Torino, via al restauro della facciata di Palazzo Madama. Le quattro statue saranno musealizzate


A Torino sta per partire il restauro della facciata di Palazzo Madama. Ecco tutte le fasi dell’intervento. Le quattro grandi statue allegoriche di Giovanni Baratta saranno rimosse, musealizzate e sostituite da copie.

Un progetto di restauro e consolidamento per la facciata di Palazzo Madama a Torino: è quello che sta per partire sull’avancorpo centrale dell’edificio di Filippo Juvarra, capolavoro architettonico del Settecento europe. L’intervento, promosso dalla Fondazione Torino Musei, sarà interamente finanziato con 2,4 milioni di euro da Fondazione CRT, storico e principale sostenitore privato di Palazzo Madama (16,6 i milioni stanziati complessivamente). Il progetto di restauro e consolidamento strutturale dell’architetto Gianfranco Gritella (approvato dal MIBACT e dalla Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per la città metropolitana di Torino) è il risultato della prima indagine a 360 gradi delle problematiche della facciata, anche attraverso l’ispezione di “camere nascoste” nel cornicione.

Il progetto prende le mosse dagli esiti del cantiere studio, già finanziato da Fondazione CRT nel 2018 e realizzato dalla Fondazione Centro Conservazione e Restauro La Venaria Reale, per valutare lo stato di conservazione della facciata, progettata tra il 1718 e il 1722 dall’architetto Filippo Juvarra. Con il coinvolgimento anche del Politecnico e dell’Università degli Studi di Torino, sono state condotte indagini scientifiche sui materiali e sulle alterazioni intervenute nel tempo. Le caratteristiche costruttive di Palazzo Madama e il marmo di Foresto utilizzato (di semplice lavorazione, ma affetto da “un male antico” legato alla propria friabilità) hanno fin da subito innescato problemi di conservazione e cedimenti strutturali, tanto che i primi tentativi per risolverli risalgono già alla fine del XVIII secolo. Le quattro colonne giganti in marmo di Foresto che caratterizzano la facciata sorreggono un monumentale architrave coronato da quattro grandi statue: le singole colonne sono composte da diversi rocchi di pietra e appoggiano su basamenti laterizi rivestiti da lastroni di marmo, su cui sono scolpiti monumentali trofei d’armi antiche dello scultore carrarese Giovanni Baratta. Il cedimento del sistema portante settecentesco (nove travi orizzontali in pietra lunghe sette metri e pesanti due tonnellate ciascuna) ha messo in crisi l’intero sistema strutturale, causando numerose fessurazioni con distacchi di grossi frammenti. Al di sopra di questi architravi vi sono tre ambienti ciechi, piccole camere lunghe circa 6 metri e alte 1,20 metri coperte da grandi archi in mattoni simili a tre ponti che, poggiati sulle colonne, sostengono il peso del cornicione, della soprastante balaustra e delle quattro gigantesche statue. Attraverso l’apertura di alcune botole praticate nel cornicione, è stato possibile ispezionare per la prima volta queste “camere nascoste” e verificare l’entità delle lesioni, per progettare il recupero e il consolidamento dell’intera struttura.

Le fasi dell’intervento

L’intervento, che comincerà prima dell’estate e durerà circa un anno e mezzo per concludersi nel 2022, prevede il restauro dell’apparato architettonico e decorativo; il consolidamento strutturale dei soffitti e degli architravi lapidei dei tre intercolumni del pronao centrale; il sollevamento, il trasporto e il restauro delle quattro monumentali statue allegoriche di coronamento del pronao, che saranno musealizzate e sostituite da copie identiche sulla sommità dell’edificio; il restauro, la revisione e il consolidamento strutturale dei serramenti lignei; la revisione e l’adeguamento dei sistemi di smaltimento delle acque meteoriche della copertura e, infine, il recupero dei sotterranei circostanti il palazzo. Entro la primavera, la Fondazione Torino Musei pubblicherà il bando di gara per l’affidamento dei lavori sull’avancorpo centrale.

Il consolidamento rappresenta la fase del progetto più delicata e innovativa per le metodologie applicate, con la costruzione di tre travi reticolari in acciaio con profilo curvilineo all’interno di ogni campata o camera nascosta. Questi tralicci orizzontali dovranno sorreggere gli architravi in pietra fessurati e, soprattutto, mantenere sospesi a particolari perni verticali le centinaia di lastre di marmo dei soffitti, per impedirne il cedimento, preservare e rendere visibili i bassorilievi. L’intervento prevede, quindi, di realizzare e portare in quota grandi piastre in acciaio sagomate e tagliate secondo le forme e le decorazioni presenti sui soffitti.

La facciata presenta degrado e dissesti su tutta la superficie lapidea. Gli agenti atmosferici e l’inquinamento urbano sono la causa principale della disgregazione della pietra, ricca di piccole cavità. Si prevede, quindi, un lungo e delicato lavoro di consolidamento e stuccatura per rendere il più possibile impermeabile, uniforme e priva di microcavità la superficie delle pietre utilizzate per costruire l’edificio. Un intervento mirato con impiego di fibre di carbonio e micro barre in resina e acciaio inox consentirà di prevenire ulteriori distacchi di frammenti e rendere stabili i decori scultorei più degradati, come i grandi capitelli delle colonne principali. Recuperando tecniche artigianali antiche, si risaneranno le principali lacune mediante l’inserimento di tasselli e il rifacimento di parti in marmo identiche all’originale, utilizzando la stessa pietra di Foresto recuperata appositamente per questo specifico restauro.

Si interverrà anche sulle quattro monumentali statue allegoriche: sopra la balaustra sono poste infatti quattro sculture in marmo di tre tonnellate ciascuna alte 4 metri, rappresentanti le Allegorie delle virtù del buon governo o virtù cardinali (Giustizia, Prudenza, Temperanza e Fortezza), scolpite da Giovanni Baratta (Carrara, 1670 - 1747) nel 1726. A causa del degrado che interessa la superficie delle statue ma, soprattutto, alla luce della frammentazione in più parti dei blocchi che le compongono, il progetto prevede la rimozione delle quattro grandi statue. L’intervento comprenderà il sezionamento della superficie di appoggio del basamento di ciascuna statua sulla balaustra (attraverso una tecnica particolare che impiega un filo d’acciaio simile al sistema di estrazione dei blocchi di marmo dalle cave), l’inserimento delle statue all’interno di speciali gabbie in acciaio e il loro sollevamento e trasporto alla base dell’edificio. Qui ogni statua sarà restaurata e musealizzata. Al posto degli originali saranno inserite quattro copie identiche. Inoltre, per evitare che il cornicione e la balaustra settecenteschi, privati del peso secolare costituito dalle statue, possano subire deformazioni o innescare ulteriori problemi di staticità nell’edificio, durante i restauri ciascuna scultura sarà temporaneamente sostituita sul posto da elementi provvisori dello stesso peso.

Saranno poi recuperati e restaurati gli undici finestroni vetrati di 50 metri quadrati ciascuno, i più grandi serramenti barocchi realizzati in Piemonte: saranno realizzati direttamente in opera dei particolari telai in acciaio speciale, debitamente disegnati e sagomati, applicati a contatto con il serramento in legno e parzialmente nascosti dalle sagome che li caratterizzano. Questi telai metallici avranno lo scopo di rendere indeformabili i finestroni, garantirne la stabilità strutturale e trasferire gli sforzi causati dalla spinta del vento direttamente sulla struttura muraria, scongiurando anche pericolose infiltrazioni d’acqua sullo scalone interno.

Durante tutte le fasi del restauro, all’interno di un padiglione appositamente realizzato in prossimità di Palazzo Madama, il pubblico potrà assistere alle principali fasi di restauro delle quattro grandi statue allegoriche. Un sistema di videocamere trasmetterà su alcuni schermi a terra le principali fasi di lavorazione e gli interventi più significativi in corso sulle impalcature. Un ascensore montacarichi consentirà di condurre gruppi di visitatori in determinate aree del cantiere, sino alla quota della balaustra sommitale. Al termine dell’intervento, una mostra a Palazzo Madama illustrerà la storia millenaria dell’edificio e i restauri, e consentirà di conoscere parti del palazzo oggi sconosciute al grande pubblico.

I commenti

“Il restauro di Palazzo Madama”, dichiara il Presidente di Fondazione CRT, Giovanni Quaglia, “è il primo dono che la Fondazione CRT fa alla città e alla regione nel proprio trentennale, rafforzando la lunga tradizione di solidarietà verso il patrimonio storico-artistico, a partire dalle Residenze Sabaude. Ci prendiamo cura di un bene di rilevanza nazionale che appartiene a tutti, con l’impegno di collaborare con le istituzioni per un nuovo Rinascimento culturale, continuando a far risplendere nel tempo la ‘grande bellezza’ diffusa sul territorio che rafforza il senso di comunità”.

“Il grande cantiere di Palazzo Madama”, afferma il Segretario Generale di Fondazione CRT, Massimo Lapucci, “attiverà un doppio circolo virtuoso per la ripresa: sosterrà l’attività e l’occupazione nelle imprese del Nord Ovest coinvolte nei lavori, e consentirà a Fondazione CRT di mettere a disposizione del recupero del patrimonio artistico ulteriori risorse per 1,5 milioni di euro grazie all’Art bonus. È un investimento strategico in ottica ‘recovery plan culturale’, con l’obiettivo di tutelare e valorizzare l’arte nel presente e di trasmetterla in eredità alle prossime generazioni”.

“Non credo esista in Torino un altro monumento le cui pietre racchiudano 2000 anni di storia, al pari di Palazzo Madama”, sottolinea il Presidente della Fondazione Torino Musei, Maurizio Cibrario. “Dall’insediamento romano agli Acaia, i Duchi di Savoia, le Madame Reali, sino al Senato del Regno di Italia, una carrellata ineguagliabile di gestione del potere civico e statale. A trecento anni dalla trasformazione da fortezza a capolavoro dell’arte barocca, si rende necessario un grandioso lavoro di restauro, consentito dal senso civico e dalla sensibilità storica e artistica della Fondazione CRT, a cui va la profonda riconoscenza nostra e dell’intera Città. Si preannuncia anche un intervento del Ministero per i beni e le attività culturali che, se dovesse realizzarsi, completerebbe in modo mirabile il piano dei lavori. Anche per tale ragione la nostra gratitudine va alla Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per la Citta Metropolitana di Torino, per i consigli, la guida e il sostegno offerti in questa essenziale fase introduttiva”.

“Il progetto”, commenta la soprintendente Luisa Papotti, “è frutto di un percorso esemplare, costruito su di uno studio approfondito e maturato nella piena conoscenza e nel rispetto della eccezionalità della facciata juvarriana. In questo periodo così difficile, l’avvio di un cantiere tanto complesso dà speranza e offre una nuova conferma della capacità e attenzione che le istituzioni cittadine sanno riservare al patrimonio monumentale. Ottima custode, la Fondazione Torino Musei ha cercato e coinvolto le migliori competenze per individuare una soluzione progettuale risolutiva e armoniosa; la Fondazione CRT, la cui liberalità consente la prima e più impegnativa fase dell’intervento, si rivela ancora una volta capace non soltanto di sostenere, ma di stimolare e promuovere iniziative essenziali alla messa a valore delle residenze reali. L’auspicio è che a questa fase, anche grazie all’impegno del Ministero, ne seguano altre, fino a restituire a Palazzo Madama piena funzionalità ed un ruolo centrale all’interno del distretto dei musei torinesi”.

La storia della facciata di Palazzo Madama

La marmorea facciata di Palazzo Madama, con il grandioso scalone monumentale, è uno dei capolavori architettonici del Settecento europeo. Fu progettata da Filippo Juvarra tra il 1718 e il 1722 per volere di Maria Giovanna Battista di Savoia Nemours, che ne fece la propria residenza dopo la salita al trono del figlio Vittorio Amedeo II. Concepita secondo un classicismo di stampo romano, la facciata è la sola parte compiuta di un più grandioso progetto che prevedeva di innalzare un imponente palazzo che avrebbe dovuto circoscrivere per intero l’antico castello degli Acaja.

La facciata juvarriana è anche l’unico edificio del barocco torinese, oltre alla Cappella della Sacra Sindone, costruito pressoché interamente in pietra, rompendo con la tradizione del costruire sabaudo esclusivamente in laterizio. Il marmo impiegato è la pietra di Chianocco o Foresto, estratta fin dal Cinquecento nelle omonime località nella bassa valle di Susa. La decorazione dell’edificio fu portata a compimento dopo il 1724, e, nel corso del Settecento, si susseguirono differenti progetti di completamento firmati dai principali architetti sabaudi, tra cui Benedetto Alfieri, senza tuttavia giungere a nessuna realizzazione di fatto. Juvarra è un architetto che ci ha lasciato centinaia di disegni e schizzi autografi, ma, per uno strano caso del destino, non è giunto a noi nessun disegno e nessun documento storico riguardante questo edificio, al di là di un solo prospetto e alcune incisioni.

Palazzo Madama e la monumentale facciata con il grande scalone rischiarono di essere demoliti nel 1802, quando il governatore di Torino, generale Joubert, avrebbe voluto trasformare piazza Castello in una gigantesca piazza d’armi. Al progetto gli si oppose personalmente Napoleone Bonaparte. Il primo intervento di consolidamento strutturale documentato fu progettato dall’architetto Ernesto Melano (colui che restaurò l’Abbazia di Altacomba, sepolcreto dei Conti di Savoia) tra il 1846 e il 1848, lavori fatti in previsione dell’insediamento a Palazzo Madama del Senato Subalpino. Altri interventi di restauro sulla facciata furono attuati dall’ingegnere della Real Casa Luigi Tonta tra il 1867 e il 1868. Tra il 1901 e il 1902 fu la volta di Alfredo d’Andrade, primo Soprintendente del Piemonte; a lui si deve l’impegnativo intervento di restauro e recupero filologico di Palazzo Madama, che ha riportato alla luce le strutture nascoste del periodo romano e delle diverse età medioevali.

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