle politiche pubbliche e nei progetti museali.


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Noemi Capoccia

L'autrice di questo articolo: Noemi Capoccia

Originaria di Lecce, classe 1995, ha conseguito la laurea presso l'Accademia di Belle Arti di Carrara nel 2021. Le sue passioni sono l'arte antica e l'archeologia. Dal 2024 lavora in Finestre sull'Arte.




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