Cosa pensa il mondo dell'arte contemporanea sulla doppia nomina di Tosatti?


È un caso che non ha precedenti: l'artista Gian Maria Tosatti, è stato nominato contemporaneamente direttore artistico della Quadriennale di Roma e unico artista al Padiglione Italia della Biennale di Venezia. La doppia nomina si trascina dietro molti problemi. Ecco cosa pensa l'ambiente.

Della doppia nomina di Gian Maria Tosatti a unico artista espositore al Padiglione Italia della Biennale di Venezia (nell’aria da tempo, ma comunque una novità assoluta) e, a distanza di poche settimane, a direttore artistico della Fondazione La Quadriennale di Roma (evento quest’ultimo inatteso e spiazzante) si sta facendo un gran parlare nel settore dell’arte contemporanea, soprattutto dopo la dura petizione di AWI-Art Workers Italia che richiede di stabilire, per legge, l’incompatibilità dei due incarichi. Se ne sta parlando molto meno all’esterno, data la poca conoscenza di procedure e pratiche, nonché delle cariche che si andranno a rivestire. L’articolo che segue vuole fare il punto della situazione e della questione, andando anche ad ascoltare voci e pareri di diversi attori del settore. 

Gian Maria Tosatti, artista stimato e noto, ma non celeberrimo, è stato scelto da Eugenio Viola e dal Ministero dei Beni Culturali per essere l’unico artista ad esporre al Padiglione Italia della Biennale. L’evento è eccezionale: di norma era sempre una molteplicità di artisti a essere coinvolta nel progetto, attraverso una procedura che, però, è sempre stata fumosa e “su invito”: la Direzione Generale preposta chiedeva a curatori scelti e selezionati di presentare un progetto, e sceglieva, a gusto proprio e senza graduatorie, il migliore. Così è accaduto anche quest’anno, con la differenza che il progetto vincente include un solo artista. Il critico Renato Barilli lo ha definito “un evento unico nel suo estremismo, che potrebbe trovare giustificazione solo se si trattasse di un talento eccezionale, quasi di una bomba da far esplodere in faccia a tutti, ma non mi pare che sia proprio così”. Il budget del Padiglione Italia è di 400 mila euro. Ma le polemiche sono sorte solo in un momento successivo.

La Quadriennale di Roma il 22 settembre ha nominato lo stesso Tosatti come suo direttore artistico, per il triennio 2021-2024. Anche in questo caso un evento eccezionale, dato che mai, negli ultimi decenni, un artista era stato chiamato a dirigere l’istituzione. Umberto Croppi, presidente della Fondazione, ha dichiarato al momento della nomina che “con Gian Maria Tosatti alla Direzione artistica, la Quadriennale riuscirà a dare una scossa alla propria programmazione e a consolidare il suo ruolo di riferimento per la promozione dell’arte italiana contemporanea” e che “chiamare un artista è una sfida che trova però conferma nelle più avanzate manifestazioni internazionali e realizza l’intenzione espressa all’inizio del mio mandato, quella di riportare gli artisti al centro dell’istituzione”. Questa “sfida”, questa volontà di cambiare, non era stata però preannunciata, per un ruolo che era storicamente appannaggio di curatori e critici. Fonti interne ad AWI notano che se Quadriennale riteneva fosse il momento di avere un artista come direttore, forse avrebbe dovuto dichiararlo nel bando, che invece risultava molto più generico di quello del 2017 e, comunque, apparentemente rivolto a figure con esperienza manageriale: non è chiaro, data l’assenza di una graduatoria pubblicata, quanti artisti oltre allo stesso Tosatti fossero presenti tra i 43 candidati per il ruolo. Lo stipendio del direttore è di 60 mila euro annui, con un budget minimo di 100 mila euro per il 2021 e 200 mila per il 2022. Sono cifre e incarichi che hanno portato le attiviste e gli attivisti di AWI a parlare nella loro petizione di “un accentramento di potere, materiale e simbolico” e di “un’inaccettabile sproporzione tra le risorse pubbliche – e l’indotto che ne deriva – affidate a una singola figura e quelle destinate all’intero settore dell’arte contemporanea”.

La Quadriennale di Roma
La Quadriennale di Roma

Non sono gli unici a pensarla così, se Renato Barilli parlava già alla fine di settembre di “una scelta risicata, addirittura punitiva nei confronti della nostra arte” parlando del Padiglione Italia, per poi aggiungere “come se la gravità di questa assunzione monocorde e dal sapore masochistico non bastasse, apprendo che questo portentoso Tosatti è stato pure designato, da selezionatore unico, a curare la prossima Quadriennale, il che, se possibile, stona ancora di più”. In quasi un mese, non si è levata una sola voce a difendere la nomina e la scelta. Cercando quindi di recuperare quella “pluralità di voci e visioni che contraddistinguono l’arte contemporanea italiana” (cit. AWI) ho voluto approfondire cosa pensino e perché critichino la nomina alcuni professionisti e professioniste del settore che ancora non si erano espresse a riguardo. Dico “la” nomina, perché, è chiaro, è la nomina a direttore artistico della Quadriennale, in un momento in cui già era noto chi sarebbe stato l’artista unico a esporre a Venezia, quella che ha scatenato contestazioni. Rosanna Carrieri, storica dell’arte e attivista dell’associazione Mi Riconosci, spiega che “pur arbitraria, la nomina per il Padiglione Italia è una scelta curatoriale. L’altra invece va ad affidare allo stesso artista una carica che poteva, o meglio doveva essere coperta da altri, curatori, critici, contemporaneisti, o anche artisti”. Posizione fatta propria dal critico Christian Caliandro: “se due delle massime istituzioni pubbliche nazionali deputate all’arte contemporanea scelgono (legittimamente, per carità: ma, come sappiamo, non sempre la correttezza formale implica anche l’opportunità) il medesimo artista, chiunque esso sia, banalmente questo vuol dire privilegiare un’unica visione e interpretazione dell’arte in generale e dell’arte italiana di oggi in particolare, a scapito inevitabilmente non solo delle altre visioni ma anche e soprattutto della varietà e della ricchezza che offre il panorama artistico e creativo del nostro paese in questo momento storico”.

Questo accentramento poco comprensibile è il motivo principe dell’azione di Art Workers Italia, che per questo ha trovato largo consenso nel settore. Giulia Mengozzi, curatrice, spiega che “nell’opporsi a fenomeni come le doppie nomine, AWI si pone in continuità sia con la riflessione sugli strumenti tecnici (in questo caso la revisione del sistema dei bandi menzionata già dal nostro manifesto) sia con una vocazione eminentemente etica, che non può esimersi dal reagire ad avvenimenti che la nostra comunità di riferimento ci sembra percepire come problematici”. Rebecca Moccia, giovane artista, tra le recenti vincitrici di una borsa dell’Italian Council ministeriale, spiega di trovare la doppia nomina e le modalità in cui è avvenuta la stessa “irrispettose per il lavoro di tutti e tutte. Soprattutto in questo momento, é un messaggio avvilente per tutte gli e le art workers che, nella gravità del contesto pandemico, hanno sperato e si sono adoperati per  un possibile cambiamento del sistema all’insegna dell’inclusività, della trasparenza, dell’equità”. Pareri condivisi anche da altre artiste e socie AWI che hanno fornito la propria opinione a Finestre sull’Arte, che ritengono necessario “iniziare ad esigere modalità chiare, eque ed inclusive di lavoro, e denunciare qualora esse non vengano adeguatamente rispettate”.

Ritornano nella petizione, e nelle opinioni raccolte, le questioni legate all’inclusività e al genere. Non un vessillo ideologico, ma estremamente pratico: fa una certa impressione, infatti, notare come tutti i protagonisti di questa storia (Tosatti, Viola, Croppi, ma anche Barilli e Franceschini) siano uomini, mentre la stragrande maggioranza delle persone firmatarie della petizione siano donne, che costituiscono la parte nettamente maggioritaria dei lavoratori e lavoratrici del mondo dell’arte contemporanea. L’artista napoletana Romina de Novellis nel dare la sua opinione sul caso fa un riferimento al licenziamento di Cristiana Perrella dal Centro Pecci di Prato, notando che “nel giro di pochissimi giorni, in Italia abbiamo ricevuto notizie di licenziamenti di donne (pochissime nel nostro paese) direttrici di istituzioni, abbiamo dovuto leggere articoli che denunciano la scrittura inclusiva e attaccano frontalmente donne professioniste del settore, mentre un solo uomo rappresenta l’Italia e ne dirige le sorti a capo della Quadriennale” e sottolinea come sia “opportuno scandalizzarsi e opporsi a queste dinamiche tutte, di cui la questione della doppia nomina ne è un sintomo e un frutto al contempo”. E poi c’è un altro aspetto da considerare, gli equilibri e i danni sul medio e lungo termine per l’intero sistema. Spiega ancora Rosanna Carrieri di Mi Riconosci che essendo il sistema dell’arte contemporanea già oggi “estremamente chiuso, basato su scambi, favori, do ut des” una scelta simile “va a scardinare un già debole e poco trasparente sistema di pesi e contrappesi, andando a ricreare un sistema che torna a parlarsi dentro sé stesso. Esclude arbitariamente larga parte dell’arte e degli artisti contemporanei e ribadisce direzionalità unica di cui non sentivamo il bisogno”. Si attende la posizione del ministro Franceschini, che registra in pochi mesi la terza nomina assurta agli onori delle cronache per le critiche e le contestazioni ricevute, dopo quella di Gabriel Zuchtriegel a direttore di Pompei e di Andrea De Pasquale a direttore dell’Archivio Centrale dello Stato. Forse, una riflessione sugli accentramenti di potere in essere sarebbe salutare per il Ministero e tutti i settori che dal suo esempio e guida dipendono. 


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Leonardo Bison

L'autore di questo articolo: Leonardo Bison

Dottore di ricerca in archeologia all'Università di Bristol (Regno Unito), collabora con Il Fatto Quotidiano ed è attivista dell'associazione Mi Riconosci.



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